di
Piero Cammerinesi
corrispondente USA per altrainformazione.it
Girando per la rete e per i social network capita sempre più spesso di imbattersi in visioni radicalmente opposte nei confronti della diffusione di contenuti spirituali.
E fin qui nulla di strano, la molteplicità di punti di vista è in generale sintomo di libero pensiero; il problema è che purtroppo sovente i sostenitori di queste opposte interpretazioni, invece di dialogare, si barricano dietro posizioni intransigenti – quando non integraliste – che in primo luogo fanno torto esattamente a quanto essi pretendono di difendere: lo Spirito.
Già, perché ciascuno reclama di essere nel giusto e considera l’altro un avversario, un traditore, un mistificatore.
Un po’ come la Chiesa che, bruciando eretici o organizzando crociate e pogrom pretendeva di realizzare sulla terra la parola di un Dio d’amore.
Così – a voler sintetizzare – ci troviamo stretti tra due visioni contrapposte; quella che chiameremo dei ‘custodi’ e quella dei ‘divulgatori’ di contenuti spirituali.
I primi impegnati nella difesa a spada tratta del fortino della conoscenza spirituale destinata a pochi e scelti fruitori, i secondi dediti alla diffusione – a volte compulsiva – di contenuti di ogni genere.
Cosa c’è di buono in queste due posizioni, ma soprattutto, è possibile trovare un modo di farle convivere?
Prima di tutto bisogna fare un po’ di chiarezza sul concetto stesso di contenuto spirituale e di diffusione del medesimo.
LA COMUNICAZIONE DI CONTENUTI SPIRITUALI
Vediamo come si è evoluta nel tempo la comunicazione di contenuti spirituali, tanto per capire meglio come siamo arrivati dove ci troviamo oggi.
Nel mondo antico la diffusione delle tradizioni intellettuali e spirituali era esclusivamente orale; avveniva rigorosamente tra Maestro e discepolo e solo quando quest’ultimo si era dimostrato capace di accoglierne – e sopportarne – il significato.
Nella Grecia antica, ad esempio, era piuttosto comune sapere a memoria tutta l’Iliade omerica. La memoria veniva dunque sviluppata sino a livelli oggi del tutto inimmaginabili.
Le autentiche tradizioni spirituali venivano coltivate e serbate presso le sedi dei Misteri. Misteri orfici, eleusini, dionisiaci, di Samotracia, etc.
Nelle scuole dei Misteri era fatto divieto assoluto di diffondere le verità che si venivano a conoscere nel discepolato occulto.
Di questa tendenza rimangono ancora oggi tracce ad esempio nelle fratellanze massoniche, con la differenza sostanziale che determinate conoscenze – che un tempo dovevano trasformarsi in evoluzione morale – oggi vengono messe al servizio del tornaconto del singolo e della confraternita.
Nelle età successive s’iniziò a scrivere dei testi, che però erano in qualche modo ‘criptati’, in modo da alludere a certe verità solo allegoricamente, verità che potevano pertanto venir realmente comprese solo da chi conosceva le esperienze spirituali cui tali fatti o Entità facevano riferimento.
Nessuna verità inoltre poteva venir trasmessa al discepolo se questo non possedeva un livello morale tale da poter accogliere e utilizzare in modo adeguato tale verità.
Questo era l’elemento caratterizzante del rapporto tra verità e sua comunicazione.
Con il fiorire della filosofia in Grecia gli echi di quanto si svolgeva nei Misteri cominciarono a venir fissati nella parola scritta. Iniziavano a sorgere descrizioni scritte delle esperienze del dopo-morte o dei segreti di come gli Esseri spirituali tessevano e guidavano la dimensione fisica.
I greci indicarono nel secondo Dionysos – nato dal cuore del primo Dionysos fatto a pezzi dai Titani – l’iniziatore di una più ampia diffusione di certe conoscenze; Dionysos che dalla Grecia viaggia in Arabia, in Egitto, fino in India, portando i segreti delle scienze, dell’agricoltura, della cultura.
Più tardi Platone incarnò l’esperienza dionisiaca in un tempo in cui i Misteri iniziavano a non essere più disponibili per l’umanità, trasformando in pensieri – poi trascritti – quelle esperienze spirituali dirette che non potevano più essere vissute nel mondo antico.
Ma la prima vera sistematizzazione delle comunicazioni spirituali venne realizzata da un discepolo dell’apostolo Paolo, Dionigi l’Areopagita; essa, tuttavia, fu messa per iscritto solo nel sesto secolo dopo Cristo. Dionigi originariamente era vissuto ad Atene ed era stato iniziato da Paolo, dal quale aveva ricevuto l’incarico di descrivere le Gerarchie spirituali e di comunicare queste conoscenze a un certo numero di Iniziati.
Com’è cambiato da allora il rapporto con la conoscenza spirituale?
Prima con gli amanuensi che copiavano a mano i testi sacri o sapienziali e, più recentemente, con l’introduzione della stampa, un numero sempre maggiore di persone ha avuto accesso a certi contenuti, che hanno iniziato a perdere sempre di più quella sorta di ‘crittografia’ che ne proteggeva il significato più profondo.
Gradualmente, nel corso dei secoli, non è stato più il livello morale della persona che riceve determinate comunicazioni a fare la differenza. Erano le comunicazioni stesse a dover possedere in sé la forza di far emergere l’elemento morale dalla loro verità.
A differenza della scienza della materia, per la quale è del tutto indifferente la dicotomia buono/cattivo, la conoscenza spirituale ha come obiettivo quello di far emergere l’elemento morale in chi la riceve.
Con la Teosofia e soprattutto con l’Antroposofia di Rudolf Steiner la conoscenza spirituale più esoterica ha iniziato a diffondersi liberamente nel mondo occidentale, apportando progressivamente delle sottili trasformazioni nel modo di pensare di schiere sempre più larghe di persone.
Rudolf Steiner rappresenta un punto di svolta radicale in questa trasformazione: non solo la qualità delle comunicazioni diviene estremamente esoterica, ma la diffusione quantitativa diventa un elemento determinante.
I NUOVI MISTERI
È, infatti, proprio Rudolf Steiner, nel secolo scorso, a indicare apertamente questo radicale cambio di programma: non più celata nelle Scuole dei Misteri, la conoscenza spirituale deve circolare liberamente.
Rispetto all’evoluzione dell’umanità moderna le conoscenze spirituali non devono più rimanere segrete perché, in tal caso, diversamente dal passato, diverrebbero un ostacolo allo sviluppo dell’umanità.
“Diffondere la scienza spirituale – scriveRudolf Steiner sulla rivista Luzifer-Gnosis – è un’esigenza. La diffusione dell’insegnamento occulto scientifico-spirituale è oggi necessaria per promuovere il progresso dell’umanità. E quelle persone che lo comprendono e ne sono capaci devono contribuire a tale diffusione con il loro apporto. Essi devono vedere questo come un compito imposto dalle caratteristiche di questo tempo. Se all’interno di una comunità scientifico-spirituale la maggioranza dei membri fosse contraria a provvedere conoscenze scientifico-spirituali occulte, si renderebbe necessario cercare altri mezzi per renderle accessibili ai contemporanei”. (Rudolf Steiner, Luzifer-Gnosis, 1906/1907, Nr. 32-34)
Dunque sembra che la cosa sia chiarissima: cadute le proibizioni e i divieti delle Scuole esoteriche antiche, tutto dev’essere a disposizione di chi cerca un Sentiero di conoscenza.
D’accordo per libri e articoli, ma conferenze e comunicazioni più riservate?
Anche quelle.
Era il 1923 e Steiner disse: "Questi cicli [di conferenze] sono dapprima apparsi quando si credeva di poterli conservare in una certa cerchia di persone: essi sono stati pubblicati per gli appartenenti alla Società Antroposofica. (…) sorse per me già da anni, vorrei dire, la domanda: che cosa si deve veramente fare con i cicli? E oggi non c’è nessun’altra possibilità che quella di elevare quel muro di confine, che finora si voleva elevare fisicamente, e che dappertutto è stato sfondato, di elevarlo moralmente. […] I cicli devono quindi nel futuro essere venduti al pubblico, tutti, senza eccezioni, proprio come altri libri." (Rudolf Steiner, Il Convegno di Natale, Dornach 1924)
Ma, si potrebbe obiettare, ci sono comunque vincoli legali relativi a diritti di proprietà quando certe opere siano già state pubblicate.
È ancora Steiner a venirci in aiuto con alcune parole pronunciate a Stoccarda nel 1919:
"Riguardo alla proprietà intellettuale, vedete, la gente la pensa ancora un po’ in maniera sana. […] Perché uno amministra la sua cosiddetta proprietà intellettuale? Per il semplice fatto che è lui a crearla. Il fatto di crearla dimostra che dispone in quel campo di talenti migliori degli altri. Fino a quando disporrà di questi talenti migliori, sarà in grado di amministrare per il bene di tutti il suo patrimonio spirituale. Ora gli uomini hanno finalmente capito che questa proprietà intellettuale non è ereditabile all’infinito; trent’anni dopo la morte dell’individuo il suo patrimonio spirituale appartiene all’umanità intera. Una volta trascorsi trent’anni dalla mia morte chiunque potrà stampare tutto ciò che io ho prodotto, lo si potrà utilizzare come si vuole, ed è giusto così…
…L’unica cosa che giustifica l’amministrazione di un certo patrimonio spirituale è che, essendo in grado di produrlo, si è anche dotati di talenti migliori". (Rudolf Steiner, Il coraggio della libertà nella vita sociale – Stoccarda 25 aprile 1919)
Neppure i diritti d’autore sembrano dunque costituire un argine alla diffusione di contenuti esoterici.
Tuttavia, come si diceva all’inizio di queste considerazioni, ci avvediamo che i ‘custodi’ si oppongono strenuamente a tali evidenti indicazioni. E con le motivazioni più varie, che vanno dalla difesa dei contenuti stessi alla difesa delle persone che vi accederebbero impreparate.
Un’opposizione comunque – nella maggior parte dei casi – in piena buona fede.
TESEO E IL LABIRINTO
Di fronte alle comunicazioni spirituali – sembrerebbero ammonirci i ‘custodi’ – siamo come Teseo di fronte al Labirinto. L’unica speranza di salvarci dal Minotauro della ‘conoscenza annientatrice’ è di possedere un filo di Arianna in grado di non farci fulminare dalle esperienze spirituali, consentendoci al tempo stesso di ritornare alla nostra esistenza terrestre senza danni.
E quale può essere il filo di Arianna in grado di proteggerci e di non farci perdere il contatto con la Terra?
Nella nostra epoca – ci dice Steiner – il filo di Arianna sono proprio quei concetti che noi ci facciamo sul Mondo spirituale nel nostro animo. Sono le conoscenze spirituali che ci vengono offerte dalla Scienza dello Spirito affinché noi possiamo penetrare con sicurezza nei Mondi spirituali.
Le conoscenze spirituali sono dunque ciò che può difenderci da ogni confusione o smarrimento che ci può afferrare entrando impreparati nel Mondo spirituale.
E allora? Se è proprio la conoscenza spirituale diffusa da iniziati come Rudolf Steiner o come Massimo Scaligero a salvarci, a cosa si oppongono i ‘custodi’?
Se sono le nostre letture, le nostre raffigurazioni del Mondo spirituale durante la vita, che ci permettono di raccapezzarci nel corso delle nostre esperienze spirituali senza smarrire la strada della ragione e della coscienza?
Eppure c’è qualcosa di vero anche nei caveat dei ‘custodi’.
Forse non tanto sul trasmettere le comunicazioni ma sul come trasmetterle.
BULIMIA SPIRITUALE
Mi spiego.
La diffusione del web e il facile accesso a una molteplicità sempre più imponente di fonti ha sovente come effetto una vera e propria ricerca compulsiva da parte di tutti coloro che – insoddisfatti o sfiduciati dal modo esteriore o materialista o semplicemente da come i media interpretano il mondo – ripongono nel web le proprie speranze di crescita interiore.
Il problema non è questa ingenuità – che il proseguimento del sentiero può certamente correggere – ma il modo con cui molti si ‘gettano’ nella rete.
Seguono tutto di tutto, dallo Yoga allo Zen, dal Sufismo all’Antroposofia, troppo di tutto. Dal momento in cui scoprono che esiste qualcosa oltre il consueto orizzonte, con l’entusiasmo dei neofiti iniziano a caricare e scaricare di tutto: messaggi, fotografie, libri, testi, canti, citazioni, prendendo parte a discussioni su blog e forum, corsi iniziatici, chattando all’infinito.
Siamo di fronte ad una nuova patologia: la bulimia spirituale.
La cosa è particolarmente evidente nei social network che, per loro stessa struttura, sono superficiali, aforismatici, continuamente mutevoli.
Dal digiuno – o anoressia – spirituale si passa, senza soluzione di continuità, alla bulimia. E come accade nella bulimia fisica, anche per quella spirituale, quando la si contrae ci si ingozza di tutto, senza distinguere tra cibo sano e junk food.
E, come nella bulimia fisica non assimiliamo quanto ingurgitiamo, ma lo espelliamo, così quanto leggiamo avidamente esce altrettanto rapidamente di come entra. Leggiamo decine di libri, migliaia di conferenze, assistiamo a infiniti dibattiti ma con un’ansia compulsiva, di accumulare sempre più conoscenze, sempre più nozioni.
Rigorosamente di seconda o terza mano.
Tutto questo raramente ci stimola a chiudere il libro o la conferenza di turno per approfondire i contenuti facendoli diventare un’esperienza e non una nozione ma c’è di peggio.
Come ci ammonisce Steiner: Se [le cose] vengono descritte solo teoreticamente, allora questo è del tutto insensato, perché porta a nient’altro se non ad appropriarsi dei contenuti spirituali come fossero ricette di un libro di cucina. La differenza tra i testi di Scienza dello Spirito e gli altri libri non consiste nel fatto che essa tratta di cose diverse, ma soprattutto nel come esse vengono portate alle persone. Da questo potrete comprendere che alla base delle opere scientifico-spirituali deve esserci il fatto che in esse le cose vengano tratte da determinate profondità, e che, come è compito del nostro tempo, i processi di pensiero da esse stimolati a loro volta possano infiammare i sentimenti. (Rudolf Steiner, Vienna 23 Marzo 1910)
Intendo dire che la bulimia spirituale – vera e propria patologia compulsiva – in molti casi fornisce a chi ne è affetto un alibi per sentirsi ‘spiritualmente a posto’, anzi a scambiare l’attività divulgativa e partecipativa per attività spirituale.
L’autoreferenzialità di tale attività diviene a sua volta un doppio mostruoso dell’Io, in cui vediamo in realtà lo specchio deformato di come il nostro ego viene percepito dagli altri.
Cerchiamo conferme esteriori invece di trovarle interiormente, ci nutriamo di plausi esteriori per mettere a tacere il rombo della nostra anima che ci inciterebbe a leggere magari una frase per farla diventare ‘carne e sangue’ invece che mille libri senza fermarci a viverne il significato, non in assoluto, ma per noi.
LA VITA REALE
Allo stesso modo tutto diviene frenetico anche nella vita reale, che sempre più tende ad assomigliare – e non viceversa come dovrebbe essere – a quella virtuale.
Una recente ricerca realizzata da CiscoSystems, rivela come “una giornata online duri 36 ore”. Vale a dire che “calcolando le operazioni compiute simultaneamente, il tempo della Rete risulta sensibilmente più lungo di quello reale”. E se in termini di tempo la nostra giornata viene moltiplicata per due o per tre, a livello di notizie e di conoscenze cui attingere, il moltiplicatore diventa esponenziale.
Ma se per poter portare a termine il lavoro – ammesso di avercelo il lavoro – ci volevano otto ore ed ora grazie alla tecnologia ce ne mettiamo solo sei, il punto è: come utilizziamo queste due ore che abbiamo risparmiato?
Se le usiamo per migliorare la qualità della nostra vita, alimentando tutto ciò che non sviluppiamo tramite la realtà virtuale, vale a dire i rapporti umani, gli affetti, l’attenzione per Madre Terra, la meditazione e l’impegno verso una reale crescita interiore, beh, allora abbiamo meritato quel risparmio di tempo.
Se, invece, crediamo che la ipercineticità sia movimento lineare – mentre troppo spesso è solo circolare – e ritorniamo sempre allo stesso punto senza prenderne coscienza, assordandoci con le nostre attività pseudo-spirituali, allora la nostra bulimia spirituale diviene un serio impedimento al nostro cammino.
Sia che leggiamo senza sosta o che diffondiamo contenuti a raffica, ecco che la nostra bulimia cinetica ingoia tutto, è attivismo più che attività, lettura compulsiva più che comprensione, ricerca di visibilità più che partecipazione, alimentando una condizione di malessere che prima o poi non può che presentarci il conto, in termini fisici o psichici.
Sappiamo bene, infatti, che nessuna ‘ricetta’ esteriore preconfezionata può risolvere realmente la nostra condizione di malessere.
Non sperimentiamo la verità leggendola in un libro, così come non proviamo la felicità se ce la descrive un saggio.
Quello che conta è l’esperienza personale, l’incessante e impervio sentiero verso la trasformazione di se stessi; Sentiero, percorso, Guru, Via, sono mere parole se non costituiscono lo stimolo, la scintilla per l’azione interiore effettiva.
“Scienza dello spirito non vuol dire mera acquisizione di conoscenze, scienza spirituale implica un’educazione al più alto grado, un’auto-educazione della nostra anima”. (Rudolf Steiner, Helsingfors, 3 Aprile 1912)
Potrebbe bastare un solo libro, un solo pensiero per risvegliare in noi l’azione magica che ci consente di lacerare il velo di Maya che ci occulta la vera realtà.
Invece la bulimia spirituale al massimo contagia solo la parte emozionale-animica, trasformandosi in un’ingordigia di emozioni.
Questo produce un ulteriore danno; il fraintendimento tra il ‘sentire’ animico e lo sperimentare interiore che, per definizione, non può che essere esperienza voluta coscientemente.
A questo punto se, come abbiamo visto, sia ‘custodi’ che ‘divulgatori’ hanno la propria parte di verità, ora sta a noi trovare la nostra.