Il noto faccendiere sardo, già coinvolto nella morte del banchiere Calvi e nella P3, parla dei suoi rapporti con i padri della Boschi e di Renzi e fa rivelazioni scottanti su Banca Etruria
di
Francesco Curridori
“Questa cosa qui è una bomba atomica se esplode è un casino e nientepopodimeno cadono tutti e due (Renzi e la Boschi ndr) e appresso a loro il governo…”.
Parola del faccendiere Flavio Carboni che, in un’intervista a Libero racconta i suoi rapporti con Pier Luigi Boschi, Tiziano Renzi e l’amico Valeriano Mureddu, imprenditore di origini sarde, cresciuto a pochi passi da casa Renzi a Rignano sull’Arno e poi stabilitosi ad Arezzo.
Nell’estate del 2014, infatti, si sarebbe tenuto a Roma un summit tra Mureddu e il padre della Boschi a cui avrebbe partecipato anche Lorenzo Rosi, ex presidente di Banca Etruria, con lo scopo di trovare un nuovo direttore generale e nuovi patner esteri per ripianare il buco della banca. “Ma non ho partecipato a quelle riunioni, non avrei portato nessun contributo e allora ho lasciato che parlassero loro. Io gli ho messo a disposizione l’ufficio… La mia era veramente solo ospitalità”, precisa Carboni, già coinvolto nell’inchiesta sulla morte di Guido Calvi e nel processo sulla P3.
Carboni conferma anche al Fatto Quotidiano di aver incontrato per bene tre volte il papà della Boschi e di avergli fatto il nome di Fabio Arpe, fratello di Matteo Arpe, come direttore generale per la sua banca. Il nome di Fabio Arpe viene fatto a Carboni da un altro massone, l’ex leghista Gianmario Ferramonti. Pier Luigi Boschi, poi, sarebbe intervenuto attivamente cercando di inserire sull’assetto bancario cercando di inserire l’amico comune Mureddu che diventa di fatto l’intermediario di tutta l’operazione, come racconta lui stesso con una telefonata al Fatto. “Non c’è nulla di male a rivolgersi alle persone che si ritengono intelligenti e affidabili”, premette Mureddu. “Quando Boschi, parlando a tavola del più e del meno, mi ha chiesto se per caso conoscessi qualcuno da inserire in banca, ho pensato di rivolgermi a chi sapevo avere una rete affidabile di persone”. Quindi contatta Carboni, “che stimo profondamente”, spiega. Mureddu, poi, conferma di conoscere benissimo Matteo Renzi e suo padre Tiziano ma precisa di non averli più sentiti da quando lui è diventato premier “per non dare adito a strani pensieri”, mentre con Pier Luigi Boschi divenne amico quando andò ad Arezzo per occuparsi di agricoltura. Ma Boschi padre “non mi ha dato alcun incarico, chiariamo”, chiarisce Mureddu. “Semplicemente mi ha chiesto un consiglio come si fa tra persone che si stimano”.
Dalle pagine di Repubblica traspare, invece, la posizione del padre della Boschi che ha rilasciato a Bankitalia la sua versione dei fatti in una memoria difensiva in cui spiega di aver sempre agito in accordo con la Vigilanza e che la mancata verbalizzazione di certi incontri della Commissione “è pienamente giustificata dal carattere informale, e comunque solo consultivo e di raccordo della stessa, nonché dal fatto che è stata solo in rarissime circostanze convocata collegialmente. Avevamo l’obbligo, puntualmente adempiuto, di riferire al cda. Non si comprende dunque il cenno degli ispettori alla mancanza di trasparenza”. Ora Le dichiarazioni di Carboni e Mureddu sembrano smentire questa versione.
Fonte: Il Giornale