di
Nicola Vincenzoni
Usa, Obama critica Chavez: ‘E’ un ostacolo allo sviluppo dell’America Latina’
Link: Il discorso di inaugurazione del presidente Barack Obama
Riteniamo utile proporre uno stralcio di articolo uscito su Il Manifesto a firma di Nicola Vincenzoni, quello riguardante la "provocazione" di Mario Tronti da cui è nato "Passaggio Obama", edito dall’Ediesse, contenente più contributi, la maggior parte dei quali propendenti verso l’entusiasmo e l’ottimismo per la "rottura" esercitata dall’elezione di Obama, di risposta all’elaborazione del professor Tronti, in linea con l’obamania attraversante sinistre e media, destrutturati dal contesto reale e ammaliati dall’idealismo. www.infoaut.org
«Obama ha vinto perchè a un certo punto l’establishment ha scelto Obama»
«Obama è la figura nuova che assume il nostro avversario»
Entusiastici e scettici, dreamers e realisti: già emersa di fronte al trionfo elettorale di Barack Obama, la divisione sentimentale e politica dell’opinione pubblica, e in particolare della sinistra critica americana e internazionale, nei confronti del nuovo presidente Usa si è accentuata dinnanzi alla composizione della sua squadra di governo e alle sue prime dichiarazioni programmatiche. Questa divisione, che scompagina ogni schieramento politico e culturale predefinito, dice già qualcosa: quale che sia il suo futuro politico, Obama è un grande risignificatore. La sua vicenda ha rotto gli schemi che strutturano le aspettative, modificando la percezione di ciò che è «normale» e di ciò che è possibile. Visti in questa chiave, entusiamo e scetticismo non sono solo di due tonalità emotive, ma due rivelatori del nostro atteggiamento di fronte al divenire storico.
Scoprendo, sull’onda di una «lettera provocatoria» del suo presidente Mario Tronti scritta all’indomani dell’elezione di Obama, di essere attraversato al suo stesso interno da questa divisione, il Centro studi per la riforma dello Stato ne ha fatto materia per una discussione senza veli, che oggi restituisce in un libro intitolato Passaggio Obama. Tronti non cede ad alcun trasporto per il primo presidente nero americano. «Non cambierà niente», ammonisce impugnando le armi del realismo politico. «Vi ricordate l’11 settembre? Nulla sarà come prima. Tutto è stato come prima. Questo è un 11 settembre rovesciato». Sotto una dimensione superficiale, «d’immagine», l’evento lascia intatta la «realtà» della sostanza politica. Si tratta di un cambio di leadership che non scuote le fondamenta dell’«egemonia-mondo» americana e anzi la rafforza, reagendo alla crisi che affligge il sistema: «la chiusura del ciclo neoliberista, il crollo della finanziarizzazione selvaggia del capitale, la rivincita dell’economia reale». Obama è la risposta, necessaria e vincente, «quasi all’altezza del problema» del rilancio di un’egemonia declinante. Il neo-eletto, Tronti lo riconosce, «ha persino un pizzico di carisma», ma resta il fatto che «Obama ha vinto perchè a un certo punto l’establishment ha scelto Obama». Dunque in guardia: «Obama è la figura nuova che assume il nostro avversario». Lo scetticismo di Tronti non riguarda solo il leader, ma anche le masse «entusiaste» che da Twitter e Facebook lo investono di aspettative messianiche. Al fondo, c’è il problema della personalizzazione della politica, sintomo acuto della malattia della forma democratica contemporanea, di cui Tronti é notoriamente critico affilato. «Perchè la democrazia al pari del totalitarismo ha bisogno dell’idea e della pratica della personalità?», si chiede, guardando «con curiosità e diffidenza» alle masse «virtuali», «second life», della notte di Chicago, a suo giudizio depoliticizzate e passive a confronto con le masse militanti novecentesche compattate dalla forza delle ideologie.
La provocazione di Tronti tocca problematiche aperte del pensiero e della prassi politica: l’archiviazione del Novecento, il declino dell’occidente, la fine della lotta di classe, l’incerto avvio di un’era post-ideologica piena di contraddizioni. Ma apre un interrogativo di fondo, che funge da motore per gli altri interventi: dove va individuata la «realtà» dell’ordine politico? Con quale metro si misura la trasformazione? Nella prospettiva di Tronti, Obama è troppo poco «reale» per dar ragione dell’entusiasmo che suscita; la sua é una novità da smascherare, che merita tutto il nostro sospetto.
Fonte: Il Manifesto