a cura
del dott. Roberto Gava
In questi giorni siamo bombardati da messaggi di grande allarme sanitario … ma quanto c’è di vero in tutto questo?
Un detto latino insegna che “Veritas filia temporis”, cioè la verità è figlia del suo tempo e se le cose stanno come sembra, si potrebbe dire che oggi la verità c’è, ma si trova in forte minoranza a causa di molte notizie che la alterano e talvolta la soffocano.
Forse uno dei motivi potrebbe essere che lo scopo primo e ultimo nella diffusione delle notizie talvolta non è quello di dire la verità, ma di fare notizia, di ottenere consensi, di portare acqua al proprio mulino, di avere in ogni caso un guadagno personale (economico, politico, di prestigio, di potere o di qualsiasi altro tipo … purché ci sia un guadagno).
Alla luce di questa premessa possiamo allora cercare di interpretare i fatti di questa attuale e tanto pubblicizzata infezione da Coronavirus.
Cosa dice la scienza sui Coronavirus
I Coronavirus sono una grande famiglia di virus respiratori a filamento singolo di RNA a senso positivo. Possiedono un diametro di circa 80-160 nm (1 nanometro è un milionesimo di millimetro e il loro genoma è tra i più lunghi dei virus a RNA (conta circa 30.000 basi azotate).
Il nome “coronavirus” deriva dal loro aspetto al microscopio elettronico, dove le proteine a forma bulbosa poste sulla loro superficie esterna creano una immagine di corona. Queste proteine sono proprio quelle che permettono al virus di attaccarsi alla membrana cellulare delle cellule che poi infetteranno, penetrando al loro interno e obbligando la cellula a codificare il loro RNA, le proteine dell’involucro e quindi il virus intero che poi uscirà dalla cellula per infettare altre cellule e così via (1).
I Coronavirus sono responsabili di patologie in mammiferi e uccelli, nei quali provocano diarrea (mucche e maiali) o malattie delle vie respiratorie (polli).
Nell’uomo provocano infezioni respiratorie, spesso di lieve entità come il raffreddore comune, ma in qualche caso possono causare polmoniti virali non gravi (i comuni Coronavirus sono responsabili di circa il 20% di tutte le polmoniti virali). Come è accaduto con altri virus, anche alcuni Coronavirus specifici degli animali possono fare un “salto di specie” e passare all’uomo causando allora polmoniti gravi e occasionalmente potenzialmente letali (la gravità della patologia dipende dal fatto che se il virus è nuovo il nostro organismo non lo conosce perché non è mai venuto a contatto con lui, non sa difendersi e subisce l’attacco che diventa particolarmente violento e pericoloso nei soggetti immunologicamente deboli o immunodepressi).
Oggi conosciamo 7 Coronavirus umani. I primi 4 dell’elenco seguente sono molto comuni (sono detti anche “virus del raffreddore”) e sono stati identificati negli anni ’60, mentre gli ultimi 3 sono stati identificati in questi ultimissimi anni:
- Human Coronavirus 229E (Coronavirus alpha).
- Human Coronavirus NL63 (Coronavirus alpha).
- Human Coronavirus OC43 (Coronavirus beta).
- Human Coronavirus HKU1 (Coronavirus beta).
- SARS-CoV (Coronavirus beta che ha causato la Severe Acute Respiratory Syndrome del 2002, epidemia partita dalla Cina che ha infettato circa 8.100 persone tra le quali ha provocato una mortalità del 9,5%)
- MERS-CoV (Coronavirus beta che ha causato la Middle East Respiratory Syndrome del 2012, epidemia partita dall’Arabia Saudita che ha infettato circa 2.500 persone tra le quali ha provocato una mortalità del 35%).
- Wuhan-nCoV (nuovo Coronavirus del 2019 che ha causato la polmonite di Wuhan del 2019-2020, epidemia partita dalla Cina e che probabilmente infetterà alcune decine di migliaia di persone tra le quali sta provocando una mortalità stimata finora del 3%).
Il Wuhan-nCoV è stato denominato “nuovo coronavirus” perché è un nuovo ceppo di Coronavirus che non è mai stato precedentemente identificato nell’uomo. Il virus è associato a un focolaio di casi di polmonite registrati a partire dal 31 dicembre 2019 nella città di Wuhan (Cina centrale). Sembra, ma non è certo, che la maggior parte dei casi abbia avuto inizialmente un legame epidemiologico con il mercato di Huanan Seafood (Cina meridionale), un mercato all’ingrosso di frutti di mare e animali vivi.
I sintomi dell’infezione da Coronavirus
I sintomi più comuni nell’uomo sono rappresentati da: malessere, astenia, dolori muscolari, raffreddore, cefalea, febbre, faringite, tosse e dispnea. Nei casi più gravi l’infezione può causare polmonite, insufficienza renale e raramente la morte (2).
I sintomi più pericolosi interessano ovviamente le persone immunologicamente molto deboli come quelle che hanno già una patologia cronica importante, specie se polmonare (bronchite cronica, bronchiectasie) o cardiocircolatoria (scompenso cardiaco, coronaropatie gravi, fibrillazione atriale) o metabolica (diabete mellito scompensato) oppure oncologica avanzata, specie se interessa età estreme (neonati o anziani).
Come si trasmette l’infezione
I Coronavirus umani si trasmettono da una persona infetta a un’altra principalmente attraverso il contatto diretto con la saliva, i colpi di tosse e gli starnuti (bisogna trovarsi entro un raggio di 1-2 metri), ma forse (scrivo forse perché non è stato ancora accertato) anche attraverso un contatto diretto con le mucose oro-nasali o la mano di un malato (il malato ha facilmente le mani contaminate perché è facile che si tocchi il naso o se le metta davanti la bocca quando tossisce e sternutisce) (3). Ovviamente, in quest’ultimo caso chi è stato toccato dalla una mano di un malato è a rischio di ammalarsi solo se si mette la mano in bocca o se si tocca le mucose nasali o congiuntivali.
Un malato può diffondere i virus durante i sintomi della malattia, ma, come per tutte le virosi, lo può fare anche 2-3 giorni prima della manifestazione clinica dei sintomi e quindi prima che si scopra che è realmente ammalato.
Prevenzione del contagio
Prima di tutto va detto che i virus non vivono e non si riproducono al di fuori di un essere vivente (uomo o animale), ma possono sopravvivere un po’ di tempo all’esterno (si ritiene che il Coronavirus non possa sopravvivere più di 30-60 minuti fuori dell’ospite).
La vera prevenzione del contagio dipende dalla probabilità che le persone possano avere di entrare in contatto con virus emessi da soggetti malati. Ovviamente da noi questo pericolo attualmente non esiste e dato che l’incubazione di questo virus è di circa 3-15 giorni, grazie alle norme nazionali di controllo e di protezione, per l’Italia tale rischio sarà verosimilmente nullo a partire dal 15 febbraio 2020, a patto che non vengano registrati numerosi casi confermati di patologia nel nostro Paese (per esempio a causa di viaggiatori che sono partiti dalla Cina e che hanno fatto scalo aereo in qualche nazione prima di giungere in Italia, dato che vengono controllati solo i viaggi provenienti direttamente dalla Cina, ma non su chi fa scalo).
In ogni caso, le norme di prevenzione del contagio sono le stesse che valgono per tutti i virus (4, 5, 6) e che qui cercherò di riassumere:
Cosa deve fare una persona sana per non ammalarsi
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Evitare contatti diretti o ravvicinati (meno di 1-2 metri) con persone malate o con sintomi respiratori come quelli suddetti o anche semplicemente con le persone a rischio di malattia (le persone a rischio sono quelle che negli ultimi quindici giorni si sono recate nelle zone coinvolte dall’epidemia o che sono state in contatto con persone malate).
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Lavarsi spesso le mani con acqua e sapone per almeno 20 secondi o con soluzioni antisettiche (a tale proposito considerare che se un malato ha toccato il rubinetto dove noi ci laveremo le mani, dopo che ci saremo lavati noi lo ritoccheremo e ci infetteremo … Quindi, lavarsi le mani dove si è da poco tempo lavato un malato può facilitare il contagio invece di ostacolarlo).
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Evitare di toccarsi gli occhi, il naso o la bocca con mani non lavate (ovviamente se le mani hanno toccato persone od oggetti contaminati).
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Proteggere i propri naso e bocca con una mascherina chirurgica o comunque con qualcosa che possa essere una barriera meccanica all’entrata del virus nel proprio corpo,solo nel caso di una reale epidemia (quella attuale per ora non è reale per noi) o andando a contatto con persone ammalate di patologie respiratorie o sospette per esserlo.
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Proteggere le mani utilizzando guanti usa e getta.
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Evitare assembramenti dove ci sono casi di malattia.
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Non viaggiare verso Paesi ad elevata prevalenza di malattia.
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Ridurre al massimo le azioni immunosquilibranti (come gli stress e le sostanze inquinanti volontarie e involontarie) e incentivare le azioni immunorinforzanti (come tenere un corretto stile di vita e assumere eventuali integratori).
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Integrare l’alimentazione con alcuni nutrienti essenziali per il nostro organismo e/o con alcuni nutraceutici indicati dal proprio medico di famiglia.
Cosa fare in caso di contagio
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Restare in casa.
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Starnutire o tossire in un fazzoletto o sul gomito a braccio flesso (in modo da non contaminare né l’ambiente e meno che si può le proprie mani).
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Non toccarsi il naso e la bocca con le mani.
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Utilizzare una mascherina chirurgica e gettare i fazzoletti utilizzati in un cestino che deve essere chiuso immediatamente dopo l’uso.
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Lavare ed eventualmente disinfettare (ove possibile) oggetti e superfici che possono essere stati contaminati.
Cosa non ha senso fare
Per chiudere il capitolo delle prevenzioni vanno anche ricordate le azioni prive di significato che quindi non vanno compiute:
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Non ha senso evitare di recarsi in ristoranti cinesi o asiatici, sia perché nel nostro Paese non c’è alcun pericolo di epidemia da Coronavirus, sia perché questo virus non si trasmette per via alimentare, sia perché in Europa è vietata l’importazione di animali vivi o di carne cruda dalla Cina.
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Non ha senso evitare persone originarie dalla Cina che vivono in Italia da anni e quindi neppure i bambini cinesi che frequentano le nostre scuole (il contagio è teoricamente possibile solo con persone che si sono recate nelle zone coinvolte dall’epidemia negli ultimi quindici giorni o che sono state in contatto con persone malate).
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Non ha senso evitare gli acquisti o disinfettare gli oggetti prodotti in Cina, perché non possono essere vettori di infezione (l’infezione è possibile solo per contatto diretto malato-sano).
La terapia per le infezioni da virus
Non esistono trattamenti specifici per le infezioni causate dai Coronavirus e ovviamente non sono disponibili, al momento, vaccini per proteggersi dal virus.
In ogni caso, va ricordato che la maggioranza delle persone infettate dai Coronavirus guarisce da sola.
A tale proposito mi permetto di aprire una parentesi sulla febbre.
Quando compare una sindrome influenzale nel senso più allargato del termine, pare che la preoccupazione oggi più diffusa sia quella di abbassare la temperatura.
Questo è un grave errore che può non solo allungare i tempi di malattia, ma in alcuni casi aumentare anche il rischio di complicazioni e addirittura di morte. Gli Autori di uno studio canadese del 2014 hanno infatti concluso suggerendo che, nel complesso, in una influenza stagionale la soppressione della febbre aumenta il numero previsto di casi di influenza e di decessi negli Stati Uniti del 5% (IC al 95%: 0,2-12,1%) (7).
Non dobbiamo infatti dimenticare che la febbre è un nostro importantissimo meccanismo di difesa estremamente utile:
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sia per uccidere i germi (tutti i virus e i batteri sono termosensibili e un aumento di temperatura da 37°C a 38°C può ridurre la moltiplicazione virale per più del 90% e poco sopra i 39°C blocca la crescita di qualsiasi virus);
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sia per stimolare le difese immunitarie dell’organismo, cioè quelle capaci di confinare, combattere e uccidere qualsiasi germe patogeno.
L’utilizzo invece degli antipiretici (paracetamolo) o comunque di un qualsiasi antiinfiammatorio non steroideo (FANS), come ci ricorda anche il Dr. Donzelli (8), facilita la trasmissione delle comuni infezioni da germi, perché blocca l’aumento della temperatura e tutti i benefici meccanismi di infiammazione che l’organismo attiva nella sede dell’infezione per bloccare e uccidere i germi (9).
Pertanto, non è corretto abbassare troppo presto la temperatura, ma bisogna permettere, se non ci sono controindicazioni particolari e se il soggetto la sopporta adeguatamente, che la febbre scenda spontaneamente dato che questo è il segnale che l’organismo si è immunologicamente rinforzato e che sta vincendo la sua battaglia contro la crescita dei germi.
Eventualmente, si può intervenire farmacologicamente con un antipiretico dopo 1-3 giorni di febbre se l’organismo dimostra di non tollerarla o la persona è affetta da qualche patologia preesistente (ovviamente tutte queste scelte vanno concordate con il medico di famiglia).
Non dimentichiamo però che, come per tutte le infezioni virali, gli antibiotici non servono, ma possono essere prescritti in caso di sovrainfezione batterica, cioè ad esempio nel caso si instauri una complicazione bronchitica o polmonare non virale.
Di grande utilità nelle infezioni virali sono sempre anche:
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il riposo a letto,
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un po’ di digiuno il primo giorno sostituendo il cibo solido con una abbondante idratazione dolcificata con miele.
Bibliografia
1 – https://www.biorxiv.org/content/10.1101/2020.01.22.914952v2
2 – https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(20)30183-5/fulltext
3 – https://www.cdc.gov/coronavirus/2019-ncov/about/transmission.html
4 – https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/
5 – https://www.who.int/news-room/detail/30-01-2020-statement-on-the-second-meeting-of-the-international-health-regulations-(2005)-emergency-committee-regarding-the-outbreak-of-novel-coronavirus-(2019-ncov)
6 – https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21735402
7 – https://royalsocietypublishing.org/doi/pdf/10.1098/rspb.2013.2570
8 – https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/
9 – Gava, R. La Medicina che vorrei. Librisalus.it, 2019.