di
Massimo Mazzucco
La mente degli americani è nuovamente paralizzata. È bastato un botto, relativamente innocuo, per risvegliare nella popolazione quella sensazione di totale disorientamento che avevano provato dopo l’11 settembre, e che evidentemente aveva continuato a dormire nel loro subconscio per tutti questi anni.
Chi? Come? Dove? Perché?
Le domande si rincorrono da un canale televisivo all’altro, e rimbalzano fra la gente che si aggira stordita per le strade di Boston, incapace di dare una lettura razionale a quanto è successo.
Anche i giornalisti televisivi sembrano a disagio, perché non hanno nessun appiglio particolare su cui ricamare, mentre alle loro spalle ripassa all’infinito la sequenza dell’esplosione.
"Domestic, or international?" è l’unica cosa che continuano a chiedersi, guardandosi esterrefatti l’un l’altro. È roba nostra, oppure viene da fuori? Ma oltre a questo punto non riescono ad andare, perché questa volta i dati a disposizione sono davvero pochi, e per giunta confusi: da una parte hai almeno tre bombe diverse piazzate lungo il percorso, il che implica qualcosa di più del bombarolo solitario, …
… mentre dall’altra hai un ordigno di bassa qualità, chiaramente fatto in casa, che ha dato un risultato relativamente scarso: a quest’ora, con una bomba piazzata in quel luogo, i morti potevano essere 50 invece di 3.
A circa cinque ore dall’attentato lo "stallo giornalistico" è diventato tale, sui vari network, che si sono ritrovati tutti a discutere, ciascuno per conto proprio, del "vero significato del termine terrorismo".
E’ accaduto infatti che Obama, nel fare il suo annuncio dalla Casa Bianca, abbia accuratamente evitato di usare il termine "terrorismo", e questo ha immediatamente scatenato la febbre dietrologica, per cercare di interpretare questa scelta di tipo linguistico.
C’era chi, molto semplicemente, diceva che una bomba in mezzo alla gente è fatta per terrorizzare, e quindi quello è terrorismo. C’era chi la buttava sul filosofico, e tirava fuori addirittura il Webster, per cercare la definizione corretta del termine. Ma c’è stato anche chi ha suggerito che il termine terrorismo non sia stato usato dalla Casa Bianca "perché in fondo non sappiamo ancora se qualche gruppo islamico, magari legato ad Al-Quaeda, è stato coinvolto".
Questo è forse l’aspetto più significativo di tutta la vicenda, perché ha fatto emergere una realtà finora temuta, ma non ancora confermata: per molti americani il termine terrorismo si sposa ormai automaticamente con il radicalismo islamico. Se invece è stato un americano, per loro, si tratta solo di un "brutto episodio di violenza".
Nel frattempo, nessuno ha proposto la soluzione più semplice di tutte: che lo scopo del terrorismo – di questo terrorismo, senza volti e senza nomi – non sia di "terrorizzare", ma semplicemente di destabilizzare. Dopotutto, se ci sono diverse bombe piazzate lungo il percorso, significa che c’è stata una organizzazione alle spalle, ma se i morti e feriti sono in numero estremamente ridotto, significa anche che si voleva spaventare più che fare una vera strage.
Quindi, si vuole spaventare, ma non traumatizzare. Si vuole tenere la gente sulla corda, senza fargli perdere la testa. In altre parole, si vuole creare l’ennesimo "dramma" nel quale tutta la nazione si stringe attorno ai parenti delle vittime, e naturalmente anche al governo in carica, che in questo momento ha qualche dozzina di gatte da pelare.
Se la vicenda procederà come da copione, nelle prossime ore cominceranno ad arrivare notizie "non confermate" di un "personaggio sospetto" fermato dall’FBI, possibilmente "collegato ad Al-Quaeda", oppure "collegato ai gruppi eversivi di estrema destra", non fa nessuna differenza.
Da qui in poi la storia non ci interessa più, perché a quel punto saranno già subentrati gli spin doctors che lavorano per indirizzare la pubblica opinione in una direzione piuttosto che nell’altra, allontanandola in ogni caso dalla verità.
A quel punto, infatti, lo scopo principale sarà già stato raggiunto.