DI
TONY NEWMYER
I produttori di armamenti e di aerei senza pilota sono in testa all’elenco dei beneficiari del settore privato.
E’ decisamente troppo presto per dire quale esito avrà l’escalation americana nell’enorme e complesso caos che si sta estendendo in Iraq e Siria. Ma una cosa è chiara: quando la nostra macchina militare ingranerà la marcia superiore, ci saranno dei vincitori nell’industria della difesa.
Più combattimenti significa più affari, in fin dei conti. E dopo il ritiro degli Stati Uniti dall’Iraq e dall’Afghanistan – e i pesanti tagli di budget che hanno costretto il Pentagono a tirare la cinghia – i fornitori militari si stanno adoperando per trovare nuove richieste per le loro merci.
Il Presidente Obama, illustrando la sua strategia di espansione del conflitto contro il gruppo terroristico ISIS in un discorso alla nazione mercoledì notte, ha posto l’accento su un programma di attacchi aerei intensivi tesi ad evitare alle truppe americane i rischi dell’intervento sul terreno. Quindi gli analisti della difesa puntano su un paio di scommesse vincenti derivanti dalla nuova campagna: per chi si occupa della produzione e manutenzione degli aerei, con o senza pilota, che sorvoleranno a stormi i cieli della regione, e per chi produce i missili e le munizioni per quegli aerei.
“I costruttori di droni avranno un bel daffare”, ha detto Dov Zakheim, che era Controllore del Pentagono sotto l’amministrazione George W. Bush. Che potrebbe significare che vi saranno enormi profitti per la compagnia privata General Atomics, costruttrice del drone Predator, il capostipite della categoria, ancora ampiamente in uso, come anche del Reaper di seconda generazione, progettato per portare bombe del valore di 3000 sterline.
Inoltre, per agevolare il monitoraggio di vaste aree desertiche, l’esercito potrà contare sul Global Hawk, prodotto dalla Northrop Grumman (NOC, le cui quotazioni in borsa salgono) , in grado di volare ad altitudini di 50.000 piedi per quattro giorni di seguito. Questi velivoli possono anche avere in uso il Gorgon Stare, un sensore sviluppato dall’azienda privata Sierra Nevada, capace di tenere sotto controllo un diametro di 4 chilometri attraverso nove telecamere.
L’estendersi del conflitto potrebbe anche invertire la tendenza alla riduzione di investimenti in tecnologia, come sostiene Mark Gunzinger, colonnello in pensione della Air Force ed ex vice sottosegretario della difesa, ora in forza al Centro per le Valutazioni Strategiche e di Bilancio. “Una delle cose che potrebbe facilitare una nuova capacità di sfondamento è un’intensificazione delle operazioni, come una più massiccia campagna aerea”, ha detto.
Entreranno in azione anche soggetti minori che operano nel settore aereo: Zakheim ha citato la Aero Vironment (AVAV 1,60%), che produce velivoli telecomandati abbastanza piccoli da essere lanciati a mano – compreso il Nano Hummingbird, che sembra proprio quel che dice il nome, e altrettanto minuscolo, e pesa meno di due pile AA. E Jason Gursky, analista che si occupa di industria per Citigroup, ha identificato Digital Globe (DGI 1,25%), azienda di satelliti il cui principale business consiste nel vendere alle agenzie federali immagini digitali non-classificate. L’esercito utilizzerà questa gamma di capacità di osservazione per localizzare gli obiettivi, man mano che estenderà il suo intervento.
Saranno comunque i produttori di armi ad ottenere i maggiori benefici, soprattutto a breve termine. In cima alla classifica troviamo la Lockheed Martin (LMT 0,67%), produttrice del missile Hellfire, arma di precisione che può essere lanciata da diverse piattaforme, inclusi i droni Predator. Secondo il citato analista, si trovano in buona posizione anche Raytheon (RTN 0,73), che produce i Tomahawk, missili a lunga gittata lanciati dal mare, e General Dynamics (GD 0,36%), anch’essa operante nel settore degli armamenti.
“I casi più ovvi sono ciò che io chiamo il commercio di stivali, fagioli, proiettili”, dice Ronald Epstein, analista della Bank of America, indicando “i ragazzi più svegli”. In altri termini, i costruttori navali non possono aspettarsi molto lavoro da questo conflitto, ma coloro che riforniscono le forze americane sono già elettrizzati dalla prospettiva di nuove ordinazioni.
Gunzinger sottolinea che “le bombe di piccolo diametro possono essere un grande affare, perché un aereo può portarne parecchie in una sola uscita – e hanno anche dei puntatori molto precisi, per cui possono colpire gli obiettivi riducendo le possibilità di danni collaterali.” Un ulteriore vantaggio, tra gli altri, per la linea di produzione della Raytheon.
Le operazioni militari americane contro l’ISIS sono costate circa 600 milioni di dollari da metà giugno, e gli USA adesso stanno spendendo oltre 7.5 milioni di dollari al giorno in questo conflitto, secondo i calcoli del Pentagono. Zakheim stima che questa cifra potrebbe raddoppiare se le operazioni si intensificheranno ed il teatro di guerra si allargherà alla Siria, con una significativa componente di spesa per le munizioni.
Il costo totale di questa guerra senza fine, che probabilmente va misurata in anni piuttosto che in mesi, nessuno lo può ipotizzare. Tuttavia nell’immediato la Casa Bianca sta facendo pressione sul Congresso perché approvi un finanziamento di 500 milioni di dollari per addestrare ed equipaggiare i gruppi ribelli pro-occidentali in Siria. Soltanto questo potrebbe significare un supplemento di lavoro per una vasta platea di fornitori per la prima difesa, secondo l’opinione di Gursky. Sul lungo termine, prevede un lobbista nell’ambito degli stanziamenti per la difesa, con una nota di speranza nella voce: “dovremo sforare i limiti di budget” imposti all’esercito dai tagli previsti. “Non possiamo combattere questa guerra facendo economia”, dice.
Questo potrebbe significare vantaggi ampi ed estesi per un’industria che opera su un modello di “co-produzione” in cui la maggior parte dei grandi sistemi include componenti di diversi produttori – a fronte di una domanda creata da un incremento di conflitti in tutto il mondo.
Dice Epstein: “Facciamo un quadro di come è il mondo in questo momento. Abbiamo gli europei preoccupati di quel che fa la Russia nel suo “cortile di casa”; abbiamo le mani in pasta in Iraq; abbiamo gli israeliani con le mani sulla loro regione; e poi ci sono i cinesi e i giapponesi nel mare del sud della Cina. Per chi investe, il panorama di questi conflitti regionali nel mondo, almeno da un punto di vista emotivo, non può essere male.”
Tory Newmyer
Fonte: http://fortune.com
Link: http://fortune.com/2014/09/13/defense-industry-winner-against-isis/
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CRISTIANA CAVAGNA