di

Elena Ricci

E’ da ieri sera che social e giornali online (e non solo, ahinoi), hanno un nuovo interessante argomento di cui parlare: la tanto scandalosa bandiera paparazzata da un collega da Pulitzer, dalla finestra di una camerata di una caserma dei carabinieri.

Titolo terroristico, connessione ad internet, supporto degli “Ultras” pro “sputtanamento Forze dell’Ordine”, ed ecco che un’onda di fango denso di ignoranza travolge la vita e la carriera di un carabiniere poco più che ventenne, laureando in storia.

Quando poi, a tutto quello su menzionato, si aggiungono le dichiarazioni pubbliche del Ministro della Difesa Pinotti, scoppia il caso nazionale, perché a dire della ministra «chi espone una bandiera neonazista non è degno di far parte delle Forze Armate». Ad onor del vero la Ministra non ha torto, ma in questo caso, quella bandiera, seppur utilizzata da gruppi estremisti (a seguito del divieto di utilizzo della svastica dopo la seconda guerra mondiale), non è una bandiera collocata nel periodo storico incriminato, si tratta bensì di un vessillo della Marina Imperiale Tedesca (Kaiserliche Marine) che risale all’epoca dell’Impero germanico (Secondo Reich, 1871 – 1918), mentre la Germania nazista (Terzo Reich) sotto il regime totalitario di Adolf Hitler, abbraccia il periodo compreso tra il 1933 e il 1945.

Inevitabile l’analogia con il caso del poliziotto in forza alla stradale di Susa, sospeso dal servizio per avere osato pronunciare in un video “risorse della Boldrini”. In quel caso si è pensato “bene” di non tener conto di una vita salvata (lo straniero percorreva l’autostrada contromano in sella ad una biciletta), ma di asservire un mero capriccio politico, riducendo un poliziotto modello, padre di famiglia, con mezzo stipendio e con una proposta di destituzione. La stessa ed identica avanzata dalla Pinotti per questo giovane Carabiniere, perché dire che non si è degni di far parte delle Forze Armate, non può significare altro.

Sul caso del poliziotto di Susa ad esempio, diretta e determinata è stata la posizione del Sindacato Autonomo di Polizia, nella persona del Segretario Generale Gianni Tonelli: «Non c’è nulla da fare. In Italia ci sono 50 pesi e 50 misure. Se alcune persone minacciano uno schiaffo, vengono additate e criminalizzate, se altre disfano e distruggono città, nessuno dice nulla. Io penso che in questo caso, se la battuta del poliziotto di Susa fosse stata rivolta verso altre personalità politiche di altri schieramenti, non avrebbe avuto nessuna conseguenza. Questo caso di Firenze è l’ulteriore conferma non di due pesi e due misure, ma di 100 pesi e 100 misure in Italia, che portano a valutare qualsiasi cosa con occhiali muniti di lenti ideologizzate. Si parla di nazismo e fascismo e, io credo – conclude Tonelli – che chiunque non accetti le idee degli altri e molte volte tenti di prevaricare imponendo con la violenza la propria idea, sia sostanzialmente un fascista, indipendentemente dalla bandiera dietro la quale si nasconde».

Come abbiamo accennato sopra e, come ci ha riferito Antonio Tarallo, delegato Co.Ce.R., il carabiniere sarebbe uno studente appassionato di storia, prossimo alla laurea: «quella bandiera rappresenta altro rispetto a quanto il giornalista che ha fatto lo scatto, ha voluto far vedere – dice Tarallo – è un vessillo della prima guerra mondiale, quel ragazzo avrà modo di spiegare a tutti che è un appassionato di storia e che magari la sua tesi di laurea, probabilmente, è incentrata su quel periodo storico. Non credo che questo ragazzo abbia percepito il sentimento che hanno messo in evidenza i giornali. Il giornalista ha filmato all’interno di una caserma, non so se lo si poteva fare senza un’autorizzazione, probabilmente si dovrà capire se vi è un reato. Non conosco personalmente il carabiniere, ma so che è un giovanissimo, poco più che ventenne che ha solo bisogno di spiegare l’accaduto, e penso anche che il Ministro forse, prima di rilasciare delle dichiarazioni di quella portata, avrebbe dovuto attendere l’esito delle verifiche che vengono fatte in questi casi. Noi come Cocer – prosegue Tarallo – ne discuteremo la prossima settimana, ma sicuramente siamo dalla parte del ragazzo e dalla parte della verità, e la verità non è una polemica giornalistica. Hanno fatto diventare un caso la bandiera di un ragazzo di 20 anni. Sono d’accordo con la dichiarazione del Ministro Pinotti, ma quella per me non è una bandiera neonazista. Quel carabiniere è degno di essere carabiniere. Forse meno degni sono quei ministri che negli anni appena passati hanno rimandato in India i due Marò per non perdere le commesse militari, quello è grave. E’ molto più grave questo. Difendo quel ragazzo – conclude Tarallo – ma non difendo la moralità di nessuno, non c’è moralità in questo, c’è solo un ragazzo di 20 anni che ora sta subendo un’onda mediatica molto più grande di quello che è, e che non si merita. E mi dispiace ancora che in quest’ultimo periodo ci siano attacchi indiscriminati all’Arma dei carabinieri che non fanno bene né all’Italia né agli italiani. In fin dei conti il Carabiniere lavora per il cittadino, con i suoi pregi e i suoi difetti per carità, ma lavora per il cittadino. E’ brutto vedere come si cerchino motivazioni per mettere in primo piano un attacco al carabiniere».

Dello stesso avviso anche Celestino D’Angeli e Patrizia Massimini, rispettivamente presidente e vice presidente dell’Associazione Nuova Difesa.

«Bisogna informarsi prima di richiedere provvedimenti così drastici, anche perché, prima di destituire un Carabiniere bisogna analizzare attentamente i fatti e avere motivi più che validi. – ci dice D’Angeli – Strumentalizzare un qualcosa ai fini politici è sbagliatissimo. Un ministro dovrebbe prima di rilasciare dichiarazioni, appurare la veridicità di quanto si dice e informarsi a livello storico in questo caso. Penso che ci sia una mentalità che tende a destabilizzare le Forze dell’Ordine, per far perdere loro credibilità, e denigrarle non dando loro più fiducia e lasciandole allo sbando. Fa veramente molto pensare – prosegue – che alla nostra classe politica, persone che dovrebbero rappresentare lo Stato, basti davvero così poco per inquisire le forze armate. Non basta una chiacchiera da bar per cacciare un carabiniere».

«Prima di scrivere un articolo del genere, urlando allo scandalo, bisognerebbe documentarsi, al di là del fatto che ci sarebbe molto da ridire – ci dice invece la vice presidente Patrizia Massimini – Come è stata ripresa questa foto? È la foto di una camerata, quindi avrebbero potuto anche fotografare cose molto intime e personali. È molto grave che un Ministro rilasci dichiarazioni senza approfondire. Si parla di fascismo, dittatura. Queste sono pressioni. Chiedere provvedimenti, interpellare i vertici dell’Arma senza prima informarsi, su ragazzi che magari sono appassionati di storia e che su quella bandiera ne sanno più di noi, è una pressione. Basta false notizie per fare click. Punire un ragazzo perché ne capisce di storia e la studia, mi sembra esagerato. Vuol dire che qualcosa non sta funzionando».

Le posizioni delle varie rappresentanze sono abbastanza in sintonia, e il sentire comune che emerge è la strumentalizzazione politica finalizzata a destabilizzare e delegittimare le Forze dell’Ordine, in nome di un cosiddetto politicamente corretto che sta sempre più, assumendo le sembianze di un diktat. Giusto per restare in tema. Infine, sulla vicenda si è espresso anche Walter Veltroni che ha proposito di scendere in piazza contro “l’onda nera” e dicendo: «Nutro una profonda inquietudine sul futuro della democrazia». Anche noi, caro Veltroni. Anche noi.

 

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