di
Loretta Napoleoni
Nel 2014 diventerà operativo il fiscal compact, per chi voglia rinfrescarsi la memoria ecco la definizione che riporta Wikipedia:
“Il Patto di bilancio europeo o Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell’unione economica e monetaria, conosciuto anche con l’anglicismo Fiscal compact(letteralmente riduzione fiscale), è un accordo approvato con un trattato internazionale il 2 marzo 2012 da 25 dei 27 stati membri dell’Unione europea, entrato in vigore il 1º gennaio 2013.”
L’accordo contiene le regole d’oro della gestione fiscale degli stati membri, tra queste c’è l’impegno del nostro paese a ridurre il rapporto tra debito pubblico e Pil al 60 per cento attraverso una maxi manovra finanziaria all’anno per i prossimi 20 anni, la prima avverrà quest’anno. Dato che al momento questo rapporto supera il 132 per cento (equivalente a 2080 miliardi di euro circa) bisogna ridurlo di almeno 900 miliardi di euro, il che equivale a circa 45 miliardi l’anno per due decadi. Per chi voglia cifre aggiornate al nano secondo sul debito pubblico qui trovate dove il conteggio avviene in tempo reale.
Naturalmente nel dibattito italiano non si parla del fiscal compact, ma di questo non dobbiamo sorprenderci, se ne parlerà a josa quando bisognerà tirar fuori i soldi per rispettarlo, tra qualche mese. In pratica il pagamento dei 45 miliardi avverrà o attraverso l’aumento delle tasse o attraverso la contrazione della spesa pubblica, che può comprende sia la riduzione dell’occupazione che dei salari pubblici, o in tutti e due i modi. Morale: saremo più poveri perché dobbiamo tirare la cinghia ulteriormente per ridurre il volume totale dei nostri debiti.
La prima domanda da porre ai lettori di questo giornale ed a tutti coloro che commentano quasi religiosamente i suoi articoli è la seguente: a chi dobbiamo restituire questi soldi? La risposta più semplice è la seguente: alla banche straniere che ce li hanno prestati. Ma dal 2011 in poi la percentuale delle banche straniere nostre creditrici è scesa ed oggi è inferiore al 40 per cento. Chi ha in portafoglio gran parte del nostro debito pubblico sono le banche italiane, tra le quale c’è anche il Monte dei Paschi, che deve allo Stato, e cioè a noi poveri debitori, 4 miliardi di euro.
Creditori e debitori sono le stesse persone, direte voi, perché fanno tutti parte dello Stato, della collettività. Ma questa spiegazione non è del tutto corretta perché né lo Stato dei contribuenti né le banche nazionali controllano la massa monetaria, detto in parole povere, non stampano moneta. Entrambi la ricevono dalla banca centrale attraverso il debito. Assurdo? Succede in quasi tutto il mondo a pare qualche eccezione, come la Svezia e la Cina dove la banca centrale è di proprietà dello Stato, quindi si potrebbe dire che la collettività si indebita con se stessa.
La Banca Centrale Europea è l’unico organismo che ha il diritto di stampare moneta, lo dovrebbe fare secondo parametri fissi ma data la crisi Draghi è riuscito ad aggirarli ed è lui alla fine che stabilisce quanta moneta cartacea si stampa. Da notare che nessuno di noi europei lo ha eletto. La Bce è una banca privata, di proprietà degli azionisti delle banche centrali dell’Eu, tutti enti ed organismi non statali, tra costoro ci sono anche alcune delle nostre banche.
Come funziona il meccanismo? La Bce crea dal nulla euro, nel gergo comune trasforma carta straccia in banconote, questi soldi vengono dati in prestito, oggi a tassi vicini allo zero, alle banche di Eurolandia. Con questi soldi le banche acquistano i buoni del Tesoro dello Stato con i quali i governi nostrani ripagano ogni anno solo gli interessi sul debito pubblico, di più infatti non si riesce a fare. Idealmente questi soldi dovrebbero alimentare l’economia e farla crescere: prestiti all’industria, per l’innovazione o per le opere pubbliche ecc. La crescita economica dovrebbe far aumentare il gettito fiscale con il quale ripagare il prestito. Ma non è così nel nostro caso, e questo lo sanno tutti ormai, l’austerità taglia le gambe alla crescita quindi il circolo virtuale appena descritto diventa un circolo vizioso di impoverimento.
Il punto cruciale su cui i lettori di questo giornale dovrebbero riflette è il seguente: perché la Bce e non lo Stato o l’Ue ha il diritto di produrre dal nulla il bene denaro? E perché i contribuenti in crisi di Eurolandia devono ripagare questo bene creato dal nulla, in un momento in cui per farlo si rischia di finire nella depressione economica, alla Bce – tutti i soldi alla fine lì infatti finiscono dato che la banca centrale, ed i sui azionisti privati, sono il solo creditore dell’intero sistema? Dato che dietro gli euro, come dietro qualsiasi moneta cartacea non c’è nulla, ma solo la fiducia di chi queste banconote le continua ad usare indebitandosi, cioè noi, e dato che il diritto a stampare moneta dal nulla alla Bce glielo abbiamo dato noi, cittadini di sistemi democratici, attraverso la delega ai nostri governanti, perché non azzerare questo debito e ripartire da zero? In passato ciò è avvenuto con le guerre, oggi si potrebbe farlo per evitarle.