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La testimonianza a ilfattoquotidiano.it di un ex postulante costretto a un esilio forzato per essersi ribellato alle attenzioni morbose dei religiosi cui si era rivolto per chiedere aiuto: “Fanno queste cose, poi vanno a messa e toccano le ostie con le mani”
La preghiera delle 15, l’ora nona, è senza fedeli. Tra panche e navate ci siamo giusto noi e sei monaci con la testa china sui salmi. Vuote sono anche le celle claustrali che potrebbero offrire riparo a chi ne ha bisogno, e tanti ce ne sono. Ma qui il deserto è finito nella cattedrale, e non viceversa. La crociata di Papa Francesco contro i “mali della Chiesa” meriterebbe una fermata all’abbazia di Chiaravalle, luogo simbolo della cristianità milanese finito al centro di una storia di sesso, silenzi e ricatti (guarda). “Fanno queste cose, poi vanno a messa e toccano le ostie con le mani. Io li ho denunciati, mi hanno buttato per strada”.
A parlare è un ex postulante costretto a un esilio forzato per essersi ribellato alle attenzioni morbose dei religiosi cui si era rivolto per chiedere aiuto. Lo incontriamo in un bar-tabaccheria, avamposto riscaldato in questo nulla che sembra lontanissimo da Milano e invece è dietro l’angolo, nella piana agricola tra il Vigentino e la metro di Rogoredo. Due fermate di 140 barrato e sei sotto l’aguzzo campanile medievale.
video di Galeazzi, Mackinson e Madron
La nebbia si taglia col coltello. Intorno non si vede anima viva, solo un latrare di cani in lontananza. Entra che ancora batte i denti. “Scusate, dove dormo non c’è stufa”. Inizia così il suo lungo racconto che restituisce alle telecamere del fattoquotidiano.it una testimonianza cruda e diretta dei meccanismi di violenza psicologica e materiale che, stando al suo racconto, si muoverebbero dietro vicende come questa. Il priore della comunità cistercense, raggiunto nel pomeriggio, preferirà non parlarne affatto. Ma ci sarebbe molto da dire.
A metà dicembre le pagine locali di Repubblica rivelano l’esistenza di un’inchiesta penale della Procura di Milano che vede due monaci indagati per violenza sessuale e almeno cinque presunte vittime tra ex novizi e bisognosi che nell’abbazia avevano cercato rifugio dalla fame e dal freddo. L’indagine è durata sei mesi e ha accertato i comportamenti libidinosi dei frati anche grazie a registrazioni realizzate dalle vittime e depositate agli atti. Video espliciti degli incontri sessuali ripresi, a detta loro, “perché è difficile far capire alla gente, al Vaticano e perfino allo Stato che queste cose accadano. Molti hanno paura di parlare”.
I querelanti sostengono di aver informato le alte gerarchie, i giornali vaticani e la Santa Sede. “Ci siamo anche rivolti al priore, al cardinale Angelo Scola, al vicario dell’Arcidiocesi Mario Delpini. La risposta è stata un invito al perdono e a non gettare discredito sui fratelli”. Decidono allora di rivolgersi alla giustizia terrena, che ha però i suoi tempi e i suoi limiti. La Procura non ha trovato riscontri per sostenere l’accusa di violenza sessuale e ha chiesto l’archiviazione, ora al vaglio del Gip che ha fissato l’udienza per martedì prossimo. In un’informativa la Squadra mobile scrive che quei comportamenti “sebbene contrari all’austerità richiesta a un monaco, non sembrano avere i connotati di violenza, minaccia o abuso di autorità, perché il monaco non ha trattenuto il giovane contro la sua volontà e, respinto, si è allontanato”.
Non ci sta l’avvocato Katia Kolakowska, Foro di Milano, che chiede di sentire nuovi testimoni. Altri due ospiti del monastero – un romeno di 18 anni e un italiano di 40 – hanno raccontato di essere stati molestati dai religiosi. “Resta poi l’abuso di potere connesso al ricatto materiale prospettato alle vittime. L’imposizione a sottostare alle molestie per ricevere quel minimo di aiuto per la sopravvivenza: ad alcuni veniva offerto un pasto caldo, a volte i monaci regalavano 10 euro. Sono persone molto povere, è facile sfruttarle”.
Lo conferma il nostro testimone, ormai ex religioso. “Dalla parrocchia di Santa Maria Assunta di Bari sono arrivato qui nel 1998 per iniziare la mia formazione religiosa. Sono rimasto due anni”. Mentre parla mostra una foto col saio e un rastrello in mano. Erano gli esordi da postulante, sorrideva. Ora non più. “Me ne dovetti andare per evitare le avances di frati che oggi non ci sono più. Al tempo non capivo l’importanza di denunciare”. Torna sui propri passi 15 anni dopo. “Ho perso il lavoro, vivevo in uno stato d’indigenza. I monaci però erano cambiati: mi aiuteranno, ho pensato”.
Il vizio antico è però rimasto. “Durante l’inverno ho dormito nel giardino del bar dell’Abbazia e nei bagni pubblici che affacciano sui giochi. I frati li chiudevano sempre, io riuscivo a entrare e venivo in qualche modo tollerato. Un monaco mi procurava anche la colazione e un pasto caldo”. Il perché di tanta benevolenza lo avrebbe capito dopo. Un altro ospite di Chiaravalle denuncerà di aver subito molestie. È un albanese di 44 anni arrivato in Italia con un permesso per fini religiosi. Sarà lui a documentare con il cellulare i comportamenti dei monaci. “Dormivo per strada — dice — in quel posto approfittano dei ragazzi”. E ribadisce il sospetto del ricatto: “I poveri non hanno dove stare, vanno per chiedere aiuto, poi vengono molestati. Se sei un postulante e ti ribelli il priore ti fa terra bruciata, indicandoti alle altre comunità come “persona inadatta alla vita religiosa”. Così, senza soldi e un tetto sulla testa, rischi di crepare di stenti”.
Un rischio che pare diffuso nelle comunità cistercensi. Tirando un filo a Milano vien su un gomitolo a Roma. Alcuni benedettini di Chiaravalle, compresi due indagati, arrivano direttamente da Santa Croce in Gerusalemme, l’abbazia capitolina che nel 2011 fu chiusa da Papa Ratzinger in circostanze mai chiarite. Il decreto di soppressione riferisce di “abusi liturgici” e di “problemi nella conduzione della comunità” guidata all’epoca dall’abate – ed ex stilista – Simone Fioraso. Le ragioni emergono solo ora dalle carte dell’indagine milanese. E raddoppiano la storia.
La polizia ascolta il priore, Giuseppe Zanolini che non è indagato. Gli inquirenti domandano perché è stata chiusa Santa Croce. La risposta a verbale, svela finalmente l’arcano: “Alla fine del 2009 — risponde — a Santa Croce arrivò una Visita Apostolica per fatti degli anni precedenti su cui ha indagato la magistratura per reati di natura sessuale. Per quei fatti vennero destituiti l’abate, il Priore e venne allontanato un monaco”. Pe-do-fi-li-a, scandiscono gli ex ospiti che a Roma hanno vissuto gli anni ruggenti in cui l’abbazia veniva trasformata – ad uso degli esterni – in una sorta di salotto religioso della ricca mondanità capitolina.
Se sia vero oppure no lo sanno i piani alti del Vaticano, al momento non sono noti esiti penali. I protagonisti della vicenda però sono stati dispersi. “L’economo e altri tre monaci sono finiti a Chiaravalle. L’abate è stato mandato all’estero, mi risulta in Brasile. Quando hanno chiuso tutto c’era anche un buco da due milioni di euro ma è stato taciuto”, racconta chi era lì. Altro non si sa. Il filo rosso che collega le vicende lascia alcune certezze. I “mali della Chiesa” non emergono mai da soli, per scelta spontanea. Quando poi escono dalle mura, dall’alto cala il voto di silenzio e i religiosi su cui si addensa il sospetto vengono solo presi e spostati alla prossima stazione, magari dal centro di Roma alle porte di Milano. A diffondere ancora la loro personalissima regola.
da Il Fatto Quotidiano del 26 gennaio 2015