di
Maurizio Blondet
Macron e Jacques Attali alla riunione del Bilderberg a Copenhagen, giugno 2014. Lì Attali ha presentato il suo giovane protetto a quelli che contano.
E lì probabilmente è stata architettata la strategia per fare del giovanotto il candidato sintetico al silicone, visto che il loro Hollande stava rovinando nei sondaggi e diventava impresentabile alle elezioni il partito detto “socialista”.
Dovrà diventare “il campione del pop-futurismo, trasformare i francesi nei nomadi ideali alla Attali: una classe di precari che ha acquisito qualche competenza e un inglese passabile, ma, ma manca di impiego stabile, di una professione affidabile, di un vero salario e di un avvenire” (The Saker): insomma esattamente quel che aveva preconizzato la Boldrini nello stesso anno: “I migranti sono l’avanguardia della globalizzazione, ci offrono uno stile di vita che presto sarà molto diffuso per moltissimi di noi, perché nell’era globale tutto si muove. Si muovono i capitali. Si muovono le merci. Si muovono le notizie. Si muovono gli esseri umani”. O come auspica il filosofo post-hegeliano materialista Alain Badiou, i migranti ci devono insegnare a diventare migranti noi stessi, stranieri in casa nostra, per “non rimanere prigionieri di questa lunga storia occidentale e bianca che volge al termine”.
Eric de Rotschild accompagna Macron al memoriale della Shoah, 30 aprile.
Adesso vediamo che la grandissima maggioranza dei francesi ha detto sì a questo progetto. Attorno a Macron s’è formato, ed è grandissimo, “il partito unico della mondializzazione felice, dell’Europa post-nazionale, dell’ideologia diversitaria” (Mathieu Bock-Coté), quella per cui invasione di immigrati, insegnamento del gender negli asili e utero in affitto sono Il Progresso. Un partito unico che crede che solo una politica è possibile (“Più Europa, più Global, più NATO, più finanza, più disuguaglianza”), e le sue finalità indiscutibili; che unisce le elites favorite e i lumpen delle banlieues, non tanto disoccupati quanto in occupabili.
Media, pensiero unico per il partito unico.
Un nuovo partito, gigantesco, basato ovviamente sulla dimenticanza: allegra dimenticanza della identità nazionale e della storia (va da sé), ma anche amnesia di brevissimo termine, di quel che è avvenuto pochi mesi fa: dimenticanza che Macron è stato ministro di Hollande, e in quella veste ha svenduto la Alstom (un campione nazionale) alla General Electric, ed ha varato una legge di distruzione delle garanzie del lavoro – dettatagli da Attali – che per di più, orwellianamente, ha chiamato “Uguaglianza delle possibilità economiche” ( Égalité des chances économiques ».
Che vi devo dire: se gli piace così…e non solo ai francesi, ma agli europei. Di una cosa sono certo: il totalitarismo che comincia e serrerà le viti dei suoi ceppi sui nostri colli e sulle nostre caviglie, che ci multerà per opinioni scorrette (che punirà come fake news), ci getterà nelle guerre neocon, ci ridurrà in ulteriore miseria – questo regime oligarchico basato su aberrazioni civili e morali, mortuarie e sessuali, è così contrario alla natura, al senso comune e alla grazia, da essere insostenibile. Come il marx-leninismo staliniano, imploderà per le sue contraddizioni, dopo aver oppresso e obbligato a vivere nella menzogna. Voglio sperare duri meno dell’altro GuLag – perché fu incredibile cosa sopportarono allora i soggetti, e la passività, stupidità e viltà delle masse in Europa oggi mi sembra più profonda e maggiore di quella.
Il campo opposto, quello che chiamano “populista”, sovranista, sconfitto, ha un problema di leadership. In Francia come in Italia e negli altri paesi, ed è questa mancanza che può prolungare l’oppressione. Ma avremo tempo di pensarci: cinque anni di oppressione, forse dieci, sono davanti a noi.