di

Marco Pizzuti

 

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Sentire parlare di Grecia come se fosse in regime di democrazia lo considero una grande ipocrisia. La disinformazione organizzata del circuito mainstream non lo ammetterà mai ma negli stati in cui tutte le decisioni più importanti vengono assunte da centri finanziari sovranazionali non elettivi, la democrazia è morta da tempo. In Italia, anche se in maniera meno evidente, vige la stessa situazione della Grecia e per rendersene conto basta ricordare le dimissioni forzate di Berlusconi e l’imposizione del governo Monti sotto il ricatto della troika (denunciato nel 2012 con Rivoluzione non autorizzata molto prima delle “rivelazioni scottanti” giunte nel 2014 da Alan Friedman e Tim Geithner), un fatto che la propaganda di questa finta democrazia continua ad attribuire alle pressioni della Merkel, una mera portavoce dell’elite finanziaria internazionale. Le figure del premier tedesco cattivo e della “Grande Germania” conquistatrice servono ai poteri forti come propri “parafulmini” per rimanere invisibili alle masse mentre scatenano la tempesta sui popoli. Il potere decisionale della Merkel ha qualche valore solo fintanto che la sua linea politica converge supinamente con gli obiettivi programmatici (progressivo smantellamento degli stati sovrani e privatizzazione dei beni pubblici) dei globalizzatori. Accusare i tedeschi di speculare sulla crisi è mera propaganda perché la Germania è un paese che esporta gran parte delle sue automobili e della sua tecnologia nel sud Europa, pertanto il crollo della domanda interna di questi paesi ha riflessi negativi anche sulla sua economia.  

Invece di indagare sulle vere cause e i veri responsabili della crisi finanziaria per trovare le reali soluzioni possibili, i mass media danno la colpa dell’austerity alla Germania dando voce a pseudointellettuali e pseudogiornalisti dal pensiero unico che si limitano a ripetere a pappagallo il mantra ipnotico creato dalle banche centrali per non finire sotto inchiesta. L’innominabile verità dietro questa colossale menzogna è che anche la Germania è un paese a sovranità limitata al pari degli USA e della stragrande maggioranza degli stati del mondo in cui il debito pubblico e l’emissione della moneta vengono controllate da istituti finanziari privati (formalmente definiti pubblici ma completamente autonomi e indipendenti). 

La vera cabina di regia di questa crisi partorita da Wallstreet è nella stessa alta finanza che controlla il debito degli Stati e che concede prestiti in cambio di “riforme”, ovvero di cessione di sovranità e seguendo il suo consolidato modus operandi, la Troika ha di nuovo messo la Grecia con le spalle al muro usando il ricatto finanziario. La Grecia è ricattabile perché non ha più fondi e non può stampare moneta. Il Financial Times, poi ripreso dai media italiani, ha dichiarato infatti che adesso “l’Unione europea” pretende un cambio di coalizione del premier greco. Il nuovo “diktat” (evidenziato dal Financial Times) vuole imporre a Tsipras una nuova coalizione di governo con il tradizionale partito di centro sinistra Pasok e con il nuovo partito di centro sinistra To Potami (quello contro cui si è battuto nelle elezioni di gennaio). “Tsipras deve decidere se vuole essere premier o leader di Syriza”, afferma un rappresentante europee con il Financial Times.  “Questo governo” in Grecia “non può sopravvivere”, aggiunge un rappresentante di un ministro dell’Economia dell’area euro. L’ultimatum che viene da Bruxelles è quindi chiarissimo: se la Grecia vuole essere salvata, Tsipras deve tradire la volontà popolare e allinearsi alle decisioni dei veri poteri che governano l’Europa al di sopra dello stato di diritto e della democrazia.

Chiamare questo rapporto di subordinazione e sudditanza assoluta degli stati nei confronti della grande finanza, della sua borsa e dei suoi “liberi mercati” è come chiamare libertà l’ora d’aria dei detenuti.