DI
PIERO LA PORTA
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Qualcosa ha messo in silenzioso subbuglio la politica italiana, senza distinzioni di schieramenti, nell’ultima settimana di settembre.
La “piattaforma Rockefeller” (cerchia industriale, contrapposta a quella finanziaria di Goldman&Sachs), sosterrà alle prossime elezioni politiche italiane un candidato del tutto nuovo.
Agli investitori statunitensi sono associati i maggiori gruppi cinesi e, più defilati, tedeschi e inglesi, ben decisi a rottamare tutti, da Grillo (improvvisamente più cauto e silenzioso), ai leader del Pd e del Pdl, senza dimenticare i Gianfranco Fini e altri rimasugli, compresi quelli con velleità politiche dissimulate, come Diego Della Valle. In quanto ai Bersani, Berlusconi, Renzi, D’Alema Casini, Vendola & C. , se ne parla al trapassato remoto.
Rockfeller vuole un candidato selezionato tra oltre mille giovani imprenditori italiani, nessuno dei quali compromessi coi giochi politici correnti. Alcuni bene informati sostengono che la scelta sia già fatta ma non pubblicizzata, per logorare ulteriormente le formazioni in campo e adattare inoltre la proposta politica agli esiti delle presidenziali statunitensi.
La notizia ha tarantolato tutta la politica in predicato di rottamazione; primo fra tutti Matteo Renzi, rottamatore per definizione, eppure implorante un incontro chiarificatore con mamma Clinton, tuttavia sottrattasi, lasciando il pupo nel camper.
Nelle stesse ore, mosso dagli stessi timori, Mario Monti ha detto “bis”, consapevole che glissando ancora l’autocandidatura giungerebbe fuori tempo massimo. Il suo “bis” catalizza la riaggregazione ai soliti noti della politica. Monti-bis piace non solo a Pierferdi Casini, ma anche a Luca di Montezemolo:“Intendo impegnarmi perché questo progetto abbia successo, senza rivendicare alcun ruolo o leadership” ha detto, mettendo il movimento Italia Futura a disposizione del bis.
Massimo Dalema torna in campo non solo per punzecchiare Renzi ma anche per additare l’urgenza del taglio della spesa politica, proprio lui.
La partita, come sempre quando incombe il cambio al Quirinale, concerne più che il nuovo governo la maggioranza che determinerà il nuovo inquilino del Colle.
Romano Prodi aveva intuito qualcosa, magari aiutato da una seduta spiritica, quando a Cernobbio anticipò tutti proponendo il Monti-bis che aprirebbe al medium bolognese la via del Colle. Monti si schermì, allora. Dall’ultima settimana di settembre le cose sono cambiate.
Il superfluo Silvio Berlusconi s’è arruolato come zelante caporale nel battaglione Monti-bis, col solito Alfano in maniche di camicia a echeggiarne i motti. Il tradimento di Berlusconi ai suoi elettori è tale che, pur di assicurare il Monti-bis, ha incoraggiato la legge elettorale, proposta da Lucio Malan – berlusconiano di ferro – con la quale il premio di maggioranza del 12,5% avrebbe un senso solo se vi fossero delle coalizioni in grado di avvicinarsi al 36-38% dei voti, cosa impossibile. E’ una legge truffa, mirata all’ingovernabilità, la quale infatti sarà sancita dalle elezioni e costringerà quindi a tornare alle urne oppure… invocare il Monti-bis. “Se mi chiameranno…” Non disse così, il bis-prof, a fine settembre? Insomma dopo venti anni di Seconda Repubblica la ricetta prevede il clistere del Monti-bis per non schiodarsi dalle poltrone.
Eppure quando il candidato senza nome apparirà, rottamando tutto il vecchiume, grosse novità s’avranno anche al Quirinale, dove entreranno Prodi, Monti e Berlusconi, se invitati ai ricevimenti.
Piero Laporta
Fonte: www.pierolaporta.com
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