Neil Jacobstein, l’uomo che per primo disse a Kodak ‘se non cambiate rischiate di essere travolti dal digitale’, avverte: “La tecnologia costerà posti di lavoro. E molte aziende rischiano di essere travolte”
di
Stefania Aoi
Neil Jacobstein, professore di intelligenza artificiale della Singularity University
“In trent’anni il mondo per come lo conosciamo oggi potrebbe cambiare per via dell’intelligenza artificiale. Solo quest’anno il dispositivo messo a punto dal team del professor Ken Forbus alla Nortwestern University ha superato, meglio dell’americano medio, il test di Raven, quello per misurare il quoziente intellettivo”. A parlare, in una saletta del centro congressi Stella Polare a Rho Fiera, è Neil Jacobstein, professore di intelligenza artificiale della Singularity University. L’uomo che anni fa si presentò da Kodak mostrando slide che preannunciavano lo tsunami digitale che avrebbe distrutto quell’impero costruito sui rullini. “Eravamo a New York. – ricorda – Mi applaudirono con un sorriso abbozzato, stampato sulle labbra, e mi liquidarono con un ‘avanti un altro’”.
La storia diede ragione a Jacobstein. E ora, a margine del SingularityU Italy Summit, un appuntamento costato alle aziende quasi 2mila euro per dipendente e che nonostante tutto ha registrato 900 paganti, con calma serafica, afferma che siamo all’inizio di una nuova imponente rivoluzione che attraverserà tutti i settori del business. E che probabilmente farà altre vittime tra coloro che non saranno pronte ad adeguarsi. Perché l’intelligenza artificiale avrà mille impatti diversi. “Già oggi le nuove tecnologie hanno messo in crisi i giornali, il mondo dell’editoria ha risentito di realtà come Amazon. Numerose catene alberghiere a causa di portali come Airbnb hanno più difficoltà a riempire le camere. – ricorda Jacobstein – Uber è riuscito a procurare dei danni ai tassisti di mezzo mondo e cosa succederà quando l’auto senza conducente invaderà le nostre strade?”.
Ma un altro esempio di questa trasformazione arriva dalle stampanti 3D. Tu invii un disegno e loro ti producono un oggetto. Sullo spazio sono già arrivate e consentono agli astronauti di costruire pezzi di ricambio da utilizzare in casi di guasto sulla base spaziale, senza aspettare che arrivino dalla Terra. Come potranno, queste stampanti, cambiare domani il commercio mondiale e quante compagnie di navi portacontainer, che oggi portano oggetti prodotti in un continente in un altro, risentiranno del dilagare di tecnologie così dirompenti? Che fine faranno fra trent’anni i grandi centri adibiti alla logistica, che danno lavoro a centinaia di persone, quando magari ognuno di noi avrà una sua stampante a casa?
Più che pronostici certi quelli del professore della Singularity University sono interrogativi a cui chi governa il mondo deve dare una risposta. E in parte di queste trasformazioni si sta discutendo questa settimana a Torino durante il G7 dell’industria. “Il modo in cui ci trasformeremo, dipenderà da come vorremo cambiare, da quali limiti ci porremo”, commenta Jacobstein. Un esempio? “L’intelligenza artificiale fra trent’anni, se lo si volesse, potrebbe sostituire del tutto l’essere umano in una grande quantità di lavori. Il punto è: lo vogliamo davvero? E se sì, in che modo si potrà mantenere la stabilità sociale?”.
Già fra cinque anni, secondo il professore, numerosi posti di lavoro saranno spazzati via. “Nasceranno nuove figure, ma non in numero equivalente. I posti a disposizione saranno molti di meno”, afferma. A suo dire così, c’è un’unica soluzione possibile. Già ipotizzata anche dal patron di Microsoft, Bill Gates: “Il reddito universale. – conclude – Il governo dovrà usare la ricchezza creata dall’intelligenza artificiale e redistribuirla a chi perde il lavoro”.