Il futuro del fotovoltaico passa da qui? Una ricerca a forte partecipazione italiana
Il grafene, ormai etichettato come nuovo materiale delle meraviglie, non finisce ancora di stupire. Un folto team internazionale di ricercatori, che comprende diversi scienziati di origine italiana (che lavorano all’estero) e anche Michele Zacchigna, dell’Istituto Officina dei Materiali (Iom-Cnr) di Trieste e Fulvio Parmigiani, del dipartimento di fisica dell’università di Trieste, ha pubblicato su Nano Letters, la rivista dell’American Chemical Society, lo studio “Tunable Carrier Multiplication and Cooling in Graphene” che rivela un’altra proprietà del grafene: sarebbe in grado di trasformare la luce in elettricità. I ricercatori sono infatti riusciti a convertire un solo fotone in più elettroni e dicono che «è una bella promessa per il futuro del fotovoltaico»
Gli svizzeri dell’École Polytechnique Fédérale de Lausanne (Epfl), che hanno partecipato alla ricerca, spiegano che «il grafene è diventato molto popolare grazie alla sua estrema solidità ed alla sua leggerezza. Prodotto facendo il “peeling” alla grafite o per coltura su diversi materiali, la sua produzione è molto redditizia». Alcuni studi avevano già avanzato la possibilità di utilizzare il grafene come materiale fotovoltaico ed ora, grazie ad un metodo innovativo di spettroscopia, il team di scienziati ha dimostrato che «L’assorbimento di un solo fotone permette al grafene di generare abbastanza fononi (quanti di energia) per produrre una corrente elettrica».
All’Epfl dicono che «il grafene è affascinante in termini di fisica fondamentale. Per esempio, a temperature ambiente è un conduttore di elettricità migliore del rame, il che lo rende attraente per la realizzazione di circuiti ultra-rapidi. Inoltre, è in grado di condurre elettricità dopo aver assorbito luce e, quindi, potrebbe essere utilizzato nel settore del fotovoltaico. Tuttavia, fin qui, il suo potenziale in materia di conversione elettrica efficace resta difficile da comprendere.
In effetti la sfida è ardua, dato che la conversione si effettua a livello di femtosecondi, cioè un milionesimo di miliardesimo di secondo, troppo rapidamente perché la normale tecnologia possa individuare il movimento degli elettroni. Per superare questo ostacolo, Jens Christian Johannsen e Marco Grioni del laboratorio di spettroscopia elettronica dell’Epfl, i loro colleghi danesi dell’università di Aarhus ed italiani di Elettra-Sincrotrone Trieste S.C.p.A hanno utilizzato una tecnica sofisticata: la “ultrafast time- and angle-resolved photoemission spectroscopy” e l’hanno sperimentata al famosissimo Rutherford Appleton Laboratory di Oxford. I ricercatori spiegano che «questo metodo consiste nel piazzare un campione di una camera ultra-alto vuoto. Il grafene viene colpito da un laser luminoso ad impulsi ultrarapidi, questo eccita gli elettroni, portandoli così a degli stadi energetici a cui sono in grado di condurre una corrente elettrica. Il campione di grafene viene quindi sottoposto ad impulsi ritardati, che scattano una “istantanea” dell’energia di ogni elettrone in un dato momento. Ripetuta in diversi momenti, come se si trattasse di un film in stop motion, questa azione cattura la dinamica degli elettroni in una sequenza in diretta»
Dopo il team di ricerca internazionale – al quale, oltre alle università ed agli istituti di ricerca citati, hanno partecipato anche ricercatori di. Universität Erlangen Nürnberg, Technische Universität Chemnitz, University of St. Andrews – ha utilizzato dei campioni “dopati” di grafene, dai quali sono stati chimicamente aggiunti o sottratti degli elettroni e le loro osservazioni hanno rilevato che questo grafene “drogato” assorbendo un solo fotone poteva eccitare diversi elettroni «e questo proporzionalmente al suo grado di dopaggio». All’Epfl dicono che «In effetti, ogni fotone eccita un elettrone, che in seguito ricade rapidamente al suo stato energetico usuale. Ma la sua caduta eccita in media più di due elettroni». Secondo Grioni, «questo fenomeno dimostra che un sistema fotovoltaico al grafene dopato potrebbe essere efficace nel convertire la luce in elettricità».
Gli scienziati hanno anche realizzato le prime osservazioni in assoluto dell’effetto di moltiplicazione fotone-elettrone del grafene, «il che ne fa un componente molto promettente per tutti i dispositivi che trasformano la luce in elettricità. Nuovi sistemi fotovoltaici potrebbero in effetti raccogliere la luce nel suo intero spettro, con perdite energetiche minori».
Dopo questo primo successo, il team di ricerca internazionale si è dato l’obiettivo di esplorare fenomeni simili in altri materiali 2D, come il solfuro di molibdeno (MoS2), già noto per le sue eccellenti proprietà elettroniche e catalitiche.
Fonte: greenreport.it