di
Fulvio Grimaldi
Quello che a noi arriva dai comunicatori (non chiamiamoli giornalisti) e commentatori è tutto fondato su quanto l’apparato del regime di Kiev fa sapere a inviati asserragliati nei loro hotel, lontani da qualsiasi azione sul campo, che quindi, rinunciando al mestiere nobilissimo dell’inviato di guerra, fanno da camera dell’eco alla propaganda di regime. Con, peraltro, piena soddisfazione dei rilanciatori a casa. Una guerra, resa invisibile a chi la dovrebbe documentare e ne mostra solo foto di repertorio, quando non ricorre a vecchi videogiochi per raccontare una “pioggia di missili”, fornisce convincenti motivi, specie a chi ha esperienza in proposito, per dubitarne.
Tanto più che delle immagini, invisibili, di atrocità, distruzioni e morti subite, non ne scorre traccia sui nostri schermi, mentre dell’unica guerra che si sa in corso, ma che viene totalmente ignorata, è quella dei resistenti nel Donbass, da otto anni sotto attacco e ora soccorsi da unità russe. Che forze russe intervengano in difesa di una popolazione aggredita da reparti dichiaratamente nazisti, colonna portante anche dell’assetto istituzionale dell’Ucraina, rivelerebbe qualche buona ragione per “l’invasione russa” del criminale dittatore Putin.
In virtù di quanto i grandi strateghi globali intimano al cliente Zelinsky di comunicare, si sono a tal punto invertiti attori, cause, e obiettivi del confronto USA, NATO, UE con la Russia, da assolvere i regimi UE da ogni reato di violazione della norma internazionale, che vieta l’export di armi a Stati in azione belligerante. Con la conseguenza di fare in modo che l’UE e i governi europei riversano le terrificanti conseguenze economiche e sociali della manovra sui propri popoli. Alla loro insaputa di quanto succede e perché.
Avendo potuto riferire dal luogo degli accadimenti bellici, a cui nessuna “dittatura” mi ha mai impedito l’accesso e il lavoro, né in Iraq, né in Libia, né in Siria, né in Irlanda del Nord, né ovunque, ho anche lunga esperienza di come operano certi colleghi occidentali giustamente definiti “embedded” e poi “presstitute”, che ora ritrovo in Ucraina, a fare il giro dei loro alberghi.
LA VOCE DELL’ALTRO NON DEVE ESSERE SENTITA.
A creare questa situazione è indispensabile silenziare ogni voce dissenziente e, subito subito, quella del “nemico”. A Belgrado, nei primi giorni dei bombardamenti del 1999, vidi radere al suolo il centro della TV di Stato, con dentro 17 tra giornalisti e tecnici. Stessa cosa a Baghdad nel 2003, in Libia e Siria nel 2011. E l’idea che in Occidente, o almeno in quell euro-atlantista, hanno della democrazie e del pluralismo delle voci.
Bombardare a Mosca la TASS, sarebbe eccessivo e anche imbarazzante. E allora, davanti al cattivo esempio di Putin, che lascia in vita giornali e canali di opposizione critici del regime, ma “indipendenti” grazie a mezzi spesso assicurati dalla Open Society di Soros, o dalla National Endowment for Democracy (che ospita nel retrobottega la CIA), si procede a mozzare la lingua (e a tappare a noi occhi e orecchie) di chi dice altro. Ieri un’Ursula von der Leyen raggiante, che in Ucraina favorisce gli eredi dei suoi connazionali che hanno fatto Marzabotto, ha dato la notizia che in Europa vanno silenziati e chiusi le due fonti d’informazione russe, Sputnik e RT. Media che, fino a ieri, ci mantenevano in ambito democratico dandoci la loro versione dei fatti dell’Ucraina e del mondo.
Già infantilizzati a dovere dall’informazione e dai diktat pandemici, a noi non spetta la facoltà di discriminare tra verità del rispettivo nostro Ministero e l’odiosa propaganda e disinformazione dei russi.
Magari i comunicati del governo russo e delle sue forze armate potranno contenere elementi di propaganda, quando ci dicono che non è mai stato colpito un obiettivo civile e che i bombardamenti hanno distrutto fino a ieri solo 1.146 infrastrutture militari (posti di controllo e comunicazione, carri armati, aerei ed elicotteri, difese antiaeree, lanciamissili, artiglieria di campagna, missili e radar). Riferiscono anche dell’avanzata di alcuni chilometri.delle forze delle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk. Notizie che potrebbero risultare imbarazzanti per la narrazione ucraina dell’eroica resistenza, strada per strada, dei soldati e del sacrificio di civili, donne e bambini, che nessuno, neanche con un cellulare riesce a riprendere. E’ che è dunque pericoloso far conoscere a dei bambini.
Ognuno creda quel che vuole, ma una guerra c’è, già c’era dal 2014, l’altra si racconta. Quello che non si racconta, se non in bisbigli angosciati, è quanto i salvatori dell’Ucraina ci faranno pagare il loro buoncuore in termini di paura, fame, degrado. E l’emergenza? Non è mica anche per tutto questo che viene prolungata a fine anno? Il virus non gli è bastato. Anzi, gli ha aperto la strada.
E la Costituzione che lo vieta? La Costi…che?