DI

MAURO BOTTARELLI
rischiocalcalcolato.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tic tac, tic tac… No, non si tratta di caramelle ma del conto alla rovescia che è cominciato per l’Argentina. Fitch ha infatti tagliato il rating di lungo termine di Buenos Aires da B a CC, cinque gradini di downgrade e abbassato quello di breve termine a C da B, un solo notch dal default. A pesare, ovviamente, la sentenza del Tribunale distrettuale di Manhattan che ha obbligato l’Argentina a pagare entro il 15 dicembre un miliardo e 300 milioni di dollari dovuti agli hedge funds che non sottoscrissero la ristrutturazione del debito del 2002.
Se l’Argentina non paga, si bloccano anche i pagamenti delle scadenze dei bonds ristrutturati e si arriva al default tecnico ma se paga in pieno gli hedge funds, si faranno avanti anche gli altri detentori di debito per ottenere immediato pagamento, un esborso da 11 miliardi di dollari.
Nella nota che ha accompagnato il downgrade, Fitch ha sottolineato anche . Per ora sia Standard&Poor’s che Moody’s, sembrano voler mantenere i loro rating sull’Argentina – entrambi cinque gradini al di sopra del default – ma la mossa di Fitch potrebbe accelerare un cambio di idea. E offrire una sponda non da poco alla sentenza newyorchese e agli hedge funds.
Mauro Bottarelli
Fonte: www.rischiocalcolato.it
Link: http://www.rischiocalcolato.it/2012/11/tic-tac-tic-tac-fitch-declassa-il-rating-argentino-a-un-solo-notch-dal-default.html
28.11.2012
TORNA LA MINACCIA DEGLI AVVOLTOI
Riemerge lo spettro del default. Per un Paese, il primo e l’unico al mondo dove il crollo del debito sovrano sotto i colpi della finanza mondiale, ha visto una risposta positiva del nuovo governo che, rinegoziando il debito, ha superato la crisi con l’intervento dello stato in economia e nel sociale. Ora un giudice di New York ha sentenziato: il 15 dicembre Buenos Aires deve pagare per intero gli speculatori che non hanno rinegoziato.
Le previsioni dicono che il 15 dicembre (*) una tempesta finanziaria si abbatterà sull’Argentina da cui ne potrebbe risultare un default tecnico del paese. Non è facile capire come sia possibile che una delle economie emergenti, con una crescita media del Prodotto interno lordo del 8% nell’ultimo decennio possa all’improvviso ricadere in fallimento. Invece il rischio esiste e il nemico si chiama fondi avvoltoio.
La sentenza di Thomas Griesa, giudice di New York, riporta l’Argentina sotto la stretta della speculazione finanziaria.
La sovranità nel mondo globale
Il confronto è tra la legittimità dello Stato nazione e i diritti dei fondi avvoltoio che, attraverso un tribunale di New York, chiedono il pagamento di titoli scaduti. Quali titoli? Quelli di coloro che non sono entrati nel concordato fallimentare per la ristrutturazione del debito. Dopo il fallimento del 2001, l’Argentina, alla fine di un lungo processo, si è accordata con i bonisti per ristrutturare il debito, con la conseguente cessazione del fallimento. Gli argentini che avevano depositi bancari in dollari, praticamente tutti, si sono trovati pesos al posto dei dollari, quindi hanno perso 2/3 dei loro risparmi perché il cambio col dollaro da 1peso=1U$A il giorno dopo fu di 3pesos=1U$A. Sembra una misura suicida e lo è stato per il governo De la Rua, ma perché è stata presa? Senza altre possibilità, il governo aveva sequestrato i dollari dai conti correnti privati per pagare una tranche del debito estero in scadenza.
Fu crisi politica, caduta del governo, occupazione del parlamento, attacchi alle banche, assalto ai supermercati, l’inizio di una sommossa infinita. Insieme alla disfatta economica e politica del paese, questo crollo segnò il fallimento del modello del Fondo Monetario Internazionale che aveva applaudito a più riprese il rigore nell’applicazione delle proprie ricette.
Nel corso degli anni ’90, la spirale del debito estero era salita portando gli interessi a livelli impossibili, attraendo "investitori" di azzardo e alcuni ignari del pericolo di un tasso di interesse intorno 15% annuo. L’Argentina era arrivata alla fine della cura prescritta dal Consenso di Washington: aveva privatizzato, svenduto il patrimonio dello Stato e abbassato le tariffe doganali. Dopo quattro anni in cui si susseguivano la chiusura delle fabbriche e la disoccupazione si allargava in tutto il tessuto sociale, lentamente il risparmio di generazioni si esaurì e l’economia arrivò ad un punto morto. L’Argentina era un libero mercato dove ormai non si vendeva più niente.
In queste condizioni di insolvenza ogni debito era una pretesa insostenibile. Da lì in poi il governo ha stabilito che la svalutazione di 2/3 sarebbe stata la misura della ristrutturazione del debito e a tutti i creditori gli è stata applicata la stessa misura. Il 93% di chi era in possesso di titoli argentini si è finalmente accontentato per un ridimensionamento dei loro crediti Se non si dava un minimo di respiro per tentare una ripresa economica del paese non sarebbero riusciti ad avere indietro nemmeno questo. L’accordo fu per il posticipo delle scadenze, la ristrutturazione del debito e il riconoscimento della competenza dei tribunali internazionali in caso di contenzioso. Il 7% rimanente restò con un pezzo di carta senza valore reale. È qui che arrivarono i fondi avvoltoi acquistando per poche monete i loro titoli e cominciando battaglie legali in vari tribunali del mondo.
Il primo fallimento
L’Argentina segnò il primo fallimento sovrano dell’era neoliberista. Da allora anche uno Stato nazione può fallire, può dichiarare di non essere in grado di pagare i suoi creditori, ma anche può concordare i termini per una ristrutturazione del debito. Sono passati più di 10 anni è l’Argentina oggi si è recuperata ed è tra le prime economie emergenti.
Da allora fino ad oggi la sua economia è cresciuta ad un tasso medio del 8% annuo. Un miracolo? No. Dal 2003 l’Argentina ha deciso di voltare pagina alle ricette del Fondo monetario internazionale e l’economia finanziaria.
Lo Stato è ritornato ad avere un ruolo in economia, ha acquistato aziende pubbliche che erano state privatizzate e ha rivisto i contrati con le altre. I governi hanno concentrato le sue forze per la ricostruzione dell’economia reale e stabilito limiti e controlli all’economia finanziaria e agenzie internazionali di rating. Inoltre ha ristabilito la centralità delle politiche sociali con pensioni universali, assegno per figlio in età scolare, crediti, opere pubbliche, investimento in educazione e salute. Qualche settimana fa, il 14 novembre, un rapporto della Banca mondiale ha riconosciuto che tra il 2003 e il 2009 la classe media argentina si era duplicata, era passata da 23 al 46% della popolazione: da 9,3 milioni di abitanti a 18,6 milioni. Il risultato più importante della regione seguito dal Brasile e l’Uruguay. Sempre secondo la Banca mondiale, l’Argentina è il paese di America Latina che più ha ridotto il coefficiente di «Gini», cioè quello che più ha diminuito la distanza tra ricchi e poveri.
I fondi avvoltoi rappresentano i nuclei più agguerriti e potenti della speculazione globale, riguardo alla loro attività, il nome è abbastanza eloquente. Ora vogliono punire questo successo e vogliono mettere in difficoltà il processo di pagamento dei titoli argentini in scadenza di coloro che hanno concordato con lo Stato un rifinanziamento del debito.
Il giudice Thomas Griesa di New York ha sentenziato che il 15 dicembre, coloro che non hanno accettato i termini del rifinanziamento devono essere pagati per intero, la quota di capitale, più tutti gli interessi. Il giudice ha chiesto di più di quanto facevano gli stessi avvocati degli «avvoltoi». La sentenza mette in seria difficoltà il governo argentino che proprio il 15 dicembre deve onorare il debito del 93% di detentori di titoli che hanno accettato la proposta di rinegoziazione. Il giudice Griesa ha dichiarato che se l’Argentina non paga ai fondi avvoltoio il 15, bloccherà anche il pagamento dei 93% che hanno rinegoziato. Quindi l’Argentina potrebbe, di fatto, entrare in default tecnico, in quanto non pagherebbe alla scadenza quanto era stato pattuito.
Cambalache o mano invisibile
Che il mondo fosse in mano all’economia finanziaria non è una novità, ma mai uno Stato sovrano era stato portato davanti ad un tribunale di un altro paese in aperta revoca delle sue leggi. La legittimità nella giurisdizione dello stato di diritto è messa a dura prova. Lunedì scorso, 26 novembre, l’Argentina ha presentato un ricorso davanti al tribunale di New York chiedendo la revisione della sentenza e la sospensione dei termini fino a sentenza definitiva. Qualche settimana fa questi gruppi finanziari avevano sequestrato la Fragata Libertà, ancora ferma nel porto di Ghana in violazione dei patti internazionali sui beni suscettibili di embargo (vedi il manifesto 19.10.2012).
L’avvertimento
La sentenza del giudice Griesa è anche un duro avvertimento a tutti i paesi che in un momento di crisi globale si trovano in difficoltà, molti altri rischiano di fare la stessa sorte. Adottare politiche di rigore che non accettano rimettere in discussione i termini e il monto del debito di un paese vicino al fallimento potrebbe essere, se passa questa sentenza, la politica consigliata. Del resto, sarebbe sciocco accettare la ristrutturazione del debito quando si può ottenere tutto.
Per loro l’economia reale e la società contano poco. La follia della economia finanziaria è alla guida delle principali economie del mondo, non possiamo aspettarci nulla di buono. Tra l’altro è stato ammesso anche da loro.
Non bisogna dimenticare che alla retrospettiva sull’andamento dell’economia mondiale, Olivier Blanchard, l’economista capo del Fmi, ha dichiarato che i mercati di fronte alle politiche di austerity e di risanamento dei conti pubblici hanno un comportamento «schizofrenico». È vero che l’andamento del mercato è altalenante, si parla quotidianamente di fluttuazioni, ma ci hanno insegnato che lasciarci guidare dal mercato sarebbe stato un atteggiamento saggio.
Ora invece ci confermano che in realtà la nostra guida, quella cieca e invisibile è gravemente malata di schizofrenia.

Claudio Tognonato
Fonte: www.ilmanifesto.it
Link: http://www.ilmanifesto.it/area-abbonati/in-edicola/manip2n1/20121129/manip2pg/08/manip2pz/332413/