DI
AMBROSE EVANS-PRITCHARD
blogs.telegraph.co.uk
La produzione industriale spagnola precipita a un ritmo accelerato, com’è facilmente prevedibile quando si impongono misure fiscali draconiane su un’economia in profonda recessione, senza la compensazione di uno stimolo monetario o una svalutazione del cambio. Gli ultimi dati mostrano una caduta della produzione (a base annua) del 5,1% in febbraio, dopo il 4,3% in gennaio e il 3,5% in dicembre. I beni durevoli sono crollati del 14,8%, la sesta caduta mensile consecutiva. La produzione di beni strumentali [1] sono scesi del 10,6%, secondo Raj Badiani della società di analisi IHS Global Insight. Tutto questo è politicamente insostenibile.
La disoccupazione è già al 23,6% su parametri europei. David Owen, della Jefferies Fixed Income, si aspetta che si arrivi al 27,5% entro la fine dell’anno (che corrisponde grosso modo al 32%, utilizzando il vecchio parametro degli anni 90, basato su uno studio della Banca di Spagna).
Il professor Jesus Fernandez-Villaverde che la direttiva, imposta dalla Germania, di ridurre il deficit di bilancio dall8,5 al 3& in un biennio di recessione è una “ricetta per il disastro”. Non reggerebbe in un paese i cui due maggiori sindacati “vivono nel IXX Secolo” e in cui non c’è alcun consenso nazionale sulla natura dei problemi in corso. Il risultato sarebbe una ricolta.
E in effetti il Ministro degli Interni oggi ha varato nuove misure per prevenire piani volti all’uso delle tecniche di “guerriglia urbana” che inneschino proteste che costituirebbero una minaccia grave all’ordine pubblico. È l’inizio di uno stato di polizia [coercion]? Spero di no. La democrazia spagnola vale di più di una semplice valuta.
Il professore mi ha detto che i tedeschi erano “pazzi” a cercare di imporre un’austerity tanto controproducente. Le imposizioni dell’UE dovrebbero essere rifiutate. Il premier Mariano Rajoy dovrebbe trarre ispirazione dall’agenda di David Cameron, e rischiare il tutto per tutto, invece di cavillare su pinzillacchere e inutili battibecchi. “Cosa vuol fare l’UE? Mandarci l’esercito?”
In un editoriale un editoriale scritto con altri economisti spagnoli per El Mundo, egli afferma che gli aiuti di UE e FMI per l’Eurozona sono inutili, perché non attaccano le radici della crisi. Non recuperano la competitività persa tramite una svalutazione.
Essi affermano che la Spagna sta precipitando verso una crisi inarrestabile, con annesso salvataggio da parte dell’UE concepito cogli stessi attuali parametri. Questo si dovrebbe evitare ad ogni costo, perché i termini di questi “pacchetti” sono definiti e perseguiti dagli stati creditori dell’UE, in base ai loro interessi, e non da un qualche FMI a fare da operatore neutrale.
Avendo seguito da vicino la stampa spagnola per circa cinque anni, sono sorpreso dall’improvviso cambio di tono – come se il paese avesse sperimentato un’epifania intellettuale.
Articoli che auspicano l’uscita della Spagna dall’UEM – o almeno che esaminano l’idea – non sono più rari. Ne appaiono ogni giorno. Eccone uno di oggi di Federico Quevedo su El Confidencial : “L’unica alternativa per Rajoy: tirare la Spagna fuori dall’Euro”.
Traducendo alla buona, egli dice che “l’unica via d’uscita per Rajoy è costringere Bruxelles, e soprattutto Berlino, a far si che la BCE si agisca come dovrebbe agire – cioè come prestatore di ultima istanza per le economie in difficoltà come la nostra – minacciando di lasciare l’Euro, e anche se la minaccia divenisse realtà sarebbe di sicuro il minore dei nostri problemi, o magari esserne la soluzione”.
Quello che colpisce è il tipo di reazione che si legge nei commenti a questi articoli. Negli ultimi mesi la mia impressione è che una grossa fetta dell’opinione pubblica informata è giunta alla conclusione che l’Unione Monetaria ed Economica Europea sia disfunzionale e, per la Spagna, sempre più distruttiva. Molti commentatori sembrano estremamente beninformati, e usano termini come “trappola del debito” [2], “svalutazione interna” [3] e “costi relativi per unità di lavoro”.
Molti puntano il dito direttamente contro la Germania, affermando correttamente che Berlino sembra voler rendere permanenti le sue vantaggiose eccedenze nei confronti del Club Med [4]. Chiaramente, una situazione simile è matematicamente imprponibile all’interno di un’unione monetaria – a meno che la Germania non desideri riequilibrare l’eccedenza con sempre nuovi flussi di moneta, sia tramite trasferimento fiscale [5] o prestiti o investimenti. Ma questi flussi sono stati azzerati.
Le opinioni sono diverse, è ovvio. Il campo favorevole all’Euro è ancora maggioritario. Ma la soffocante unanimità degli anni passati è ormai un ricordo.
I lettori spagnoli hanno ormai un’idea piuttosto precisa degli aspetti fondamentali dell’UEM. Questo avrà delle conseguenze. La Spagna non è alla periferia dei Balcani, terrorizzata all’idea di finire in un esilio ottomano. Non è un piccolo paese che si possa comandare a bacchetta anno dopo anno.
Come e quando tutto questo finirà si può solo ipotizzarlo, ma da lungo tempo ho il sospetto che la Spagna sia la chiave di volta del sistema. L’atmosfera intellettuale è completamente cambiata. La politica di sicuro le andrà dietro.
Ambrose Evans-Pritchard
Fonte: http://blogs.telegraph.co.uk
Link: http://blogs.telegraph.co.uk/finance/ambroseevans-pritchard/100016130/spanish-epiphany-as-depression-deepens/
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di DOMENICO D’AMICO
Note del traduttore
[1] “I Beni Strumentali sono quei beni ad utilità continuativa, essenziali per l’esercizio dell’attività d’impresa, arte o professione. Il costo ad essi relativo viene ripartito in più esercizi secondo la logica dell’ammortamento.” [ it.mimi.hu/economia/beni_strumentali.html]
[2] Il noto, demenziale circolo vizioso imposto dal dogma neoclassico: per abbassare il rapporto debito/PIL si varano misure di austerità, queste misure deprimono i consumi, i redditi e quindi il PIL, per cui, anche diminuendo il debito il rapporto debito/PIL peggiora ancora, con conseguenti nuove manovre di austerity, nuovo calo del PIL eccetera eccetera, fino a..? [ http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-08-14/dalla-trappola-debito-quella-081200.shtml?uuid=AakfFCwD]
[3] Cioè il recupero di competitività non attraverso la svalutazione della propria valuta (che gli stati dell’Euro non hanno più), ma attraverso la riduzione di salari, pensioni e quant’altro. Demenziale. [ http://www.repubblica.it/economia/2011/12/09/news/la_trappola_europea-26324847/index.html?ref=search]
[4] Appellativo sarcastico riservato ai cosiddetti paesi PIIGS (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna), ma escludendo l’Irlanda, che secondo la vulgata neoclassica sono i paesi a rischio economico per via dell’alto deficit pubblico, la scarsa competitività, l’eccessiva e inefficiente spesa pubblica, ecc. [ http://www.lavoce.info/articoli/pagina1002795.html]
[5] “È un trasferimento fiscale concedere prestiti a Grecia, Irlanda e Portogallo a tassi molto più bassi di quelli di mercato, così come hanno natura fiscale gli interventi della Bce sui titoli del debito pubblico.” [ http://rassegna.governo.it/testo.asp?d=75387134]