di
Giampiero Venturi
Si moltiplicano le voci su un intervento diretto delle forze armate di Turchia e Arabia Saudita in territorio siriano. Dei bombardamenti dell’artiglieria di Ankara abbiamo dato testimonianza diretta nella regione di Latakia, a ridosso del confine ottomano (vedi reportage). Sui piani di un’effettiva invasione terrestre, il discorso è più complesso.
In questo momento per tutte le parti vale il principio che se la guerra finisse, per ambire a successi negoziali servirebbero risultati sul terreno. Questo al netto del fatto che il governo di Damasco non ha nessuna intenzione di mollare l’osso e di scendere a patti con i terroristi. Non solo. Secondo quanto dichiarato giorni fa da Walid al-Moallem, ministro degli Esteri di Damasco “le truppe di terra straniere che entreranno in Siria torneranno a casa nelle bare”.
Nonostante l’ammasso di truppe al confine, le attuali possibilità che la Turchia si avventuri in Siria sono scarse. Il peggioramento del fronte gestito dei terroristi turcomanni affiliati ad Al Nusra impedirebbe una copertura “umanitaria” della spedizione e scoprirebbe le carte turche una volta per tutte. Il prezzo politico sarebbe altissimo. La presenza del tutore aereo russo nell’area e il fatto di essere membro NATO farebbero escludere in ogni caso ogni azzardo unilaterale di Ankara, in questo giorni particolarmente inquieta.
Guardando a sud, la posizione dell’Arabia Saudita è diversa, se non altro per il fatto di non avere il vincolo atlantico. Ma Riad è veramente intenzionata ad esporsi militarmente su vasta scala?
Lo Stato Maggiore saudita sostiene di essere pronto a partecipare ad ogni operazione di terra che la coalizione a guida USA decida di intraprendere. Come sostenuto dal generale saudita Ahmed Asseri portavoce anche delle operazioni nello Yemen, Riad si offrirebbe perfino come sorta di hub per tutti gli Stati Maggiori del Golfo, intenzionati a partire per la gita in Siria: Kuwait, Bahrein, Emirati e l’immancabile Qatar avrebbero già dato l’ok.
Anche il coordinamento strategico con la Turchia sarebbe inevitabile (summit tra alti ufficiali sauditi e turchi una settimana fa), ma lo scenario è plausibile?
Fonti non confermate di Difesa Online asseriscono che forze saudite sarebbero incolonnate in Giordania lungo l’Autostrada del Deserto, una delle tre principali direttrici stradali nord-sud del regno hascemita. È necessario a questo punto chiarire alcuni aspetti.
L’Arabia Saudita partecipa ufficialmente ai bombardamenti aerei contro le milizie del Califfato insieme, tra gli altri, proprio alla Giordania (lo stesso re Abdallah fece parlare di sé pilotando di persona uno dei caccia impegnati nelle missioni contro i terroristi).
Su questa rubrica abbiamo espresso molte volte perplessità sulla verginità ideologica dei sauditi; rimane il fatto però che almeno sul piano ufficiale un coordinamento fra Amman e Riad esiste. Più che altro esiste la soggezione dei giordani, destinati dalla Storia a incastrarsi fra le bizze dei loro vicini, tutti particolarmente difficili. Nell’impossibilità di negare il transito in nome di una “missione nobile” e di una (più o meno) comune visione sunnita dell’Islam, il virtuoso re Abdallah sarebbe costretto ad avallare il progetto delle monarchie del Golfo senza fiatare. Esercitazioni comuni con sauditi e USA sono all’ordine del giorno del resto e la pressione di Washington sulla tranquilla Amman è sempre altissima.
L’ingresso in Siria dei sauditi avverrebbe dal sud (meno di tre ore di carro armato da Damasco) nell’area del governatorato di Daraa, dove cominciò la rivolta contro Assad nel 2011 e dove le attività dei terroristi islamisti di Jaysh al-Islām (Esercito dell’Islam) e di Aḥrār al-Shām sono consolidate da tempo (anche i raid russi…). Entrambi i gruppi sono finanziati da Arabia Saudita e Qatar. Trarre delle conclusioni è automatico.
Nonostante il Segretario alla Difesa USA Ashton Carter abbia dato l’avallo alla spedizione, con il conflitto siriano ancora in corso l’intervento delle truppe saudite in Siria è però da considerare altamente improbabile. Solo un dispiegamento su vasta scala di forze USA sul terreno, potrebbe consentire l’azzardo di Riad, ma lo scenario è fantapolitico per tre ragioni:
- Al fianco di Assad ci sono i russi
- Ad attendere i sunniti sauditi ci sarebbero Hezbollah e Iran lasciando immaginare scenari apocalittici.
- Nessuna operazione militare di terra su una Siria ancora sovrana avrebbe mai l’appoggio delle Nazioni Unite e della comunità internazionale
È possibile comunque immaginare Turchia e Arabia Saudita come predatori famelici pronti a spartirsi le carni di un animale ferito? Il problema è che l’animale dà segni di ripresa e che la caccia in Medio Oriente appare come sempre estremamente difficile.
(Foto: القوات البرية الملكية السعودية)
Fonte: www.difesaonline.it