DI
CARLO BERTANI
Tutti sappiamo che l’Europa ci frega, ma non immaginiamo fino a che punto la truffa è raffinata. Oh, certo, sì…paghiamo con un euro di debito una banca, per la quale, se quella moneta vale 10 centesimi è già tutto grasso che cola. Anche una banconota da 500 euro costa pressappoco qualche centesimo, ma il guadagno è maggiore: se, poi, è denaro elettronico…puf! Non costa niente. E ti sei indebitato per il valore nominale.
Un sistema come questo, però, richiede che la gente ci creda, che non possa farne a meno, che abbia paura se taglia i legami con la banca strozzina. Per fare questo, ci vogliono fior di politici e di giornalisti: e chi paga? Sempre noi, paghiamo anche le fruste dei nostri aguzzini. Mai dato uno sguardo ai bilanci dell’UE?
L’UE è “prodiga e trasparente”, quando si tratta mostrare quanto sono buoni ed onesti con noi, salvo che – come in ogni gioco di un prestigiatore – il trucco c’è, ma non si vede. E non parlo d’ingegneria finanziaria: è più semplice, ma efficientissimo.
Vediamo, anzitutto, quanto versano e ricevono i vari Paesi, annualmente, all/dall’UE, considerando che una parte viene restituita sotto forma di finanziamenti:
Ogni anno (dati 2015) la “tassa” che l’Italia paga per rimanere nell’UE è di circa 14-15 miliardi di euro (1) mentre quelli che ci ritornano sono circa 12-13. Così, adesso abbiamo ben cinque livelli di tassazione: Europa, Stato italiano, Regioni, Province (ora “Enti di vasta area”) e Comuni: una bella zuppa, non c’è che dire.
Perché, se l’Italia è un Paese in “gravi difficoltà” per quanto riguarda il debito pubblico, non riceve più di quanto dà? La Grecia, difatti, e nel novero dei “riceventi” come, del resto, l’Estonia che non ha – praticamente – debito pubblico. Mistero. Chissà, poi, perché la Spagna riceve parecchio di più rispetto a quanto versa…insomma, è un guazzabuglio senza senso, dove sembra che più dei dati oggettivi – di bilancio o di bisogno – contino di più appoggi ed alleanze con Paesi potenti.
Un altro aspetto è che – con un paio di eccezioni – tutti i Paesi dell’area euro sono a saldo negativo, mentre i Paesi fuori dall’euro sono a saldo positivo: la Polonia, ad esempio, riceve 9 miliardi in più di quanto versa, (l’ammontare del RdC tanto contestato all’Italia), che insieme alla Grecia non ha mai avuto un serio assegno di disoccupazione, quale il RdC è. Si vede che il detto “se lo conosci lo eviti”, riferito all’euro, si è fatto strada e…devono far vedere che sono prodighi!
Ci piacerebbe anche sapere come mai il signor Juncker s’arrabbia così tanto per l’Italia quando il suo Paese – che è un paradiso fiscale nel bel mezzo dell’Europa – versa pochissimo: eh già…i lussemburghesi sono pochi ed il PIL è scarso…in compenso, i bilanci delle banche sono astronomici…
Tutti i Paesi a forte penetrazione economica tedesca (soprattutto industriale) sono a saldo positivo: così è anche per la Spagna, dove i capitali germanici hanno investito in lungo ed in largo.
Ma…ciò che riceviamo? Sono pur sempre una dozzina di miliarduzzi…
Vediamo come l’UE li ripartisce per aree economiche (2):
L’UE riceve, complessivamente, circa 155 miliardi l’anno dagli Stati membri però i bilanci sono settennali. Perché? Forse un “ricordo” dei piani quinquennali sovietici? Mistero.
Ciò che più è importante è notare la ripartizione del bilancio di previsione 2014-2020, che supera la fantasmagorica cifra di 1.000 miliardi di euro e che aumenta ogni anno di 4 miliardi. Beati loro: lo sanciscono per editto, come gli imperatori del Sacro Romano Impero.
Curiosità (ma non troppo) l’UE spende – ogni anno – circa 4 miliardi in compensi, cioè stipendi. Riteniamo che, nella cifra, ci siano sia i politici che i burocrati…oppure i secondi sono pagati con i 10 miliardi annui dell’amministrazione? E Global Europe, cos’è? Sono più di 9 miliardi annui spesi per l’immagine dell’UE nel mondo e per le spese conseguenti: un bel mistero, visto che l’UE non ha un’unica politica estera e non è nemmeno un’entità statuale, federale o confederale. E allora?
Rimangono pochi spiccioli – circa 2,5 miliardi l’anno – per sicurezza e cittadinanza e ben 20 miliardi l’anno per crescita e lavoro.
Ma veniamo alle due ripartizioni principali, che sono, rispettivamente, la prima più legata agli aspetti industriali (Coesione…ecc) e la seconda all’agricoltura, che si “beccano” la prima circa 50 miliardi l’anno e la seconda addirittura circa 60 miliardi tondi tondi l’anno.
Cosa ci fanno?
Beh, se notate (3) la sfilza di finanziamenti a fondo perduto capite subito che si tratta di soldi dati a soggetti pubblici od altri grandi investitori privati. L’Europa, ai piccoli imprenditori o, comunque, a qualcuno che non abbia dietro “consistenti” appoggi politici, non dà una mazza. Due brevi esempi:
Due ragazze avevano deciso d’avviare un’attività legata al loro territorio (Langa), ossia una stalla dove allevare capre per fare formaggi caprini: ci sono riuscite – e adesso vendono le loro formaggette – ma le hanno aiutate le loro famiglie. Pur bussando più volte a molte porte, non hanno ottenuto nulla dalla “grande” Europa.
Nella seconda fui coinvolto personalmente.
L’idea, partita da una parrocchia, era quella di creare una cooperativa fra ex carcerati che si occupasse di restauro ligneo: fui interpellato come esperto del settore (provengo da una famiglia d’antiquari) insieme ad un amico restauratore. Credevamo, essendo le uniche persone esperte, di dirigere la struttura ma non era così: la direzione generale della struttura era affidata ad un “diacono” che nessuno conosceva. Incontrai questo “diacono”, m’offrì una grappa e mi disse “tanto è inutile che voi pretendiate la direzione, perché “noi” riceveremo i fondi europei, voi mai.” Bevvi d’un sorso la grappa e lo salutai. A mai più.
Quella enorme massa di denaro (4) che viene elargita per vari “progetti” non è altro che una colossale regalia al potere politico di una nazione, allo scopo di garantirsi la fedeltà assoluta ai dettami europei.
I mille capannoni abbandonati, cosa furono? Altrettante tangenti o, comunque, “provvigioni” ottenute da “progetti” che erano inconsistenti, privi d’utilità economico-sociale, buoni solo per finanziare questo o quello, europeisti convinti, ovvio.
Infine, c’è la bella favola del Fondo Sociale Europeo – il quale, per sua definizione, potrebbe essere usato anche per il RdC – ma no, non s’ha da fare. Perché? Perché la gestione del FSE era delle Regioni, poi delle Province…e adesso? Sono i famigerati “centri per l’impiego”, ossia posti dove una miriade di burocrati s’affannano per farti credere che il lavoro si troverà…a patto di fare quel certo corso d’aggiornamento, tenuto dal luminare universitario, pagato profumatamente…mediante il quale magari ti daranno anche un punteggio. E, tu, mangiaci col punteggio. Mentre loro sono i veri destinatari del FSE: erano la base elettorale dei partiti che prima erano al governo e che temono un’affermazione dei sovranisti alle prossime elezioni europee. Finisce la pacchia? Vedremo.
Un bilancio europeo siffatto serve soltanto ad un trasferimento di denaro, che passa dai fondi pubblici alle tasche private: difatti, l’Europa è il continente che più esporta capitali nei paradisi fiscali (Isole Cayman, ecc), come dimostra il grafico (5):
Ben 2600 miliardi di dollari! Pronti, all’evenienza, ad acquistare stock di debito pubblico di un certo Paese, oppure a venderli: così si ottiene il controllo di un continente, mediante lo spread ed il tipico atteggiamento dei cravattari.
Del resto, cosa ci si può aspettare da un uomo (Juncker) che ha promosso l’elusione fiscale per le grandi aziende, nel suo Paese e nel resto d’Europa, documentata da un’inchiesta di ben 80 giornalisti di 26 Paesi, ed un processo nel quale i giudici (lussemburghesi) hanno condannato…i giornalisti che avevano indagato!
Ora, torniamo a noi ed a quel famoso 2,4% che ha fatto infuriare Juncker: una nazione, pesantemente indebitata (come quasi tutti i grandi Paesi Europei), decide – dopo anni d’inconcludenti restrizioni economiche – di provare la via keynesiana, ossia di fornire risorse alle fasce più deboli della popolazione affinché, visto che quei soldi finiranno spesi per necessità (e non alle Cayman!), si possa innalzare la crescita e, in questo modo, ridurre il rapporto debito/PIL.
E’ un tentativo plausibile? L’alternativa? Continuare in ristrettezze con il debito che sempre aumenta?
Crediamo che Juncker sia arrabbiato, perché loro campano proprio sul debito altrui, come gli usurai: se qual debito non ci fosse, si dovrebbe inventarlo!
Però, c’è un però. Per la prima volta sono giunti al potere partiti anti-europeisti: non tanto per principio, quanto per la miseria che è diventata questa Europa, che va sempre peggio, nella quale l’Indice di Gini (la disuguaglianza sociale) è sempre in aumento, nella quale in ogni Paese s’avvertono solo “necessità di tagliare”, via welfare, via scuole, via ospedali…
Il guaio è che è capitato in un grande Paese: l’Italia. Al punto che, se si dovesse giungere ad uno scontro veramente duro, quel Paese potrebbe sottoporre ai suoi elettori un referendum consultivo (come per il referendum consultivo per l’adesione, nel 1989) e decidere, vista l’impossibilità di rimanere insieme, d’andarsene. E sarebbe la fine dell’Unione Europea.
Alcuni burocrati Europei l’hanno capito (Moscovici, ad esempio, più “morbido”) mentre Juncker – che non è un gran politico, la sua formazione è prevalentemente economica – sembra non volerlo capire. Alle prossime elezioni europee lo capirà: coraggio, Juncker, non è mai troppo tardi!
NOTE
(1) https://www.truenumbers.it/quanto-versa-italia-europa/
(2) https://www.truenumbers.it/budget-europeo/
(3) http://www.contributieuropa.com/v3/store/veditutti.asp
(4) https://www.ilsole24ore.com/impresa-e-territori/fondi-europei.shtml