DI

MICHAEL KRIEGER

 

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Tratto dall’articolo di Nick Turse pubblicato sull’ Huffington Post: “The Golden Age of Black Ops”:

Durante l’anno fiscale che si è concluso il 30 Settembre 2014, le “U.S. Special Operations Forces” (SOF, Forze Statunitensi per le Operazioni Speciali) sono state dispiegate in 133 paesi (circa il 70% di tutte le nazioni del mondo), secondo il Ten. Col. Robert Bockholt, un Ufficiale dello “U.S. Special Operations Command” (SOCOM, Comando delle Operazioni Speciali) addetto alle relazioni pubbliche.

Questo a conclusione di un periodo di tre anni in cui le “forze d’elite” statunitensi sono state attive in più di 150 paesi, effettuando operazioni che andavano dalle semplici esercitazioni a raids notturni veri e propri. E questo in corso potrebbe essere un anno record.

Il giorno precedente il raid fallito conclusosi con la morte di Luke Somers [2] – ovvero in solo 66 giorni dall’inizio dell’esercizio fiscale 2015 – le “truppe d’elite” americane avevano già messo piede in 105 nazioni, circa l’80% del totale del 2014.

Nonostante il suo scopo e le sue dimensioni, questa “guerra globale segreta”, seppur condotta in gran parte del pianeta, è sconosciuta alla maggior parte degli americani … “Vogliamo essere dappertutto”, ha detto il Generale Joseph L. Votel al Simposio GeoInt [il meeting annuale fra dirigenti addetti alla sorveglianza e personale militare].

In realtà, a parte le poche informazioni divulgate attraverso la copertura altamente selettiva dei media militari, le fughe di notizie sia dalla Casa Bianca che da membri dei SEALs con qualcosa da vendere [3], qualche informazione proveniente da giornalisti faziosi, specializzati nella pubblicazione di notizie ingannevoli, quasi tutto di quello che viene fatto dagli “operatori speciali” americani non è mai sottoposto ad alcun esame significativo, facendo crescere la possibilità sia di imprevedibili contraccolpi che di conseguenze catastrofiche.

“Il Comando è giunto allo zenit assoluto. E’ davvero un periodo d’oro per le operazioni speciali”. Sono state queste le parole pronunciate dal Generale dell’Esercito J.L. Votel III – laureato a West Point e Army Ranger [4] – quando ha assunto il comando del SOCOM, lo scorso mese di Agosto.

E non crediate che sia tutto. Come risultato della spinta dell’Ammiraglio W.H. McRaven [ha preceduto il Generale J.L. Votel nel Comando del SOCOM], volta alla creazione di “una rete globale di SOF, costituita da alleati e partners affini”, nelle 14 principali Ambasciate Americane sono stati incorporati degli ufficiali di collegamento per le “Operazioni Speciali”, ovvero i SOLO’s [Senior Officer Legal Orientation], per fornire consigli alle “forze speciali” delle nazioni alleate.

Già operativo in Australia, Brasile, Canada, Colombia, El Salvador, Francia, Israele, Italia, Giordania, Kenya, Polonia, Perù, Turchia e Regno Unito, il programma SOLO, secondo J.L. Votel, è pronto ad espandersi, entro il 2019, in 40 paesi. Il Comando, e soprattutto il JSOC [Joint Special Operations Command], ha forgiato legami molto stretti anche con, tra gli altri, la Central Intelligence Agency [CIA], il Federal Bureau of Investigation [FBI] ed infine la National Security Agency.

La portata globale del SOCOM si estende ben oltre questo punto, attraverso elementi più piccoli e agili che operano nell’ombra, da basi che sono poste sia negli Stati Uniti che in luoghi remoti del sud-est asiatico … dagli avamposti in Medio Oriente agli spogli campi-profughi in Africa.

A partire dal 2002, il SOCOM è stato autorizzato a creare anche delle proprie task-forces congiunte [forze di pronto intervento], una prerogativa normalmente riservata a Comandi Operativi più grandi, come ad esempio il CENTCOM [5].

Si può portare ad esempio il “Joint Special Operations Task Force-Philippines” [JSOTF-P] che, al suo apice, impegnava circa 600 americani a sostegno delle operazioni di contro-terrorismo degli alleati filippini contro gruppi di insorti, come ad esempio Abu Sayyaf [6]. Dopo più di un decennio passato a combattere questo gruppo terroristico, le sue dimensioni sono state ridotte, ma continua ad essere attivo e la violenza nella regione è rimasta pressoché inalterata.

Ma anche l’Africa è diventata nei fatti uno dei luoghi principali per le oscure missioni segrete degli “operatori speciali” americani. “Questa particolare unità ha fatto delle cose impressionanti. Che si tratti di Europa o di Africa, state tutti contribuendo in modo significativo a superare una serie di contingenze”. Questo è ciò che il Comandante del SOCOM, Generale J.L. Votel, ha detto ai membri del “352nd Special Operations Group”, lo scorso Autunno presso la loro base in Inghilterra.

Una “Special Ops” clandestina di addestramento, in Libia, è implosa quando alcune milizie “terroriste” hanno fatto irruzione per ben due volte nel suo campo, sorvegliato da militari libici, saccheggiando grandi quantità di apparecchiature high-tech americane, centinaia di armi leggere – tra le quali pistole Glock, e fucili M4 – così come dispositivi per la visione notturna e dei particolari laser che possono essere visti solo con tali apparecchiature. La missione, conseguentemente, è stata auto-affondata e il campo è stato abbandonato. E’ stato poi occupato da una milizia.

Nel Febbraio dello scorso anno le “truppe d’elite” hanno operato in Niger per effettuare un’esercitazione militare di 3 settimane, come parte dell’operazione “Flintlock 2014”, l’esercitazione anti-terroristica annuale delle “Special Ops”, che ha riunito le forze della nazione ospitante e quelle di Canada, Ciad, Francia, Mauritania, Paesi Bassi, Nigeria, Senegal, Regno Unito e Burkina Faso.

Alcuni mesi dopo aver ricevuto un addestramento anti-terroristico negli Stati Uniti (nel 2012), sotto gli auspici della “SOCOM’s Joint Special Operations University”, un Ufficiale del Burkina Faso ha preso il potere attraverso un “colpo di stato”. Le “forze speciali” che erano presenti restarono del tutto indifferenti.

Alla fine dello scorso anno, sotto gli auspici del “SOC FWD West Africa”, membri del 5° Battaglione, il 19° Special Forces Group, hanno contribuito all’addestramento delle “truppe d’elite” marocchine in una base poco al di fuori di Marrakech.

Tuttavia, il dispiegamento delle “forze speciali” presso alcune nazioni africane ha contribuito solo in parte alla rapida crescita all’estero del SOCOM. Negli ultimi giorni della presidenza Bush, sotto l’allora Comandante del SOCOM, Ammiraglio Eric Olson, le “forze speciali” erano dispiegate in circa 60 paesi. Al termine del 2010 questo numero era già salito a 75, secondo Karen DeYoung e Greg Jaffe del Washington Post.

Nel 2011 il portavoce del SOCOM, Colonnello Tim Nye, ha dichiarato a TomDispatch [sito di contro-informazione molto conosciuto in America] che questo totale avrebbe raggiunto le 120 unità entro la fine dell’anno. Con l’Ammiraglio W.H. McRaven, in carica nel 2013, l’allora Maggiore Robert Bockholt dichiarò a TomDispatch che questo numero era salito a 134. Nel 2014, sotto il comando di W.H. McRaven e J.L. Votel, il totale è diminuito di un’unità (133).

Il Segretario alla Difesa uscente Chuck Hagel, tuttavia, ha osservato che sotto il comando di W.H. McRaven (Agosto 2011 – Agosto 2014) le “forze speciali” erano state schierate in più di 150 paesi. “Il SOCOM e tutti i militari degli Stati Uniti sono impegnati a livello internazionale più che mai – in numerose località e nell’ambito di un’ampia varietà di missioni”, egli ha dichiarato nell’Agosto del 2014.

Il SOCOM ha rifiutato di commentare la natura delle sue missioni, o i vantaggi che si prefigge di ottenere operando in così tante nazioni. Il Comando si è rifiutato di fare il nome finanche di un solo singolo paese dove, nel corso degli ultimi 3 anni, sono state dispiegate le “forze speciali” degli Stati Uniti.

Tuttavia, una sola occhiata ad alcune di quelle operazioni, esercitazioni e attività che sono comunque venute alla luce, dipinge il quadro di un Comando piuttosto giramondo, presente con le sue alleanze in ogni angolo del pianeta.

Nel mese di Settembre circa 1.200 “operatori speciali” americani, con il loro personale di supporto, si sono uniti alle “truppe d’elite” di Olanda, Repubblica Ceca, Finlandia, Gran Bretagna, Lituania, Norvegia, Polonia, Svezia, Slovenia per l’esercitazione Jackal Stone, che si è concentrata su tutto, dai combattimenti ravvicinati alle tattiche per l’utilizzo dei cecchini, dalle piccole operazioni navali a missioni per il salvataggio degli ostaggi.

Per i Comandanti americani delle “Black Ops” il mondo è tanto più instabile quanto più è interconnesso: “Vi garantisco che quello che succede in America Latina influisce su ciò che accade in Africa Occidentale, che a sua volta interessa ciò che accade nell’Europa Meridionale e a seguire nel Sud-Ovest Asiatico”, ha dichiarato W.H. McRaven nello scorso Geolnt.

La loro soluzione per combattere l’instabilità? Più missioni in più nazioni – ed in effetti ne sono state effettuate in più dei 3/4 dei paesi del mondo, durante il mandato di W.H. McRaven. Ed il numero sembra destinato a salire ancora di più negli anni a venire.

“Vogliamo essere ovunque”, ha detto J.L. Votel al Geolnt, e le sue forze sono già sulla buona strada, in questo inizio del 2015. “La nostra nazione ha aspettative molto alte riguardo il SOF – egli ha dichiarato agli “operatori speciali” in Inghilterra, lo scorso Autunno – ( … ) si rivolgono a noi per effettuare missioni molto dure in condizioni molto difficili”. La natura e la sorte della maggior parte di queste “dure missioni”, tuttavia, restano sconosciute agli americani.

E J.L. Votel, a quanto pare, non è minimamente interessato a far luce su di esse. “Mi dispiace ma … no!”, fu la risposta del SOCOM alla richiesta di TomDispatch per un colloquio con il Comandante delle “operazioni speciali”, al riguardo sia delle operazioni in corso che di quelle future. Ma il Comando ha rifiutato di mettere a disposizione anche una qualsiasi altra persona per discutere su quello che sta facendo in nome dell’America e con i dollari dei contribuenti. Non è difficile indovinarne il motivo.

Attraverso un’abile combinazione di spavalderia e di segretezza, di ragionate fughe di informazioni e di un mix intelligente di marketing e pubbliche relazioni, coltivando abilmente la mistica del superman (con una qualche fragilità dovuta giusto ad un po’ di tortura) ed attraverso qualche assassinio mirato, estremamente popolare e di alto profilo [come ad esempio quello, seppur presunto, di Osama Bin Laden], le “forze speciali” sono diventate il beniamino della cultura popolare americana, ed il Comando vince regolarmente e di conseguenza tutte le battaglie sul bilancio, condotte a pugni nudi a Washington.

Tutto ciò è particolarmente evidente, se si considera quello che è realmente accaduto sul campo: in Africa sono state armate ed equipaggiate alcune milizie, ed è stato “formato” un leader golpista; in Iraq le “forze d’elite” americane sono implicate in casi di tortura, nella distruzione delle abitazioni civili e nell’uccisione o ferimento di vittime innocenti; in Afghanistan c’è stata una storia simile, con ripetute segnalazioni riguardo l’uccisione di civili innocenti; nello Yemen, in Pakistan e in Somalia ci sono state più o meno le stesse cose. E tutto questo non è che una minima parte degli abusi fatti delle “forze speciali”.

Quindi, non solo il popolo americano non ha alcuna idea di cosa stia succedendo, ma quello che sta succedendo finisce spesso in un disastro, come si può leggere qui sotto:

Dopo più di un decennio di guerre segrete, di sorveglianza di massa e di un numero imprecisato di raids notturni – ma anche di detenzioni illegali e di omicidi, per non parlare dei miliardi e miliardi di dollari che sono stati spesi – i risultati parlano da soli. Le dimensioni del SOCOM sono più che raddoppiate, mentre il segretissimo JSOC potrebbe essere diventato quasi più grande dello stesso SOCOM nel 2001.

Dal Settembre di quell’anno [2001], sono sorti 36 nuovi gruppi terroristici con le loro propaggini e i loro alleati – tra cui i multipli in franchising di al-Qaeda. Questi gruppi terroristici sono ancora operativi in Afghanistan e in Pakistan – ci sono 5 affiliati ufficialmente riconosciuti nel primo, e ben 11 nel secondo – così come nel Mali e in Tunisia, in Libia e Marocco, in Nigeria e Somalia, in Libano e nello Yemen, ma non solo.

Una propaggine di questi gruppi terroristici è nata come conseguenza dell’invasione americana dell’Iraq, si è alimentata nei campi di prigionia statunitensi e ora, conosciuta come “Stato islamico” [ISIS], controlla una larga fascia sia di quel paese che della Siria. Un proto-califfato nel cuore del Medio Oriente, nel 2001, era solo un sogno per gli jihadisti.

Questo gruppo, da solo, ha una forza stimata in circa 30.000 miliziani ed è riuscito a conquistare una gran parte del territorio iracheno e anche la sua seconda città, pur essendo stato incessantemente preso di mira dal JSOC, fin dai suoi inizi.

“Abbiamo bisogno di continuare a sincronizzare il dispiegamento delle SOF in tutto il mondo”, ha sostenuto J.L. Votel. “Abbiamo tutti bisogno di prepararci, sincronizzarci e coordinarci attraverso il Comando”.

Ad esser lasciati fuori dalla sincronizzazione sono gli americani, tenuti costantemente all’oscuro sia delle attività delle “forze speciali” che dei luoghi dove stanno avendo luogo – per non parlare dei risultati piuttosto oscuri e delle conseguenze involontarie di tutto quello che hanno fatto.

Ma se la storia è una guida, i blackouts delle “Black Ops” contribuiranno a garantire che i nostri anni continuino ad essere l’età dell’oro per le “U.S. Special Operations Command”.

 

Michael Krieger

Fonte:  http://libertyblitzkrieg.com

LINK

Fonte versione italiana: comedonchisciotte.org , autore della traduzione FRANCO

Fra parentesi tonda ( … ) le note dell’Autore, fra parentesi quadra [ … ] quelle del Traduttore, ed inoltre:          

[1] Le “black operations” (black ops) sono delle operazioni segrete che possono essere intraprese da un governo, da un’agenzia governativa oppure da un’organizzazione militare. Oltre ad essere clandestine, implicano anche delle azioni illegali (o al limite della legalità) che non sono quasi mai imputabili all’organizzazione che le ha realmente effettuate.

[2] Luke Somers è il giornalista americano catturato e tenuto in ostaggio nello Yemen, insieme ad un cittadino sudafricano, da parte di persone facenti parte dell’organizzazione locale di Al Quaida. Il 6 Dicembre 2014 il tentativo di liberarlo, attraverso un blitz delle Forze Speciali statunitensi, è fallito, con la morte di entrambi gli ostaggi.

[3] Membri dei Navy Seal, forze speciali della Marina Militare degli Stati Uniti

[4]   Per saperne di più si possono consultare i siti: http://it.wikipedia.org/wiki/West_Point_%28New_York%29 e http://en.wikipedia.org/wiki/United_States_Army_Rangers

[5] Il CENT.COM. è responsabile degli interessi statunitensi in 20 paesi, dal Golfo Arabico all’Asia Centrale.

[6] Abu Sayyaf, conosciuto anche come al-Harakat al-Islamiyya, è un gruppo paramilitare di separatisti islamici, con base in alcune isole a sud delle Filippine dove, da quasi 30 anni, diversi gruppi musulmani sono insorti contro lo Stato (di ispirazione cattolica) delle Filippine.