Dev’essere terribile svegliarsi, aprire il Corriere e scoprire dal sondaggio di Nando Pagnoncelli di essere il candidato premier più detestato e indesiderato dagli italiani: dietro Gentiloni, Bonino, Di Maio, Salvini, Berlusconi, Grasso e Meloni (mancano il Divino Otelma e Giorgio Mastrota, ma solo perché non li hanno testati). Siamo dunque solidali con Matteo Renzi che, sempre più ubriaco dei suoi insuccessi, mi coinvolge nella campagna elettorale (dove non sono candidato) per darmi del “giornalista di parte” che “fa disinformazione” e “pensa di essere autorevole perché va sempre in tv” e far sapere che lui parla sempre con “un medico che fa informazione”, il solito Burioni, casualmente candidato del Pd, perché il Pd è “dalla parte della scienza e della medicina”. Ora, che il più grande ballista della legislatura, detto il Bomba fin dalla più tenera età, accusi altri di mentire, è irresistibilmente comico. Che invece si porti sempre appresso un medico, viste le condizioni in cui versa, è una giusta precauzione. È vero, sono un giornalista “di parte”: la mia quando esprimo opinioni, quella dei lettori quando racconto fatti. Se mi accusano di mentire, sfido sempre a precisare dove e quando, il che non accade quasi mai. Nemmeno stavolta sulle mie critiche (Otto e mezzo, 11 gennaio) alla ministra Lorenzin, nota scienziata, e al suo Decreto Vaccini.

Che ho detto di tanto scandaloso? Tre cose: a) non era il caso di rendere obbligatori i sei nuovi vaccini in aggiunta ai vecchi quattro; b) per le sei patologie in più erano meglio vaccinazioni non imposte dall’alto, ma suggerite da campagne d’informazione; c) il decreto non ha eguali in molti paesi d’Europa. Le prime due sono mie opinioni, condivise da centinaia di medici e scienziati (che hanno qualche remora a esprimersi, vista la democratica abitudine dell’Ordine a espellere i dissenzienti dal sacro verbo renzian-lorenziniano), che non possono essere smentite: al massimo contestate con opinioni opposte altrettanto legittime, tipo quelle di Burioni. La terza è un dato di fatto incontestabile, tratto dal rapporto dell’European Centre for Disease Prevention and Control, l’agenzia Ue che monitora le malattie infettive: su 31 Paesi europei, solo 11 impongono vaccini obbligatori; gli altri 20 puntano su campagne informative e colloqui con le famiglie (inclusi Regno Unito, Germania e Austria, che pure vantano coperture altissime). Il modello Lorenzin è tipico del blocco ex-sovietico (Bulgaria, Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria) e, in Europa centroccidentale, della sola Francia.

Fra questi ultimi Stati, solo tre impongono più vaccini dei nostri 10 (Lettonia 14, Bulgaria e Polonia 11). A settembre una grande inchiesta del nostro mensile Millennium ha smontato le fake news sia dei No Vax sia dei tifosi del Decreto Vaccini. E anche della Lorenzin, che disse a Porta a Porta (22.10.2014) e ripetè spesso: “Solo di morbillo in Inghilterra lo scorso anno sono morti 270 bimbi”. Una strage degli innocenti fortunatamente inventata da lei (nel 2013 le vittime di morbillo furono una nel Regno Unito e tre in tutta Europa). Millennium segnalava poi (come Report, subito manganellato dai renziani) le vittime di reazioni avverse ai vaccini per la scarsa informazione e vigilanza di un sistema omertoso dominato dai colossi farmaceutici (637 casi riconosciuti dal ministero della Sanità). Se Renzi vuole imparare qualcosa, si legga la nostra rivista o Nature, la bibbia degli scienziati, che scrive cose simili: non è mai troppo tardi. Ma, se siamo nel suo mirino, non è in nome della scienza e dell’informazione (i suoi camerieri han cacciato la Gabanelli dalla Rai). È perché, non contento di controllare la Rai e di avere ai suoi piedi quasi tutta la grande stampa, non sopporta l’idea di un giornale che non obbedisce ai suoi ordini, si conquista da 9 anni la propria autorevolezza sul campo dando notizie e facendo opinione, infatti ha contribuito a salvare la Costituzione da lui.

Su un punto però ha ragione: di salute lui parla solo “con i dottori”. Intanto perché è sempre bene che si faccia visitare. E poi perché sono altre le materie di cui conviene parlare con lui, a riprova del fatto che non basta andare al governo per essere autorevoli: le leggi elettorali incostituzionali, le “riforme” scritte coi piedi, le marchette agli evasori, le nomine degli amici toscani, gli attacchi ai pm che indagano sui suoi cari, la licenza di uccidere i ladri dopo il tramonto, i disastri su banche e Alitalia, la catastrofe Buona Scuola, le figuracce in Europa, i bavagli alla stampa, le denunce a Orietta Berti. Ma non solo. Se, puta caso, uno vuole speculare in Borsa e si chiama De Benedetti, basta che vada a trovarlo e lui, sulla porta dell’ascensore, gli preannuncia in esclusiva il decreto sulle banche popolari. Se uno vuole abolire l’art. 18 e regalare miliardi pubblici alle imprese, e si chiama sempre De Benedetti, basta che glielo suggerisca e lui fa subito il Jobs Act. Se uno copia pagine e pagine della tesi di dottorato e vuol fare carriera, e si chiama Madia, presenta la domanda e diventa ministro. Se una non trova lavoro e ha un curriculum così così, tant’è che l’ha scartata pure il Comune di Firenze, ma è figlia del procuratore contabile che archiviò un’accusa a Renzi, va dal sindaco Nardella che l’assume alla Città Metropolitana. Se uno era manager alle Pagine Gialle quando le distribuiva Tiziano Renzi, è il nuovo capo di Rai Pubblicità. Se una ha il babbo vicepresidente di una banca fallita e si chiama Maria Elena, basta una parolina e lui va dal governatore di Bankitalia a perorare la causa. Chissà se, fra tutti gli scienziati che frequenta, c’è pure un esperto di conflitti d’interessi: se scoprisse il vaccino, quasi quasi lo renderemmo obbligatorio.

 

 

Fonte: Il Fatto Quotidiano del 21 gennaio