Durante la guerra contro l’Afghanistan scatenata con l’attentato dell’11 settembre, il presidente Bush (noto petroliere texano) era socio della famiglia saudita Bin Laden (entrambi membri del CDA del gruppo Carlyle che guadagnò cifre stellari sul riarmo USA). Lo stesso tipo di imbarazzante intreccio tra presidente USA e società coinvolte nel conflitto ucraino riguarda il nostro Joe Biden. I rapporti d’affari della sua famiglia con il gas e il petrolio di Kiev hanno origini lontane e rischiarono di fargli perdere le elezioni per la Casa Bianca. Nel corso della presidenza americana di Barack Obama infatti (dal 2009 al 2017), il braccio destro con una “delega” sulla politica internazionale era proprio lui, Joe Biden. Giuse a Kiev nel febbraio 2014, subito dopo il golpe pro USA che fece ricadere la colpa della strage di piazza Maidan sul governo filorusso mentre a sparare sulla folla erano stati i cecchini georgiani ingaggiati dal governo Obama.
All’ombra del golpe ucraino esiste anche uno scandaloso giro d’affari che riguarda da vicino Hunter Biden, il figlio del nostro popolarissimo Joe. In famiglia Hunter era sempre stato considerato la “pecora nera” e nel 2014 fu congedato dai riservisti della Marina per essere stato beccato positivo alla cocaina. Hunter Biden non aveva grandi prospettive in casa ma grazie alla sua laurea in legge trovò “fortuna” nella consulenza.
Nell’aprile 2014 la Burisma Holdings, (la maggiore compagnia energetica dell’Ucraina per gas e petrolio), assunse per una consulenza l’esimio Hunter Biden che oltre a sniffare la magica polvere bianca, non aveva alcuna competenza specifica in materia. Da quel momento quindi, l’azienda si affidò ai saggi consigli del figlio del vicepresidente degli Stati Uniti, la più grande democrazia del mondo che appena può ne esporta un po’ all’estero, anche se ogni tanto deve sganciare qualche bombetta o organizzare dei colpi di Stato.
Viste le sue “ineguagliabili doti cognitive e la sua grande esperienza sul campo”, Hunter Biden fu assunto con uno stipendio dorato di 50mila dollari al mese e in quegli stessi mesi in cui lui era consulente, papà Joe stava proseguendo “disinteressatamente” la politica americana volta a far riprendere il possesso da parte dell’Ucraina delle zone del Donbass (ora divenute Repubbliche riconosciute dalla Russia). Per “puro caso” insomma, la zona di Donespt a maggioranza etnica russa è stata bombardata dal governo golpista ucraino per 8 anni di fila con l’omertà dei media che non si sono scandalizzati neppure di fronte all’orribile strage di Odessa (gli oppositori vennero richiusi in un edificio a cui poi diedero fuoco). Sempre per “puro caso” il Donespt è ricco di giacimenti di gas finiti nel mirino della Burisma Holdings. Una politica internazionale intrecciata a quella economica che ha fatto storcere il naso anche ai media americani in quegli anni. L’Ucraina-gate scoppiò nel 2020 ma le indagini sul conflitto d’interessi della umanitaria famiglia Biden erano già state insabbiate poiché gli Stati Uniti hanno preteso e ottenuto da Petro Poroshenko il “riassetto” della Procura Generale di Kiev: nel 2016, Kasko, Sakvarelidze, e Shokin, sono stati rimossi dall’ufficio della Procura Generale per volontà di papà Biden e Petro Poroshenko (presidente dell’Ucraina fino al 2019).
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