di

Valerio Lo Monaco

Madrid gli aveva negato la ufficialità, ma la Catalogna è andata avanti per conto suo. Per fare una conta interna, e per mandare un messaggio al governo centrale. E il messaggio è stato chiaro: indipendenza.

La storia relativa alla volontà secessionista catalana va avanti ormai da anni. E si è inasprita ulteriormente in seguito alle recenti vicende relative al governo spagnolo prono di fronte alla tecnocrazia europea e alle misure di austerità imposte alla popolazione.

Il referendum sull’indipendenza era stato di fatto bloccato dopo il no del Tribunale Costituzionale, ma i catalani hanno voluto in ogni caso andare avanti ed effettuare l’operazione. Per Madrid, dunque, non c’è stato altro modo di digerire la cosa se non quello di considerare il tutto come un atto simbolico. Ammesso che così sia, e che si debba solo interpretare il “simbolo” che dalla consultazione è scaturito, ebbene il significato è chiaro: la Catalogna non vuole saperne più nulla della Spagna, del suo governo centrale e dei diktat della troika.

Certo, è evidente che, una volta archiviata la consultazione simbolica, adesso per dare un seguito alla cosa si debba andare a lavorare molto più sul concreto. Ed è altrettanto evidente che, nel caso più emblematico e più recente in tema di indipendenza, ovvero quello della Scozia, quando si è andati a votare sul serio su una possibile indipendenza le cose siano andate diversamente da quanto auspicato da chi aveva indetto il referendum. Eppure volontà di questo tipo sono in aumento in tutta Europa. E il “rischio” che qualcuna di queste vada realmente a segno è grande, tanto che, nell’unico caso in cui ciò sarebbe potuto sul serio accadere, come abbiamo visto per la Scozia, sono state messe in campo, come controffensiva, tutte le “armi” di persuasione di cui lo status quo dispone per disinnescare le probabilità di un precedente tanto importante.

Per convincere gli scozzesi a non votare per l’indipendenza, oltre a Cameron, all’epoca si espressero anche i politici degli altri Paesi, e addirittura Obama mandò un messaggio chiaro al popolo scozzese. Come se fosse lecito, come se fosse possibile che in una situazione inversa, un capo di Stato di un Paese europeo potesse mandare un messaggio ai cittadini statunitensi. Come se fosse possibile anche solo immaginare, in tal caso, un Obama accettare una cosa simile.

In Scozia sappiamo come è andata a finire, con una sconfitta sul filo di lana per gli indipendentisti i quali, senza l’artiglieria diplomatica e mediatica contro, senza tutte le ingerenze straniere non richieste, avrebbero di certo avuto ragione della propria volontà.

Il caso odierno, con oltre l’80% dei votanti a favore dell’indipendenza della Catalogna, apre un nuovo fronte. Sul quale Madrid non potrà fare finta di nulla. E neanche il resto d’Europa.

L’indipendenza – in senso lato – è oggi vista con orrore da parte del nostro modello di società, che vuole invece nella dipendenza assoluta di ogni persona, di ogni popolo, il mezzo attraverso il quale controllarlo. Attraverso il quale imporgli i desiderata provenienti da altrove, dalle stanze dei bottoni, per intenderci. Perché un soggetto (una persona, un popolo) che per vivere dipende da qualcosa, è giocoforza un soggetto debole, sotto scacco perenne, senza alcuna possibilità (teorica) di svincolarsi.

Chi dipende dagli altri non è libero, molto semplicemente. E deve subire senza possibilità di sfuggire qualunque decisione presa dal soggetto (o dai soggetti) da cui dipende. 

Chi viceversa nutre spirito indipendente, e lotta per tornare libero, è visto non solo come un evasore contro il quale scattano tutte le misure di sicurezza possibili, ma viene considerato anche un vero e proprio disertore, che è cosa differente. E persino un eversore.

Chi vuole indipendenza, infatti, non solo evade da qualcosa che reputa evidentemente una prigione, non solo diserta da un complesso al quale evidentemente non reputa più di volere far parte, ma di fatto scrive vere e proprie pagine di eversione. Perché è nella natura stessa della nostra società il fatto di non poter essere liberi, di non poter decidere del proprio presente e del proprio futuro, di dover per forza accettare le decisioni che vengono prese altrove – il che, oggi, significa prese da finanza e speculazione – e dunque volersi affrancare da tale situazione viene considerato praticamente un atto di guerra. Contro il quale, infatti, vengono opposte armi di vario tipo: culturali, mediatiche, diplomatiche, politiche, economiche e alla fine, ove serve, anche militari.

Indipendenza, oggi, è un vero e proprio atto di ribellione. Non dipendere da significa potersene infischiare. Significa di fatto togliere qualsiasi potere a chi invece vuole continuarci a sottomettere in quanto dipendenti. Significa alzare il dito medio in faccia al padrone.

Fonte: ilribelle.com

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