Di

Stephen Lendman

 

BIS-dark

Quando investire diventa gioco d’azzardo, c’è sempre una brutta fine. Il prossimo crollo del debito potrebbe far sembrare quello del 2008-2009 una bazzecola. I dati della Bank of International Settlements (BIS) mostrano 700 trilioni di dollari in derivati nel mondo.

Insieme ai credit default swaps e altri strumenti esotici, il valore totale dei derivati è di circa 1.5 quadrilioni di dollari – circa il 20% in più che nel 2008, oltre ogni immaginazione, impossibile da controllare se ci fosse un problema imprevisto.

Il vecchio Bob Chapman l’aveva previsto. Allo stesso modo Paul Craig Roberts. Potrebbe facilmente “distruggere la civiltà occidentale”, secondo quest’ultimo. La deregolamentazione della finanza ha trasformato Wall Street in un casinò senza regole tranne quella di far soldi. Siamo in attesa di un fallimento catastrofico. È solo questione di tempo.

Ellen Brown definisce “il casinò dei derivati un ultimo estremo tentativo di creare uno schema piramidale privato” – che piano piano resta schiacciato dal suo stesso peso.

Per anni, Warren Buffet ha definito i derivati “bombe ad orologeria finanziarie” – per le economie e per la gente comune.

Nonostante i collaterali garantiti, il loro valore dipende dalla solvibilità delle controparti. I guadagni sui derivati sono “selvaggiamente sopravvalutati”, spiega Buffett – perché “sono basati su stime, la cui imprecisione potrebbe non rivelarsi per anni”.

Quando i boss chiedono ai loro dirigenti finanziari i profitti di ogni trimestre, loro, in risposta, chiedono quanto vogliono che siano, poi se è necessario modificano i numeri.

Dal 2008, le banche troppo grandi per fallire, si sono consolidate come non mai. Sono centri di potere politico-finanziari che controllano le economie del mondo a loro tornaconto.

L’unica speranza della civiltà è di spazzarli via – smantellarle in piccoli, impotenti pezzi, o idealmente rimettendo i soldi nelle tasche pubbliche a cui appartengono.

È troppo importante essere controllate privatamente. I predatori finanziari intrappolano le nazioni piccole o deboli in schiavi indebitati insolventi come la Grecia, li dissanguano, e fanno regredire le nazioni sviluppate in paludi distopiche – mentre loro diventano sempre più ricchi e più potenti di fronte ad un sistema corrotto che si sta distruggendo, decimando miliardi di persone in una miseria peggiore di quella in cui già stanno.

Gli editori del Washington Post sostengono ciò che va deprecato. Non preoccupatevi, siate felici, dicono. Il 23 luglio, hanno titolato “La posizione della Fed su banche e capitali è sensata”.

Uno studente medio di economia ne capisce di più. La Fed, controllata, posseduta e mossa da Wall Street, è il problema, non la soluzione. Gli interessi del denaro comprano i politici facilmente. Fanno leggi che aiutano gli affari, convincendo il Congresso a passarle in cambio di generosi contributi elettorali e altri favori speciali.

Il sistema economico-finanziario statunitense è un castello di carte pronto a crollare. Ma non secondo gli editori del Washington Post.

“Il sistema finanziario statunitense ha fatto significativi passi avanti verso l’essere meno influenzato dal bailout” la polvere che si appoggia sulla crisi del 2008-2009, dicono.

“Le grandi banche sono molto meglio capitalizzate che dieci anni fa” – abbastanza da “sopportare (un’altra) Grande Recessione”.

L’origine: l’ultimo “stress test” eseguito dalla Fed (a libro paga di Wall Street), reso pubblico in Marzo – ignorando la mostruosa bomba ad orologeria di derivati che li schiaccia tutti a fondo insieme all’intero sistema finanziario.

Gli editori del Washington Post sostengono i troppo grandi per fallire. Loro promuovono le cosiddette “economie di scala e il maggior soft power della politica estera statunitense.”

Verso la fine del suo secondo mandato Bill Clinton ha firmato una legge che abrogava la Glass-Steagall (Il Gremm-Leach-Bliley Act del 1999 – che ha permesso di fondere le banche assicurative, d’investimento e commerciali) e il Commodity Future Modernization Act (che permetteva uno scambio non controllato di qualsiasi bene e derivati).

Si protrae una cultura da casinò del “comunque vada”. Quando le controparti non hanno fondi per ripagare se richiesto, le bolle iniziano a sgonfiarsi. È solo una questione di tempo prima che l’attuale mania del mercato finisca.

Stephen Lendman vive a Chicago. Può essere contattato a endmanstephen@sbcglobal.net. Il suo ultimo libro si intitola “Flashpoint in Ukarine: US Drive for Hegemony Risks WWIII”n http://www.claritypress.com/LendmanIII.html.  Il suo blog è sjlendman.blogspot.com

Fonte: http://www.globalresearch.ca/

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Fonte versione italiana: comedonchisciotte.org, traduttore: FA RANCO