DI
ANDREW LEVINE
Counterpunch.org
L’estate scorsa Vladimir Putin, in precedenza considerato un leader russo abbastanza decente (con poche preoccupanti manie), si è improvvisamente tramutato in una forza malefica, quasi demoniaca.
Congratulazioni al sistema di propaganda americana per aver causato questa notevole metamorfosi.
Allo stesso tempo il verdetto su Barak Obama non è cambiato – non la scorsa estate, non da quando ha assunto la carica.
Dal momento che divenne chiaro che la sua presidenza sarebbe stata piena di delusioni e modeste conquiste, i Democratici hanno sostenuto la sua buona fede e che sarebbe stato una forza per il bene – se non fosse per i fastidiosi Repubblicani che bloccavano ogni sua mossa.
I Repubblicani nel frattempo hanno una visione differente. Per loro, Obama è sempre stato il male incarnato – come Putin lo è ora, forse anche peggio. Diamine, potrebbe anche non essere nemmeno un cristiano, e non “ama l’America”.
Non c’è bisogno di dire, che i Repubblicani assumono che Obama sia assurdo. Ma allora anche la visione liberale è assurda. I filo-Obama delusi non sono palesemente stupidi come gli Obama-fobi del GOP, ma è difficile dire quali siano i peggiori.
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Il primo mandato di Obama è stato, per la maggior parte, una continuazione del secondo di George Bush.
Smorzare (ri-confezionare) la guerra senza fine che Bush e Dick Cheney avevano iniziato in Afghanistan e Iraq è stato uno degli obbiettivi principali di Obama. Anche Bush e Cheney stavano lavorando a questo, almeno sino dal 2006.
È stato lo stesso con la sorveglianza 24/7 (24 ore al giorno, 7 giorni su 7, ndt). I predecessori di Obama hanno lanciato la palla, e lui l’ha presa al balzo e ha iniziato a correre, portandola il più lontano che ha potuto. In questo caso non c’è stata nemmeno la pretesa di smorzare qualcosa; il punto era accelerare lo spionaggio.
La guerra alle talpe, e al giornalismo investigativo in generale, è stata più un’ossessione di Obama che di Bush. Ma Bush e Cheney avevano preparato il terreno; anche il loro obbiettivo era mantenere l’opinione pubblica non informata e quindi facile da controllare.
Sotto Obama, nessuno è stato ritenuto responsabile per i crimini di guerra relativi all’era Bush. Presto, nel suo primo mandato, divenne ovvio il perché.
La linea ufficiale dell’Amministrazione era che Obama voleva “guardare oltre”, lasciarsi alle spalle il passato. Un prezzo molto alto per la giustizia retributiva. Un prezzo molto alto anche per l’onestà;
la scusa di Obama era un sotterfugio brevettato.
La sua vera ragione per garantire l’immunità di fatto ai criminali di guerra era che voleva una mano libera per fare di più dello stesso. E così ha fatto, sebbene con alcune differenze.
La maniera di Bush e Cheney era di catturare “i cattivi” e di “far sembrare” che fossero torturati in posti oscuri in stati clientelari, o altrimenti di imprigionarli indefinitamente, spesso senza accuse, in prigioni segrete oltremare o a Guantanamo. Obama preferisce uccidere i sospetti sul posto – preferibilmente con droni senza pilota o, quando questo non basta, con assassini in operazioni speciali.
Le tattiche sono differenti – in parte, perché, diversamente da Cheney, Obama non è uno che si vanta di essere passato al “Lato Oscuro”. Anche Lui ha imparato qualcosa dall’esperienza di Bush e Cheney: le torture portano cattiva stampa.
Niente di questo cambia il fatto che nell’incoraggiare uno stato di guerra-sorveglianza, e anche in aspetti molto meno vistosi, ma non meno nocivi, l’amministrazione Obama è stata sulla stessa pagina della precedente.
Questo è vero anche per i problemi “Wall Street versus Main Street”. Sul commercio non c’è nessuna vera differenza; e le due amministrazioni non sono nemmeno in disaccordo su accordare l’immunità in carta bianca dalle persecuzioni a banksters e criminali aziendali di alto rango.
Obama potrebbe preoccuparsi più di Bush e Cheney di tenere sotto controllo il riscaldamento globale – come non potrebbe visto l’accumularsi dei disastri climatici, e la raccolta di voti che ne deriva? Ma nell’entità in cui le sue politiche ambientali differiscono da quelle di Bush, le differenze sono più cosmetiche che sostanziali.
Su problemi vicini al cuore degli elettori Democratici, Obama ha cambiato le atmosfere – in qualche modo. Anche in questo caso, le conseguenze sul mondo reale sono state minime.
Come altri Democratici nei decenni recenti, Obama offre sostegno verbale al lavoro organizzato quando si avvicinano le elezioni, mentre pratica un’incuria maligna per il resto del tempo.
I Repubblicani preferirebbero sistemare il movimento operaio una volta per tutte. Comunque, mentre Bush era presidente, tutto quello che poterono radunare era un’incuranza maligna.
Eppure le due amministrazioni non erano proprio la stessa cosa. Mentre i Repubblicani, Bush e Cheney non avevano ragioni per mostrare interesse per il lavoro organizzato. I Democratici hanno tutte le ragioni per dare l’impressione che a loro importi.
La guerra dei Repubblicani ai sindacati del settore pubblico, pagata dai governatori Repubblicani e legislatori di stato al comando dei plutocrati che li finanziano, arrivò dopo che Bush se ne era andato.
Non c’è dubbio che gli piacque, quello che fecero, e, se fosse stato ancora in carica, non avrebbe alzato un dito per fermarli. Ma nemmeno Obana ha alzato un dito.
In Wisconsin il Partito Democratico di stato cercava di eleggere Governatore Scott Walker, il primo di un branco che andava dietro ai sindacati del settore pubblico. Obama non ha fatto niente per aiutarli.
Deve aver pensato che avrebbe speso meglio il suo tempo chiacchierando con donatori facoltosi piuttosto che fare campagna elettorale contro i distruttori dei sindacati.
Questo, comunque, è quello che ha fatto nei giorni precedenti l’elezione di recall, che Walker vinse. Quando avrebbe potuto fare campagna elettorale a Racine e nei quartieri afro-americani del Milwaukee, dove avrebbe fatto qualcosa di buono catturando potenziali votanti Democratici per le elezioni, ha scelto invece d’intrattenersi con ricchi e odiosi in Minnesota e Illinois per raccogliere fondi per la sua campagna elettorale del 2014.
Poi, la notte prima delle elezioni, ha scritto un tweet a sostegno del movimento recall. Yippee!
Ora Walker sta assecondando anche i sindacati del settore privato; il Wisconsin sta diventando uno stato con il “diritto al lavoro”. I Liberali accusano ALEC, l’American Legislative Exchange Council, e i Koch brothers e simili per questo grande balzo indietro; potrebbero ripensare anche il loro sostegno ad Obama.
Il contrasto tra la sua indifferenza verso gli sforzi dei Democratici a favore dei lavoratori in Wisconsin e il suo sostegno a politicanti favorevoli alle corporazioni a Chicago è impressionante.
Nelle elezioni primarie di martedì scorso per la carica di sindaco, Obama palesemente è andato in sostegno del suo precedente maggiordomo, il reazionario Clintoniano Rahn Emanuel, l’uomo conosciuto come Mayor One Percent.
Il fatto che quell’Emanuel, nonostante le sue casse imbottite con carichi di banconote provenienti dai soliti sospetti, non è riuscito a raggiungere il 50% dei voti, suggerisce che tutto sommato Dio esiste. Se lui perderà nel ballottaggio di Aprile, non ci sarà migliore conclusione da dedurre.
Il clientelismo non è la sola ragione per il sostegno di Obama a Emanuel, ma non a AWOL nella lotta contro Walker. Obama qualche volta sostiene dei Democratici che corrono contro autentici progressivi. Ma quando un Democratico corre contro un miscredente di destra, non se ne cura.
Infatti sembra godere nel farlo notare a tutto il suo nucleo elettorale – lavoro organizzato sopratutto. I sindacati svolgono servizi da furiere per il Partito Democratico in tempo d’elezioni. Anche uno Scott Walker può capire che più deboli sono i sindacati, meno servizi saranno capaci di fornire. Ma ad Obama non importa.
Insieme ad altri liberali di simile mentalità, egli sembra pensare che i sindacati non abbiamo altro posto dove andare. I donatori hanno sempre i Repubblicani; li preferiscono comunque.
Walker poteva essere schiacciato nel 2012. Siccome non lo è stato, i Democratici potrebbero presto avere a che fare con lui. Quest’uomo è un peso-mosca anche per gli standard repubblicani, ma grazie alla indifferenza di Obama, egli è ora un serio contendente per vincere la nomina al GOP nel 2016.
Se per qualche improbabile ma non impossibile corso degli eventi, Walker o qualcuno ugualmente spregevole realmente diventa il prossimo presidente d’America, Obama avrà molto di cui rispondere.
Ma allora egli avrà molto di cui rispondere anche quando Hillary Clinton ritornerà alla Casa Bianca a gennaio 2017. Con Obama, abbiamo avuto un terzo e un quarto mandato Bush. Il quinto è in attesa dopo le quinte.
Comunque questo non è il peggio – nemmeno lontanamente.
Anche con l’intero schiamazzo di neocon di prima generazione dietro di loro, Bush e Cheney mai osarono provocare la Russia a tal punto che la guerra con l’Occidente – non una guerra segreta o per procura – ma una guerra che sarebbe devastante per il mondo, diventasse una concreta possibilità.
Forse erano troppo occupati a distruggere Afghanistan e Iraq. O forse hanno avuto troppo buon senso.
Nessuno può accusare i combattenti da Guerra Fredda e coloro favorevoli agli interventi umanitari che Obama ascolta di buon senso. Se loro ne avessero un po’, avrebbero molto tempo fa terminato, non espanso, la “guerra al terrorismo” di Bush. E non avrebbero certamente iniziato i disordini in Ucraina.
Bush e le persone attorno a lui devastarono una larga fetta del mondo e stabilirono un regime di guerra perpetua diretto contro i paesi Mussulmani in subbuglio. Eppure Obama sta giocando con un grande fuoco. Egli potrebbe distruggere il mondo stesso.
La sua innata indecisione potrebbe ancora venirgli in soccorso. E noi possiamo contare su menti più giudiziose a Mosca che faranno il loro meglio per disinnescare le situazioni che i suoi consiglieri inventano.
Probabilmente questa volta il mondo schiverà la pallottola. Ma probabilmente non è abbastanza. La prima priorità di qualunque presidente degno della carica dovrebbe essere di portare a zero le chances di guerra con la Russia.
Quanto è patetico che oggi a Washington non abbiamo leader di valore! Ciò che abbiamo invece è Barack Obama – e anche di peggio. I Repubblicani sono peggio; questo non c’e bisogno di dirlo. Ma così sono anche i Democratici che supportano Hillary Clinton. Sciocchi, sconsiderati, bellicosi imbroglioni sono la sua dote in cambio.
Obama non è nemmeno lontanamente pericoloso come lo è lei, sebbene qualcuna delle persone che lo circondano certamente lo sia. Con il suo sostegno questi stanno costantemente preparando il terreno per la guerra.
Eppure sentiamo i nostri media dire che il cattivo è Putin.
Per il partito della guerra è importante che lui sia visto in questo modo. Se non lo fosse, essi difficilmente potrebbero inventarsi la Guerra Fredda – o peggio – che desiderano fortemente. In questo senso sono stati ben serviti. La demonizzazione del leader Russo è ora così profondamente radicata nella narrazione dei media che ci appare chiaro che difficilmente qualcuno obbietti; difficilmente qualcuno noti.
Ma non è chiaro cosa Putin – o la Russia – hanno fatto per meritarsi l’improvvisa irrefrenabile condanna che stanno ricevendo ora.
È inquietante la similitudine con quello che accadde con Saddam Hussein e Muammar al-Gheddafi.
Anche loro di fatto erano alleati americani; anche loro recentemente erano stati più che utili alla guerra senza fine degli USA contro il terrorismo. Poi improvvisamente e bruscamente gli USA si rivoltarono contro entrambi.
L’invasione da parte di Saddam del Kuwait è stata la causa primaria nel suo caso. Egli potrebbe aver intrapreso questa sfortuna avventura con quello che considerava essere un tacito consenso da parte degli Americani. Ma non importa: egli oltrepassò una delle linee nella sabbia di Bush Padre.
Quello che condusse Washington a rivoltarsi contro Gheddafi è meno chiaro. Potrebbe essere stata una urgenza dei Francesi. O, avendo già compromesso così tanto, potrebbe essere stato solo il tentativo inetto di accelerare gli eventi della Primavera Araba che si stava sviluppando.
Qualunque siano le ragioni, le conseguenze sono state orribili. E, in entrambi i casi, continuano a peggiorare – a danno degli Iracheni, Libici e altri.
In quei casi, uno potrebbe sostenere, ipocritamente e erroneamente, ma abbastanza plausibilmente da ingannare molta gente – che le intenzioni dell’ America fossero almeno benevole, e che i mezzi utilizzati erano proporzionati al bene che sperava di ottenere.
La demonizzazione di Putin, della Russia e dei Russi (in Ucraina) più in generale, ha senso solo se abbandoniamo la pretesa di benevolenza e ammettiamo completamente che l’obbiettivo americano è di indebolire la Russia – per ragioni geopolitiche ed economiche che non hanno niente a che fare con migliorare le condizioni di Ucraini e Russi.
Anche in questo caso, comunque non c’è nemmeno la parvenza di proporzionalità.
Cosa, dopo tutto, potrebbero sperare di ottenere i capitalisti Americani e Occidentali? Non è che Putin sostenga vie qualitativamente differenti di organizzare l’economia e la società da quelle che li beneficiano. Quei giorni sono lontani e se qualunque parvenza di loro ritorna, non sarà certo merito di Putin.
Il governo di Putin è autoritario e corrotto, così come lo sono anche i governi Occidentali. Per di più: a Washinghton DC l’influenza politica è sempre stata in vendita, così come in altre capitali.
E in tutto il mondo, ma specialmente nel Medio Oriente gli Stati Uniti sostengono attivamente regimi che sono più autoritari e corrotti di quello di Putin.
Eppure loro demonizzano Putin. L’ipocrisia toglie il respiro.
Ma, certo, Putin non è, e non è mai stato un problema.
Il potere americano è quello, e la mentalità reazionaria della Guerra Fredda dell’elite politiche Occidentali.
Sin dai giorni di Bill Clinton, gli USA sono stati intenzionati ad espandere la NATO fino ai confini russi – in piena violazione delle promesse che Ronald Regan fece a Mikhail Gorbachev. Il primo Presidente Bush onorò queste promesse. Perché non avrebbe dovuto? Esse hanno pienamente senso – ma non sembra ai Democratici di Clinton.
Nella corsa verso il fondo che è diventata la nostra politica, i Repubblicani, oggigiorno, sono anche peggio; non solo sono più guerrafondai come John McCain e Lindsay Graham.
L’espansione della NATO è in piena violazione degli interessi di sicurezza Russi. Un punto che uno si aspetterebbe compreso dai leaders di un paese che ha quasi portato il mondo alla soglia dell’annientamento nucleare come conseguenza dell’installazione di missili sovietici a Cuba.
Certo, non è difficile vedere perché i leaders dell’impero vogliano la NATO, uno strumento della potenza militare Americana, sistemata vicino alla Russia per quanto le circostanze lo consentano. In congiunzione con Cina ed altri partners euroasiatici una Russia indipendente potrebbe diventare un potente contendente per il controllo del capitalismo americano sul pianeta.
Anche l’unione Europea ha scelto di essere una spalla piuttosto che un rivale degli Stati Uniti, anche l’espansione dell’EU è supportata dagli Stati Uniti – per le stesse ragioni per cui lo è quella della NATO.
Fomentare le forze anti-Russia in Ucraina perciò ha un certo senso. I grandi d’America si aspettano di guadagnare potere e ricchezza, se tutto va bene.
Ma, grazie a quelle macchinazioni, non sta andando tutto bene; non per l’Ucraina e non per il Mondo.
Non va mai bene quando al Team Obama è lasciata briglia sciolta.
Hanno distrutto la Libia per salvarla. Ora, ci stanno riprovando in Ucraina. Hanno iniziato il processo e continuano ad alimentare il fuoco. Presto anche quel paese sarà rovinato – a meno che non cessino e desistano.
Ancora peggio, per molti ordini di magnitudine, le loro bravate potrebbe portare alla guerra nucleare.
Se quello succedesse le conseguenze sono troppo orribili per essere contemplate. Solo un pazzo peserebbe di rischiare la vita stessa per indebolire e togliere potere alla Russia.
Ma, allora, non è esattamente una novità che l’uomo gli opinionisti una volta elogiati per completare il suo circolo interno con un “team di rivali”, che pretendono di seguire gli insegnamenti di Abraham Lincoln, di fatti danno potere a un pericoloso Team di Folli.
Eppure, è lui il bravo ragazzo e Putin è così cattivo come il Diavolo stesso.
Vai a capire!
ANDREW LEVINE è Senior Scholar allo Institute for Policy Studies, è autore dei recenti The American Ideology (Routledge) e Political Key Words (Blackwell) così come di molti altri libri e articoli di filosofia politica. Il suo più recente libro è In Bad Faith: What’s Wrong With the Opium of the People. È stato professore (filosofia) alla University of Maryland-College Park. È contributore di Hopeless: Barak Obama and the Politics of Illusion (AK Press)
Fonte: www.counterpunch.org/
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SCOTTY DL