Remedios, una donna di Malaga, separata, con due bambini di 9 e 5 anni, per evitare lo sfratto e pagare il mutuo voleva vendere il suo organo “non per meno di 30 o 40 mila euro”. Ma almeno lei ha ottenuto un colloquio di lavoro. “La crisi e la politiche di austerità hanno aumentato il tasso di impoverimento al 26,8 per cento della popolazione” dice una sindacalista

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Silvia Ragusa 

Il Fatto Quotidiano

Crisi Spagna, giovani disoccupati e poveri tentano di vendere organi online

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“Vendo mi riñón para pagar la hipoteca”. (Vendo rene per pagare il mutuo). L’annuncio pubblicato su Internet ricorda quasi quella libbra di carne che il mercante di Venezia doveva a Shylock. Ma questa non è certo l’opera di Shakespeare. È la tragedia di Remedios, una donna di Malaga, separata, con due bambini di 9 e 5 anni. Disoccupata da due anni, riceve un sussidio di 426 euro al mese, 350 dei quali servono solo a pagare la rata del mutuo e un prestito di 5mila euro, contratto per evitare lo sfratto. Da qui la decisione di vendere un organo “non per meno di 30 o 40 mila euro”, ha precisato ai giornalisti che l’avevano rintracciata.

Il fatto è che in Spagna, e soprattutto in Andalusia, la crisi c’è, nonostante le previsioni ottimistiche del premier Mariano Rajoy o la visione “fantástica” del presidente del Santader Emilio Botín: “Stanno arrivando soldi stranieri da tutte le parti”, diceva pochi giorni fa a New York. Perché se da una parte i dati finanziari sembrano migliorare, dall’altra disoccupazione, povertà, morosità,crollo dei salari e del consumo peggiorano di giorno in giorno. Tanto da spingere gli spagnoli senza lavoro e con passivi sempre più onerosi da affrontare a mettere in vendita perfino gli organi. Una libbra di carne, appunto.

In poche ore il messaggio di Reme – così la chiamano gli amici – ha fatto il giro del web ed è finito sulle prime pagine dei quotidiani. Ma fino a poche ore fa, sul portale Milanuncios.com, se ne trovavano parecchi molto simili. Negli ultimi tre mesi – il più recente pubblicato giovedì scorso – una quindicina: messaggi postati da persone disposte a “vendere” o “donare” un rene in cambio di aiuti economici, con tanto di numero di telefono.

C’erano giovani che avevano appena compiuto vent’anni, uomini che avevano bisogno di soldi in contanti per metter su un’attività, e ultra cinquantenni senza lavoro o indebitati con le banche. “Non fumatore né bevitore, senza alcun tipo di malattia”, scrivevano in molti. Uno, poi, chiedeva 30mila euro per un suo rene e 60mila euro per un pezzo di fegato.

“La crisi e la politiche di austerità hanno aumentato il tasso di impoverimento al 26,8 per cento della popolazione. Cioè una persona su quattro vive a rischio povertà nel nostro Paese”, spiega Paloma López, segretaria del Lavoro della confederazione sindacale Comisiones Obreras. Il sindacato ha elaborato pochi giorni fa una proposta con l’obiettivo di istituire un reddito minimo garantito per le persone in difficoltà. Perché “non tutti soffrono le conseguenze della crisi allo stesso modo”, continua Paloma López. “La forbice tra ricchi e poveri si allarga e l’impoverimento generale dei cittadini è in aumento. Il governo non ascolta le proposte di certe organizzazioni su come, per esempio, penalizzare i datori di lavoro che non pagano i contributi. Nemmeno a parlare poi di quali misure prendere per fermare la frode fiscale o come un aumento dei salari possa contribuire al rilancio economico”. Insomma i continui tagli non portano da nessuna parte. Anzi “sono la causa di questi atti estremi”, conclude López.

Intanto la storia di Reme, raccontata dal quotidiano locale Elcorreo.com, è stata denunciata dall’Organización Nacional de Transplantes alla brigata per i delitti informatici della Guardia Civil. Tre giorni dopo i gestori hanno rimosso tutti gli annunci dalla pagina web, mentre la polizia postale spagnola cancellava messaggi dello stesso tenore su altri siti affini. Qualcuno però è rimasto ancora. Immortalato nei blog o nei giornali online.

“Si vende rene per motivi economici. Prezzo da valutare. Spese cliniche a carico dell’acquirente. Tutto con contratto. Non fumo, non bevo, no droghe. Totalmente sano. Urgente”. Questo, ad esempio, era il post di Juan José. A lui di violare la legge spagnola, che punisce la compravendita di organi con pene che vanno fino a 12 anni di reclusione, non importa granché. “Non sapevo fosse illegale e nella situazione in cui mi trovo non mi interessa. Prima di tutto c’è la mia famiglia”, spiega. Insieme a sua moglie e ai suoi tre figli, tutti disoccupati, sopravvive con circa 1000 euro. “Ho già perso la casa e l’auto, e adesso sono costretto a vivere in affitto”, aggiunge.

La maggior parte degli annunci online non specificavano il prezzo della vendita degli organi. Ma Rubén, ad esempio, non avrebbe immaginato di farlo per meno di 30mila euro. Anche lui, 31 anni appena compiuti, aveva scritto su Milanuncios.com. “Non ho casa. Un giorno dormo sotto un tetto, se riesco, e il giorno dopo per strada”, racconta. Dice di essere disoccupato da due anni, di avere una compagna e una bambina piccola, motivo per cui ha pensato di vendersi “un rene, il fegato o la qualunque”, così come si leggeva sul sito di annunci. Assicura di avere la licenza di idraulico e installatore di impianti termici e di aver lavorato come libero professionista, ma che non riesce più a trovare uno straccio di occupazione. Così come una coppia di 52 e 48 anni che, a cambio di una risarcimento economico urgente, voleva donare insieme un rene e il midollo osseo.

Oggi Remedios avrà forse un lieto fine: in questi giorni farà un colloquio di lavoro in un negozio di materassi di Malaga. Gli altri, invece, rimarranno solo sporadici annunci sul web.

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