DI

RICHARD HEINBERG
resilience.org

 

 

 

 

 

 

 

 

Non sostengo che accadrà il peggio. Ma se dovesse accadere, la situazione diverrebbe estremamente seria, in brevissimo tempo. Quanto seria? Basti pensare alla stima del possibile danno di un mancato accordo sull’innalzamento del debito pubblico, da parte del Congresso, espressa dal ministro delle finanze Jack Lew. In alcuni talk shows della domenica mattina, egli ha sottolineato che i mercati dei prestiti si bloccherebbero, il valore del dollaro crollerebbe e gli interessi sui titoli di stato americani aumenterebbero vertiginosamente. Ricordiamoci sempre quello che accadde nel 2008.(1)
Oggi la situazione è molto più critica di allora. Quasi nessuno fra i commentatori ha ricordato che l’economia americana è al momento alimentata dalla spesa pubblica, a scapito dell’aumento del deficit pubblico, e dalla politica monetaria espansiva. La robusta crescita economica vissuta nella metà del secolo scorso non è oggi più replicabile (2).
Il nostro problema è che il sistema finanziario richiede, per sua natura, una continua crescita. La questione è terribilmente seria, l’unica soluzione approntata è stata quella del governo federale e della banca centrale di guadagnare qualche anno attraverso una politica monetaria accomodante. I mercati finanziari crollerebbero senza una continua iniezione di liquidità e l’economia reale, alla stessa maniera, senza i periodici investimenti pubblici compiuti in deficit di bilancio. Il venir meno dell’attuale stimolo monetario, (che occorre ammettere non possa essere una soluzione definitiva) ci rigetterebbe nel difficile lustro, appena trascorso, di deflazione. Questo sarebbe quasi certamente l’esito se il governo americano dovesse dichiarare default.
Ciò di cui abbiamo appena parlato è solamente il risvolto economico del default. Le possibile conseguenze politiche sono quasi parimenti incalcolabili, imprevedibili. Secondo Jonathan Chait, del New York Magazine, l’attuale stallo fra repubblicani e democratici è una degenerazione prevedibile, se non addirittura inevitabile, del sistema politico americano che permette l’elezione del presidente in elezioni distinte da quelle del Congresso [con relativa coesistenza di un presidente che non abbia una sua maggioranza alla Camera o al Senato, Ndt] (3). Chait cita l’opinione del defunto politologo Juan Linz secondo il quale “ogni sistema basato su una legittimazione duale non ha un principio che stabilisca quale, fra il potere esecutivo e quello legislativo, sia legittimato a rappresentare veramente la volontà dei cittadini”. L’attuale stasi, nella quale ciascuna delle parti ritiene di avere solo da perdere da un compromesso, potrebbe -lo ribadisco, nella peggiore delle ipotesi- rivelarsi la più seria crisi costituzionale dai tempi della Guerra Civile. Possiamo prevedere anche delle conseguenze geopolitiche. Se gli Stati Uniti dichiarano default, gli altri Paesi potrebbero abbandonare il dollaro come valuta di riserva. Ciò non avrebbe solamente serie conseguenze sull’economia americana ma ridurrebbe anche il peso politico internazionale del Paese. La scorsa settimana, il presidente Obama è stato costretto a disdire un viaggio diplomatico di estrema importanza in Asia dovendo gestire la crisi interna in corso. Il leader cinese Xi Jinping era pronto ad accoglierlo come stabilito, nel pieno delle sue funzioni. Se è vero che l’impero americano è in declino da diversi anni, tuttavia il default potrebbe accelerare questo processo.
Nel peggiore degli scenari gli Stati Uniti supererebbero l’attuale crisi politica in un modo tale che, nel volgere di pochi mesi, muterebbero radicalmente gli assetti economici e politici. Giova ricordare, ancora una volta, che nulla di tutto ciò è inevitabile. Potrebbe prevalere la ragione ed il buon senso. Riflettiamo sulle motivazioni che potrebbero farci precipitare nel peggiore fra gli esiti possibili.
I rappresentati repubblicani al Congresso si sono infilati in un angolo. Tenendo in ostaggio il governo e l’economia americana, facendo richieste eccessive, rischiano di pagare un alto prezzo politico. Hanno la necessità di dover presentare ai propri elettori un qualche trofeo. (il repubblicano Marlin Stutzman: ”Dobbiamo ottenere qualcosa. Il problema è che non ho idea di cosa”) (4). Più alto è il prezzo che il Paese sta pagando per lo stallo, maggiore è la necessità dei repubblicani di giustificare i buoni motivi di questo atteggiamento.
Sul versante opposto Obama ritiene che se cedesse al Congresso si creerebbe un precedente. Ogni qualvolta occorresse innalzare la soglia del debito, quest’ultimo avrebbe la possibilità di alzare la posta. Le elezioni cesserebbero di avere un senso. Obama probabilmente rimpiange di aver già negoziato al Congresso durante un analogo stallo nel 2011, cui seguì il Sequester [piano di tagli automatici della spesa pubblica causato dal mancato accordo sull’innalzamento del debito, Ndt]. In gioco non vi è solamente l’Obamacare [riforma del sistema sanitario promossa da Obama e avversata dai repubblicani, Ndt]. In gioco è il mantenimento delle prerogative presidenziali di fronte al tentativo da parte del Congresso di ridurne la portata. È in ballo l’eredità storica di Obama.
In un più roseo, e molto più probabile, scenario lo stallo si risolverà prima di giungere al default. I grandi interessi economici che sostengono il Tea Party hanno già manifestato la loro contrarietà all’intransigenza repubblicana [Il Tea Party è un movimento politico americano la cui cifra è la riduzione delle tasse attraverso una significativa riduzione della spesa pubblica. È quindi generalmente in sintonia con il partito repubblicano, Ndt] (5).
Il presidente Obama ha proposto ai rappresentanti repubblicani alla Camera [Obama gode di una maggioranza democratica solamente al Senato, Ndt] un innalzamento a breve termine del debito così da poter continuare a trattare per un accordo; sebbene il presidente della Camera Boehner [repubblicano, Ndt] abbia inizialmente declinato, questa soluzione probabilmente sarebbe la migliore per salvare la faccia. Comunque, se entrambe le parti non recidessero dalle proprie posizioni e il Paese dichiarasse default, si aprirebbe uno scenario dall’esito ignoto. Solamente la comprensione dell’ecologia, così come della politica e dell’economia, permette di intuire i veri pericoli all’orizzonte. Una simulazione al computer, risalente ai primi anni ’70, dell’ambiente fisico dal quale traiamo risorse necessarie alla crescita economica (i terreni agricoli, le risorse naturali e la capacità della natura di assorbire l’inquinamento) concluse che avremmo raggiunto il picco, e successivo declino, della produzione industriale mondiale nei primi anni del ventunesimo secolo (6). Lo studio, validato da recenti ricerche (7), non considerava i ruoli giocati dai sistemi finanziario e politico.
In un primo momento gli economisti accolsero con derisione l’idea dell’impossibilità di una continua crescita economica. Ma oggi un numero sempre crescente fra essi comincia a riconoscere che, come affermato dal capo economista della banca HSBC, Stephen B. King, in un recente editoriale sul New York Times, “Il periodo di benessere, conosciuto del mondo occidentale, è sul punto di terminare” (8).
Nel 2008 divenne palese che, una volta riconosciuti i limiti alla crescita, l’intrinseca instabilità del sistema finanziario poteva precipitare ad una velocità ben maggiore. Divenne altrettanto chiaro che i governi e le autorità monetarie avrebbero messo in campo misure straordinarie per evitare un tracollo così repentino. L’arrivo della grande recessione [quella del 2008, Ndt] fece cessare la rapida crescita del valore dei mutui immobiliari, che aveva mantenuto alta l’inflazione a partire dal 1980. La banca centrale americana attuò stimoli monetari di amplissima portata ed il debito federale crebbe moltissimo nel tentativo delle autorità politiche di evitare l’implosione dell’economia.
Tuttavia il debito pubblico divenne presto un tema politico estremamente controverso e questo contribuì a condurci all’attuale impasse. Nel 2013 ci stiamo rendendo conto che l’assetto del sistema politico americano è tale che misure per evitare il tracollo finanziario potrebbero fallire.
Alcuni problemi del nuovo secolo sono inevitabili: non si può pretendere di conciliare una continua crescita economica basata su risorse non rinnovabili senza incorrere nel deperimento e nell’esaurimento delle medesime ( si pensi agli alti costi del petrolio). Alcuni aspetti hanno una evoluzione cumulativa lenta, come l’insorgere dell’effetto serra nell’atmosfera terrestre e le sue conseguenze sull’ecosistema che permette la vita sul nostro Pianeta. Ma noi dobbiamo affrontare le crisi che incombono a causa del tipo di istituzioni politiche, delle personalità e delle tattiche di singoli leaders. Ci si aspetterebbe che queste ultime questioni fossero più facilmente risolvibili di quelle causate dallo sviluppo industriale.
Alcuni danni, causati dalle attività umane svolte nei decenni scorsi, sono irrimediabili: una parte del cambiamento climatico legato alle emissioni inquinanti dei combustibili fossili; l’estinzione di una grande varietà di specie dell’ecosistema naturale; l’inquinamento degli oceani. Tuttavia possiamo evitare il peggiore degli esiti. Cosa occorre? Rilasciare gli ostaggi. Votare, senza se e senza ma, un innalzamento del debito pubblico per riattivare i servizi pubblici. Poi cominciare a progettare un’economia libera dal dogma della crescita e che non sia basata sui combustibili fossili, per proteggere le persone e preservare il Pianeta. Questo è l’ordine delle priorità. Semplice. Che si realizzi. Washington, c’è qualcuno in ascolto?

Richard Heinberg
Fonte: www.resilience.org
Link: http://www.resilience.org/stories/2013-10-10/shutdown-and-default-the-worst-case-scenario
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CRISTIANO ROSA
Con il termine shutdown si intende la chiusura degli uffici pubblici e la sospensione dei pagamenti del relativo personale a causa del superamento della soglia, stabilita per legge, del debito pubblico. Se tale soglia non sarà alzata da parte del Congresso, analogo istituto bicamerale del nostro Parlamento, gli Stati Uniti dichiareranno default. (NdT)

NOTE
1) http://www.csmonitor.com/USA/DC-Decoder/2013/1006/Congress-playing-with-fire-on-debt-limit-warns-Treasury-Secretary-Jack-Lew-video
2) http:// www.ted.com/talks/robert_gordon_the_death_of_innovation_the_end_of_growth.html
3) http://nymag.com/news/politics/nationalinterest/government-shutdown-2013-10/
4) http://talkingpointsmemo.com/livewire/gop-congressman-says-he-doesn-t-know-what-republicans-want-in-shutdown-fight
5) http://maddowblog.msnbc.com/_news/2013/10/09/20886987-gop-losing-powerful-allies-in-hostage-crises?lite
6) http://en.wikipedia.org/wiki/The_Limits_to_Growth
7) http://www.csiro.au/files/files/plje.pdf
8) http:// www.nytimes.com/2013/10/07/opinion/when-wealth-disappears.html?pagewanted=1&_r=0].