DI

ANDREA UFNER

geopolitica-rivista.org

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“Nascosto nella moltitudine di valori che Cordoba rappresenta per definizione, si trova un serpente velenoso la cui testa, chiedo a Dio, mi conferisca l’onore storico di tagliare con un solo colpo.”

Con queste parole Camilo Uriburu, Governatore della provincia di Cordoba, durante la giunta militare si riferì a studenti e lavoratori cordobesi scesi in sciopero generale la mattina del 12 Marzo 1971.

I manifestanti mobilitati per l’intera città chiedevano le dimissioni dello stesso Uriburu, oltre che il ritorno della democrazia nel paese. Le parole di Uriburu senza alcun mistero tradivano una certa insofferenza verso la popolazione di Cordoba rea, già in passato, di aver con il suo attivismo sociale fomentato rivolte per tutta la nazione, come nel 1969 durante i giorni del Cordobazo. Uriburu e la giunta temevano infatti il cosiddetto “effetto Cordoba”, manifestazioni che nate nella città universitaria-industriale dell’interior argentino potessero propagarsi a tutto il resto della nazione, assumendo carattere di sollevamento popolare. Le preoccupazioni si rivelarono in quel caso legittime, dato che la storiografia ha tributato al Cordobazo primo, e al Viborazo poi, il merito di aver destato la popolazione argentina verso il sollevamento popolare contro il regime militare al potere, portando al ritorno di Peron nel 1971.

In questi giorni l’Argentina festeggia i 30 anni di ritorno alla vita democratica, i militari non detengono più il potere, i rappresentati politici sono eletti liberamente, non esiste censura preventiva, i crimini delle giunta militare vengono a tutt’oggi indagati e perseguiti; ciò nonostante nella giornata del 3 dicembre 2013 “l’effetto Cordoba” ha di nuovo infiammato il paese.

Effetto Cordoba

La mattina del 3 dicembre 2013, quasi 100 uomini appartenenti alle forza di polizia della provincia di Cordoba incrociano le braccia, iniziando uno sciopero ad oltranza al fine di ottenere un miglioramento (leggasi raddoppio) del proprio salario, ormai divenuto insufficiente a sfamare le proprie famiglie.

Con loro ci sono anche tante donne: mogli, figli, fidanzate delle forze dell’ordine; le uniche che, secondo le leggi argentine, possono avanzare proposte rivendicative, dato che la polizia, non sindacalizzata in Argentina, non potrebbe presentarsi né davanti alle telecamere, né sedersi ad un tavolo istituzionale per trattare.

Nel giro di alcune ore Barrio Cerveceros, quartiere generale delle forze di sicurezza della Provincia di Cordoba, diventa il fulcro della protesta: la quasi totalità degli effettivi di polizia incrocia le braccia, lasciando l’intera provincia (un territorio di 165.000 km2, pari a 7 volte il territorio della regione Lombardia) senza alcuna sicurezza.

Di lì, al baratro sociale, i passi sono stati scanditi alla velocità dei minuti: calata la notte, orde di criminali, molti dei quali in sella a moto di piccola cilindrata, si sono riversati nelle strade commerciali del capoluogo compiendo una serie di saccheggi che non si ricordavano dal lontano 2001.

Le prime immagini televisive in compenso hanno negato sin da subito una corrispondenza con la lontana estate che portò alla caduta del presidente De la Rua: nel 2001 le attività commerciali, pattugliate finanche dalla polizia a cavallo, venivano assaltate alla ricerca di cibo; la notte del 4 dicembre 2013 invece, con la polizia in stato di ammutinamento, i furti si sono ripetuti con sempre più insistenza nei confronti di beni di consumo come TV al plasma, vestiario, frigoriferi, motociclette.

Il sistema è sembrato, inoltre, sin da subito ben organizzato: giovani in sella a moto hanno identificato le attività da assaltare, infranto vetrine e i sistemi di sicurezza, dando l’opportunità a centinaia di disperati di prendere ciò che potevano da supermercati e negozi. Il grosso della refurtiva, la parte maggiormente redditizia è stata tuttavia caricata su alcuni furgoni parcheggiati a pochi isolati di distanza usati come raccordo logistico.
I commercianti e cittadini di Cordoba, lasciati per oltre 35 ore consecutive senza alcuna custodia, con il Governatore Provinciale in visita istituzionale a Panama, sono stati costretti quindi ad organizzarsi autonomamente in ronde. Per tutta la notte sino alla tarda mattinata seguente la comunità cittadina ha dato la caccia alle bande di criminali che imperversavano, costruendo barricate per impedire l’accesso a quest’ultimi nelle vie principali, ed in alcuni casi facendosi giustizia da soli nei confronti dei malcapitati caduti nelle loro mani.

In città il risultato dello sciopero delle forze dell’ordine è stato di un morto, alcune centinaia di feriti, migliaia di negozi devastati e l’accoglimento delle istanze salariali delle forze dell’ordine dopo oltre 12 ore di contrattazione nelle quali, come in un film d’azione americano, è potuta accadere ogni cosa immaginabile.

Il governatore De La Sota, tornando con un volo speciale da Panama, avvisava infatti il governo nazionale della situazione nella quale si trovava la città di Cordoba, chiedendo aiuti da Buenos Aires per gestire le violenze, nello specifico l’invio della Gendarmeria, forza di polizia sotto controllo presidenziale.

Secondo l’oficialismo del governo Kirchner, il governatore cordobese avrebbe in realtà scritto solo un twitter senza aver approntato le procedure necessarie in tale situazione1.

Mentre si combatteva a colpi di fucile per strade cordobesi, Jorge Capitanich, capo di gabinetto del governo centrale, si affrettava altresì a dichiarare come lo sciopero di polizia fosse riconducibile ad un tema salariale e, pertanto, di competenza provinciale, sgravando il governo nazionale da qualsiasi responsabilità, sottolineando a riprova come i saccheggi fossero isolati nella ducta.

Il capo di gabinetto non aveva però fatto i conti con “l’effetto Cordoba”, che di lì a poco sarebbe esploso per il paese sudamericano in tutto il suo fragore.

Gli eventi delle ore successive, con il dilagare degli scioperi delle forze di polizia provinciali in tutto il paese, hanno mutato rapidamente la statistiche del disastro con 11 morti in una settimana, danni economici (tra furti, vandalismo ed opportunità perdute) difficilmente calcolabili, un tessuto sociale lacerato (a Tucuman la polizia in sciopero, dopo aver tentato di attaccare i cittadini esasperati dai saccheggi, è stata successivamente caricata dalla Gendarmeria), un consenso verso il governo centrale ai minimi storici, con una riprovazione verso la gestione presidenziale al 58% 2.

Doble Pacto

La popolarità delle forze di polizia argentine, in verità, era ancor prima degli eventi sopra descritti già ridotta all’osso. Negli ultimi mesi le tre maggiori provincie del paese (Buenos Aires, Santa Fè, Cordoba) sono state scosse da indagini sul narcotraffico che hanno portato all’emersione di un complesso apparato di gestione delle attività criminali, nelle quali le polizie provinciali sono risultate gravemente coinvolte.

L’attività investigativa giudiziale non ha lasciato che emergere le conseguenze di quello che viene chiamato nel paese “il doppio patto”.

Dal 1983, data del ritorno all’assetto democratico, la politica argentina si è disinteressata di pubblica sicurezza, appaltando la materia alle polizie (una diversa per ogni regione).
Quest’ultime hanno conseguentemente avuto il compito di regolare la stessa materia direttamente con le organizzazioni criminali operanti in loco: in alcuni casi non contrastandola ed in altri collaborando illegalmente alle attività criminali.

Esemplificativo di tale collusione è il caso dell’assassinio di Candela Sol Rodriguez, una bimba di 4 anni. La polizia di Buenos Aires tentò di far passare tale omicidio come regolamento di conti tra bande di spacciatori mediante un’indagine costruita su falsi testimoni e culminata con l’invenzione di una banda criminale, rivelatasi poi inesistente. Alla base di tale azione di depistaggio si scoprì, nei mesi successivi, la necessità di coprire una vasta rete di collusione tra narcos locali e forze dell’ordine.

Molti analisti sono concordi nel ritenere che questo “patto” sembra essersi incrinato, molto probabilmente sbilanciato definitivamente a favore della criminalità organizzata 3. La galassia narcos, infatti, controlla non solo piazze delle droga e traffici internazionali di vario genere, ma ha a disposizione una quantità enorme di capitali da immettere in un mercato economico esangue come quello argentino.

Con questa disponibilità economica le varie organizzazioni locali oltre a reinvestire nelle attività produttive riescono ad inserirsi sempre più agevolmente nel tessuto sociale e politico, avvicinando politici e funzionari di polizia in base alle proprie necessità.
La popolazione argentina non riconosce più nelle forze di polizia il cardine della propria sicurezza, e quest’ultime dopo gli eventi tragici degli ultimi giorni sono nuovamente finite sotto il banco degli imputati sia politicamente che penalmente.

Le indagini sull’ultima ondata di saccheggi hanno portato, di nuovo, la magistratura inquirente ad indagare in quelle zone d’ombra dove forze dell’ordine e criminalità organizzata hanno mano libera (solo a Tucuman, durante i saccheggi, sono stati arrestati e accusati di sedizione 9 poliziotti, che avrebbero istigato la folla ad azioni sovversive e criminali).

Ovunque infatti le azioni di saccheggio sono apparse sin da subito ben strutturate ed organizzate, dirette verso obiettivi specifici e sotto il disegno di una regia unitaria: secondo gli inquirenti potrebbe essersi congiunta di nuovo l’azione dei criminali organizzati e di soggetti interni all’apparato di polizia.

A ragione di ciò, il capo di gabinetto Jorge Capitanich, dopo una prima interpretazione localistica delle proteste, si è successivamente scagliato con veemenza contro le polizie provinciali, ree di aver messo in ginocchio l’intero paese e “di aver attentato alla legittima difesa degli interessi del popolo”, e le cui manifestazioni salariali si ritiene abbiano assunto “un carattere estorsivo, tipico della ricomparsa di pratiche tese alla destabilizzazione della nazione argentina” 4.

La questione della riorganizzazione della polizia argentina appare, quindi, di primaria rilevanza e cruciale per poter riassorbire il malcontento che continua a montare e a dirigersi con maggiore asprezza verso il governo centrale.

Negare l’innegabile

A seguito delle concessioni salariali offerte alle forze di sicurezza, l’intero settore pubblico argentino ha iniziato a mobilitarsi dando il via ad una serie di scioperi che hanno rallentato, se non interrotto, la normale attività amministrativa.

A Cordoba, di nuovo, sotto la minaccia di uno sciopero del comparto scolastico, il governo locale ha ordinato con una settimana di anticipo, rispetto alle vacanze di Natale, il termine dell’attività istituzionale.

Le rivendicazioni sono per qualsiasi sigla sindacale e per tutti i comparti le medesime: un aumento salariale che possa coprire i costi di un’inflazione che da stime non ufficiali risulta aver toccato il 27% su base annua.

L’INDEC (equivalente ISTAT argentino) a Novembre 2013, ha dichiarato al contempo che il tasso mensile di crescita complessiva dei prezzi si attesta allo 0,9%. Questo dato ufficiale contrasta agli occhi di qualsiasi operatore economico argentino, con buona pace degli osservatori tanto interni quanto esterni che sono concordi ad avvicinare il tasso inflattivo a cifre vicine al 30% annuale.

Sulla metodologia dell’INDEC molto si è scritto e discusso ma nessuno, se non il governo nelle sue comunicazioni ufficiali, può fare affidamento su esso. Lo stesso istituto nazionale statistico è stato, infatti, messo sul banco degli imputati da parte del FMI e Banca Mondiale, i quali già nei mesi scorsi ha invitato caldamente la presidenza nazionale a modificare il paniere di calcolo, innanzi a possibili espulsioni dai consessi internazionali.
Il costo sociale di una tale crescita generalizzata dei prezzi è sotto gli occhi di tutti i cittadini: l’inflazione vanifica di anno in anno le conquiste materiali e sociali della classe media argentina, ovvero quella parte produttiva dello Stato che non usufruendo dei sussidi statali per l’integrazione, crea ricchezza e porta sulle spalle il benessere dell’intera popolazione.

La popolazione argentina rischia quindi di trovarsi nuovamente disarticolata e inerme davanti l’incalzante aumento dei prezzi: molti settori duramente colpiti vedono le proprie disponibilità svanire, il risparmio familiare è ad appannaggio di segmenti minimi di popolazione, e senza riposizionamenti salariali di una certa consistenza non è improbabile trovarsi, dopo un anno, seduti ad una tavola con un terzo di cibo in meno servito.
Sulla questione il Frente Para la Victoria, la coalizione governativa guidata prima da Nestor e poi da Cristina Kirchner, si gioca molte se non tutte le chance riguardo le prossime presidenziali del 2015.

Cosciente della posta in gioco la presidente Kirchner, dopo il rimpasto di governo del Novembre 2013, ha inserito nella compagine dell’esecutivo rispettivamente alla direzione del Gabinetto e al Ministero dell’Economia due nuove personalità, Jorge Capitanich e Axel Kiciloff.

Intorno a questo nuovo tandem sono riposte le speranze di riconquistare la popolarità smarrita nel corso degli ultimi mesi, fondamentale per giungere con un candidato alle presidenziali. In verità ad oggi, ad oltre un mese dall’inaugurazione della nuova linea economica, oltre ad una costante mini svalutazione giornaliera del Peso nei confronti del Dollaro e la conferma di un cesto natalizio a prezzi calmierati, poco altro è stato fatto.

Inflazione & fuga dei capitali, instabilità sociale & narcotraffico, sono quindi il mostro bifronte che il Peronismo argentino si trova ancora una volta a combattere, cercando di recuperare la strada persa in quest’ultimi anni.

La lotta alla criminalità organizzata non può attendere, la ricostruzione del tessuto sociale nemmeno, inflazione e fuga di capitali sono tendenze di immediata sopravvivenza.

Il tempo potrà darci conforto sulle attese che si riversano nella Casa rosada, ma certamente la stessa non potrà tentare d’ingannarlo o mascherarlo attraverso dati statistici emessi da istituti compiacenti.

La popolazione argentina ha mostrato di essere abbastanza matura per comprendere che non basta poter negare l’esistenza di un problema, per potersi presentare davanti la comunità elettorale e dire di averlo risolto. Già in passato le sollevazioni popolari hanno mietuto vittime eccellenti, e l’effetto Cordoba ha dimostrato di essere più che mai vivo e latente.

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NOTE::

1) De la Sota a Berni y a Cristina: Los gendarmes debieron haber venido anoche, La Voz Del Interior, 4 dicembre 2013.

2) Saqueos: hubo un muerto más en Tucumán y suman 14 en todo el país, Clarin, 18 dicembre 2013.

3) Marcelo Fabian Sain, “Las grietas del doble pacto“, in Le Monde Diplomatique, pag. 4, dicembre 2013.

4) Capitanich pidió “control popular” para las fuerzas de seguridad, Clarin.com, 14 dicembre 2013.

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Andrea Ufner

Fonte: www.geopolitica-rivista.org

Link: http://www.geopolitica-rivista.org/24886/argentina-cronaca-di-una-imprevedibile-sollevazione/