Di
Mauro Bottarelli
Stanno impazzendo. E nemmeno tanto lentamente, ormai siamo all’escalation quotidiana. Stamattina, WikiLeaks ha annunciato l’attivazione di un piano di emergenza, dopo che un’entità statale britannica non identificata ha tagliato il collegamento internet di Julian Assange presso l’ambasciata dell’Ecuador a Londra dove risiede. Cosa dite, questa decisione ha forse a che fare con l’ultima ondata di mail che WikiLeaks ha reso note, quelle di John Podesta, il capo della campagna elettorale di Hillary Clinton? Siamo al nono blocco e pare che le cose più interessanti stiano per uscire proprio ora: casualmente, negli Usa ormai l’ossessione è quella riguardo la collaborazione tra WikiLeaks e governo russo per favorire Donald Trump nella corsa alla Casa Bianca.
E sempre casualmente, il nono blocco di mail reso noto contiene imbarazzanti evidenze di come i media mainstream statunitensi stiano lavorando da sempre a favore della Clinton, oscurando le notizie scomode e dando evidenza a qualsiasi fatto possa danneggiare il tycoon. Addirittura, si è scoperto da una mail di quando la Clinton era a capo del Dipartimento di Stato che avrebbe voluto risolvere la “questione Assange” attraverso un drone. Cosa ha in mano WikiLeaks di così pericoloso, a poco più di venti giorni dal voto in Usa, per arrivare a una mossa simile da parte di un’entità statale britannica? La famosa “October surprise” da evitare a ogni costo?
Ma la questione è più seria di come paia. Perché sempre dalla Gran Bretagna, stamattina è arrivata un’altra notizia: stando a quanto twittato dal direttore del network televisivo e sito internet RT, finanziato dal governo russo, Margarita Simonyan, tutti i conti correnti dello stesso sono stati bloccati. “I nostri conti nel Regno Unito sono stati chiusi. Tutti i conti. La decisione non è soggetta a revisione. Lunga vita alla libertà di parola”, ha scritto la Simonyan. Di più, non solo NatWest ha comunicato che RT non sarà mai più tra i suoi clienti “senza aver fornito alcuna spiegazione al riguardo” ma l’intero gruppo Royal Bank of Scotland, che controlla NatWest, si rifiuta di fornire servizi all’emittente russa.
La lettera si limita a queste parole: “Abbiamo recentemente messo sotto revisione gli accordi bancari tra di noi e raggiunto la conclusione che non forniremo più queste facilitazioni. Non siamo preparati a entrare in alcuna discussione che abbia questo come argomento”. Immediata la reazione della portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, a detta della quale “la Gran Bretagna, nel suo cammino di uscita dall’Ue, ha abbandonato anche tutti i suoi obblighi nel proteggere la libertà di parola”.
Vi pare sufficiente a descrivere il clima da russofobia imperante in Europa e instillato dagli Usa? Non avete sentito ancora nulla. Nel silenzio generale dei media, infatti, la scorsa settimana la Commissione per gli Affari esteri del Parlamento Europeo ha votato a favore di una risoluzione che chiede “maggiori capacità istituzionali per contrastare la propaganda ispirata dal Cremlino in Europa”, la quale sarà presentata davanti all’Europarlamento il mese prossimo. Se dovesse essere adottata – e non ci sono dubbi al riguardo -, il passo successivo potrebbe essere la creazione di un meccanismo istituzionale europeo per bloccare l’accesso ai media russi. Nel testo della risoluzione, il governo russo viene accusato di “ricorrere attivamente a una campagna di disinformazione, di individuare come target propagandistico politici e giornalisti europei e di perturbare i valori democratici in tutta Europa”.
Inoltre, la risoluzione passata dal Comitato per gli Affari esteri attacca il ricorso della Russia “a un largo ventaglio di utilizzi e strumenti come stazioni televisive multilingua e pseudo organi di informazioni per dividere l’Europa”. Ah, ecco perché ognuno in Europa va per i cazzi suoi e pensa unicamente ai propri interessi, è colpa dei russi! Insomma, canali informativi some RT e Sputnik sarebbero parte dell’arsenale russo per una guerra ibrida da condurre in seno all’Europa, tanto da essere definiti “pseudo agenzie di stampa e utensili della propaganda del Cremlino”. Quindi, meritano la delegittimazione ufficiale delle istituzioni europee e, temo, la messa al bando o una vita davvero difficile. Vuoi mettere la sobrietà e l’indipendenza di emittenti come la CNN o FoxNews? Quella si che è informazione, basta vedere come hanno trattato lo scandalo delle frasi sessiste di Trump e quello delle e-mail di Hillary Clinton.
Viva l’Occidente libero e pluralista! D’altronde che l’ordine arrivasse dal centro dell’Impero lo si era capito dall’articolo pubblicato sull’ultimo numero di quel capolavoro di equidistanza che è Voice of America, di cui vi cito solo la frase più esemplificativa: “A detta dei responsabili della NATO, l’Occidente deve intensificare i suoi sforzi per combattere la guerra di informazione cui hanno dato vita i suoi avversari. Inoltre, ci mettono in guardia dal fatto che Paesi come la Russia sfruttano la libertà di stampa presso i media occidentali per spargere disinformazione”. Come vedete, siamo direttamente alla NATO che tramite Voice of America impartisce ordini alle istituzioni europee: questa sì che è democrazia, altro che il Cremlino! Ma a rendere la cosa ridicola, se non fosse tremendamente drammatica, è il fatto che il comunicato stampa con cui veniva presentata la mozione votata il 10 ottobre scorso avesse questo titolo: “Attenzione alla propaganda di Russia e Isis, avvertono gli europarlamentari degli Affari esteri”.
Dunque, per gli scienziati residenti a Bruxelles e che ogni tanto vanno in gita a Strasburgo a nostre spese, la propaganda di chi all’Isis sta facendo un culo così in Siria è identica e ugualmente pericolosa per i valori europei a quella del Califfato: viene da chiedersi quali sostanze usino e fare i complimenti allo spacciatore. Ecco la perla di saggezza della relatrice del provvedimento, Anna Fotyga, polacca: “La propaganda ostile e la disinformazione diretta contro le nostre società da parte sia del Cremlino che di attori non statali come Isis/Daesh è un fatto. Per contrastarle efficacemente, per prima cosa dobbiamo essere in grado di identificarle in pieno. Questo report è un passo molto importante per far crescere la consapevolezza del problema, sia nell’Ue che negli Stati membri. Il Parlamento Europeo non può restare in silenzio su un argomento così vitale per la sicurezza europea”.
Certo, mettere una polacca a redigere una risoluzione contro la propaganda russa è un po’ come mettere un leghista a glorificare la pubblica amministrazione della Regione Sicilia ma poco importa, qui siamo davvero al delirio. Anche perché, non più tardi di dieci giorni fa si è scoperto che per 5 anni – dal 2006 al 2011 – il Pentagono ha stipulato un contratto con una società di pubbliche relazioni britannica, la Bell Pottinger, per operazioni di propaganda e di guerra piscologica in Iraq, pagate 540 milioni di dollari. Un videomaker, Martin Wells, ha svelato l’esistenza di questo programma al Bureau of Investigative Journalism.
Le attività erano diverse ma le più sensibili erano due, cosiddette di propaganda grigia e nera: la produzione di finti servizi televisivi, poi diffusi alle emittenti della regione e di filmati di propaganda, che venivano falsamente attribuiti ad Al Qaeda. Alcune immagini erano girate in proprio (“Mandavamo squadre di operatori a effettuare filmati in bassa definizione degli attentati di Al Qaeda”, ricorda Wells), in altri casi venivano usati filmati esistenti. La propaganda nera si tramutava in un video in apparenza di Al Qaeda di 10 minuti, inciso su dei cd che poi venivano lasciati furtivamente dai marines durante i raid nelle case e nei villaggi e dotati di un codice che consentiva di tracciare chi li guardava al computer e di trasmettere l’indirizzo IP tramite Google Analytics. Un’operazione di intelligence che è stata ripetuta numerose volte.
Insomma, negli ambienti jihadisti sono circolati per anni filmati autentici di Al Qaeda e altri che sembravano di Al Qaeda ma che erano stati prodotti dalla società britannica Bell per conto del Pentagono. Alla luce di quanto emerso e non smentito da alcuno, chi ci dice che i terrificanti video dell’Isis che sono circolati per mesi in rete e nei telegiornali, ancorché censurati in quest’ultimo caso e che il Parlamento Europeo paragona a RT e Sputnik, siano veri? Chi ci dice che non siano anch’essi frutto di manipolazioni, di set creati ad arte, di situazioni non esistenti nella realtà? Insomma, chi ha bisogno dell’amico immaginario, dopo averlo creato nella realtà e abbandonato quando divenuto non più utile, proprio come Al Qaeda?
Interpellate al riguardo, le autorità americane si rifiutano di fornire spiegazioni più precise ma ammettono che “la Bell lavorava per l’Information Operations Task Force (IOTF), producendo materiale che in parte è stato comunicato alle forze della coalizione citando la fonte e in parte nascondendola”. Il Pentagono insiste sul fatto che il materiale fosse truthful, ovvero attendibile o veritiero ma è cosa ben diversa dall’affermare che fosse vero: inoltre, l’inchiesta afferma che la società inglese lavorava in “un’operazione militare riservata coperta da numerosi accordi segreti” e che la Bell Pottinger riportava al Pentagono, alla CIA e al National Security Council. Tale era il livello di strategicità che le attività più sensibili dovevano ricevere l’ok del generale Patraeus in persona. E’ questo l’Occidente che taglia Internet ad Assange, blocca i conti a RT e mette in guardia, attraverso il Parlamento Europeo, dai rischi della propaganda del Cremlino?