Valori delle azioni delle società biotech moltiplicati per tre, cinque, venti da marzo ad oggi: il business del vaccino anti Covid vale potenzialmente centinaia di miliardi. Meno spettacolare, per ora, l’impatto sui ricavi dei colossi che pagano la diminuzione delle altre prescrizioni. Intanto i governi non badano a spese per assicurarsi il futuro “antidoto”
di
Mauro Del Corno
Triste dirlo ma il Covid è, anche, una macchina da soldi. Nella corsa, tanto forsennata da diventare pericolosa, allo sviluppo di un vaccino, le puntate salgono di giorno in giorno. E le quotazioni di chi è in prima linea volano. Il valore della biotech statunitense Moderna è ad esempio quasi quadruplicato negli ultimi 6 mesi. Per intenderci, chi avesse investito 1.000 euro a marzo e vendesse oggi se ne troverebbe in tasca poco meno di 4mila. Sorte simile per altre società impegnati nella ricerca anti Covid. Il titolo di Translate bio, dopo la firma un accordo da 400 milioni di dollari con il colosso francese Sanofi (potrebbero salire fino a 2 miliardi), è schizzato del 50%. In altri casi si fa direttamente shopping. Un mese fa la stessa Sanofi ha acquistato per 3,6 miliardi in contanti la statunitense Principia Biopharma, mentre il gigante statunitense Johnson & Johnson ha staccato un assegno da 6,5 miliardi di dollari per accaparrarsi Momenta Pharmaceuticals, altra biotech a stelle e strisce.
Insieme alle società tecnologiche, le aziende farmaceutiche sono le uniche che, in questo cupo 2020, hanno dato qualche gioia, e qualche bonifico a sei cifre, alle banche d’affari che si occupano di fusioni e acquisizione. La corsa ad accaparrarsi società relativamente piccole che operano sulla linea della frontiera tecnologica deriva anche dal fatto che la strada scelta per lo sviluppo della “antidoto al covid” è diversa da quella percorsa abitualmente per creare un vaccino. Scadenze pressanti hanno infatti indotto a puntare sulle tecniche di ingegneria genetica. Vale la pena ricordare che, purtroppo, è tutt’altro che scontata una rapida messa a punto del vaccino. La “famiglia Sars”, di cui il Covid19 è solo l’ultimo nato, si è dimostrata particolarmente ostica per chi cerca di neutralizzala. Ma la speranza, e la politica, muovono i miliardi.
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Tutte le nicchie “baciate” dalla pandemia – Scorrendo ancora la lista delle performances di borsa da capogiro, è quintuplicato il valore di Inovio pharamaceuticals. La superstar rimane però la statunitense Novavax che a inizio anno valeva 93 milioni di dollari e oggi capitalizza più di 6 miliardi. C’è la Regeneron pharmaceuticals, altra casa americana, con valore raddoppiato in un anno e guizzato verso l’alto in poche ore subito dopo che si è saputo che con i suoi farmaci è stato curato il presidente Usa Donald Trump. E ancora….il valore delle azioni della britannica AstraZeneca, che sta sviluppando un vaccino con i laboratori dell’università di Oxford, è cresciuto da marzo del 25% circa. Vaccino ma non solo: la svizzera Roche ha visto il suo valore aumentare di 27 miliardi negli ultimi mesi, sia in quanto produttrice di test per il virus, sia perché la sua controllata giapponese Chugai realizza un farmaco utilizzato per attenuare gli effetti del Covid sui pazienti più gravi. L’anglo francese Novacyt ha visto raddoppiare il suo valore nel giro di un mese e in particolare dopo aver siglato un accordo da 150 milioni di sterline ( 165 mln di euro) con il governo britannico per la fornitura di attrezzature per i test Covid. A fine gennaio, prima che iniziassero le riconversioni di linee produttive e stabilimenti di tutto il mondo, erano volati verso l’alto i titoli dei produttori di mascherine e apparecchi per la ventilazione. Certo, poi ci sono i bruschi alti e bassi di giornata legati al continuo flusso di news sui vaccini, ma nel complesso la tendenza è esplosiva.
La doppia faccia della pandemia sui conti dei big – Meno spettacolare, per ora, l’impatto sui ricavi dei colossi farmaceutici i cui bilanci sono già di per sé imponenti e quindi si muovono più lentamente. Gli incassi delle divisioni farmaceutiche stanno salendo ma nei conti complessivi vengono spesso “oscurati” da altre voci. Come nel caso della tedesca Bayer che ha presentato conti i flessione a causa delle perdite sui fertilizzanti, il cui utilizzo è diminuito durante il lockdown. Nel secondo trimestre del 2020 i ricavi di Johnson & Johnson sono scesi dell’8% ma la sola divisione farmaceutica ha visto gli incassi aumentare di quasi il 4%. La multinazionale svizzera, maggiormente focalizzata sulla sola farmaceutica, ha registrato una perdita di ricavi dell’1%. Per chi produce farmaci il rovescio della medaglia della pandemia è che rallentano visite, cure e prescrizioni per altre patologie.
I governi hanno però intanto iniziato a stanziare miliardi su miliardi per assicurarsi prima e presto le forniture di vaccino, se e quando arriverà. L’Unione europea fa tintinnare 7,5 miliardi di euro ma singoli paesi, tra cui l’Italia, stanno preparando anche budget propri. La Casa Bianca sta facendo piovere dollari: 1,2 miliardi ad AstraZeneca, 480 milioni a Moderna, 1,6 a Novavax, quasi 2 a Pfizer e alla tedesca BioNTech che lavorano insieme sul vaccino. Non si tratta tanto di puntare sul singolo cavallo vincente. E’ probabile che alla fine vedranno la luce più vaccini e visto il fabbisogno su scala globale, le casse si riempiranno per tutti. Indicativamente il costo di un singolo trattamento potrebbe oscillare tra i 30 e i 40 euro. Moltiplicate per qualche miliardo….