VERSO LA MONETA UNICA GLOBALE E IL GOVERNO MONDIALE

Domenico D’Amico (doppiocieco.splinder.com/)
DI ANDREW MARSHALL
globalresearch.ca

 

Introduzione

A seguito della riunione del G20 tenutasi nel 2009, sono stati annunciati piani per rendere possibile la creazione di una nuova moneta globale che rimpiazzi il dollaro statunitense come valuta di riserva mondiale. Il punto 19 del comunicato diffuso dal G20 al termine del summit dichiarava: "Abbiamo concordato di appoggiare uno stanziamento generale di SDR che inietteranno 250 miliardi di dollari (170 miliardi di sterline) nell’economia mondiale e incrementeranno la liquidità globale". Gli SDR, o Special Drawing Rights {Diritti Speciali di Prelievo}, sono "una moneta cartacea artificiale emessa dal Fondo Monetario Internazionale," Come riporta il Telegraph, "i leader del G20 hanno attivato il potere che il FMI ha di creare moneta, per iniziare una ‘decongestione quantitativa’ globale. Facendo così, hanno introdotto de facto una valuta mondiale. Che è al di fuori del controllo di qualsiasi stato sovrano. I teorici delle cospirazioni ne andranno matti." [1]{a}

L’articolo continua, affermando che "adesso c’è una valuta mondiale in attesa {di essere emessa ufficialmente}. A suo tempo gli SDR diventeranno probabilmente un parchweggio per le riserve estere delle banche centrali, con alla testa la Banca Popolare Cinese. (…) La creazione di un Financial Stability Board sembra il primo passo verso un organismo di controllo finanziario globale," o, in altre parole, una banca centrale globale.

È importante dare un’occhiata più da vicino alle "soluzioni" che vengono proposte e messe in opera nel corso della presente crisi finanziaria globale. Non si tratta di iniziative inedite, dato che hanno fatto parte dei piani dell’élite globale da lungo tempo. Tuttavia, nel mezzo della crisi in corso, questa élite ha velocizzato il suo progetto di creazione di un Nuovo Ordine Mondiale finanziario. È importante esaminare le radici di queste "soluzioni" (proposte e imposte), e degli effetti che avranno sul Sistema Monetario Internazionale (IMS) e sulla politica economica globale nel loro insieme.

Una nuova Bretton Woods

Nell’ottobre del 2008 Gordon Brown, Primo Ministro del regno Unito, disse che "ci occorre una nuova Bretton Woods – che costruisca una nuova architettura finanziaria internazionale per gli anni a venire." E continuò dicendo che "ora dobbiamo riformare il sistema finanziario internazionale, attorno a principi concordati di trasparenza, integrità, responsabilità, buon governo e cooperazione transnazionale." Un articolo sul Telegraph riferiva che Gordon Brown avrebbe voluto "vedere un FMI che diventa una ‘banca centrale globale’ che controlli da vicino l’economia internazionale e il sistema finanziario." [2]

Il 17 ottobre 2008 il Primo Ministro Gordon Brown scrisse un commento per il Washington Post in cui scriveva: "Questa settimana i leader europei si sono riuniti per proporre i principi guida che riteniamo debbano fare da fondamenta per una nuova Bretton Woods: trasparenza, serietà creditizia, responsabilità, integrità e governance globale. Concordiamo sul fatto che si debbano prendere decisioni urgenti per mettere in opera questi principi, al fine di debellare la politica dei prestiti irresponsabile, e spesso nascosta, che è alla radice dei nostri problemi. Per far questo, abbiamo bisogno di una supervisione transnazionale delle istituzioni finanziarie, standard globali condivisi per contabilità e regolamenti; un approccio più responsabile alla remunerazione dei dirigenti, che ricompensi il duro lavoro, l’iniziativa e l’intraprendenza ma non il rischio irresponsabile; e il rinnovamento delle nostre istituzioni internazionali perché diventino degli efficienti campanelli d’allarme per l’economia mondiale. [corsivi miei]"[3]

Ai primi di ottobre del 2008 si poteva leggere che "mentre i rappresentanti delle banche centrali di tutto il mondo si riuniscono questa settimana a Washington DC per una conferenza con il FMI e la Banca Mondiale per discutere della crisi, il maggiore quesito sul tappeto è se sia arrivato il momento di nominare un ‘poliziotto’ economico globale che impedisca il ripetersi di un crac come questo del 2008. (…) qualsiasi organizzazione dotata del potere di mantenere l’ordine nell’economia globale dovrebbe includere rappresentanti dei maggiori paesi – una specie di Nazioni Unite della regolamentazione economica." Un ex governatore della Bank of England suggerisce che "la risposta potrebbe già essere davanti ai nostri occhi, nelle vesti della Bank for International Settlements (BIS) {Banca dei Regolamenti Internazionali (b)}," tuttavia "il problema è la sua mancanza di mezzi. Il FMI tende ad esprimere i suoi moniti riguardo i problemi economici in termini diplomatici, ma la BIS è più indipendente e in una posizione migliore per affrontarli, purché le venga attribuito il potere per farlo." [4]

L’avvento delle valute regionali

Il primo gennaio del 1999 l’Unione Europea ha adottato l’Euro come propria valuta regionale. Negli ultimi anni l’Euro ha assunto sempre più importanza. Tuttavia non è l’unica valuta regionale al mondo. Ci sono manovre e auspici per altre monete regionali un po’ dappertutto.

Nel 2007 Foreign Affairs, rivista del Council on Foreign Relations, riportava un articolo intitolato The End of National Currency {La fine delle valute nazionali}, che iniziava discutendo della volatilità dei mercati valutari internazionali, e del fatto che fossero state ipotizzate pochissime soluzioni ‘reali’ per affrontare le ricorrenti crisi valutarie. L’autore poneva questa domanda: "Il recupero della sovranità perduta da parte dei singoli governi metterà fine alla instabilità finanziaria?" E risponde affermando che "questa è una diagnosi sbagliata e pericolosa," e che "la strada giusta non consiste nel ritorno a un mitico passato di sovranità monetaria, coi governi che controllano i tassi di cambio e di interesse a livello locale, in beata ignoranza di quello che succede nel resto del mondo. I governi si devono sbarazzare della pericolosa idea che lo status di nazione richieda che siano essi a emettere e controllare la moneta in uso nel loro territorio. Valute nazionali e mercati globali semplicemente non possono integrarsi; messi insieme generano una mistura di crisi valutarie e tensioni geopolitiche, e creano pretesti per dannosi protezionismi. In vista di una globalizzazione stabile, i singoli paesi dovrebbero abbandonare il nazionalismo monetario e abolire le valute superflue {unwanted}, origine di molta dell’attuale instabilità."

L’autore spiega che "il nazionalismo monetario è semplicemente incompatibile con la globalizzazione. Lo è sempre stato, anche se la cosa è divenuta evidente solo dagli anni 70, quando tutti i governi del mondo resero le loro valute intrinsecamente prive di valore." L’autore afferma che "dato che lo sviluppo economico al di fuori della globalizzazione non è più possibile, i singoli paesi dovrebbero abbandonare il nazionalismo monetario. I governi dovrebbero rimpiazzare le valute nazionali col dollaro o con l’euro oppure, nel caso dell’Asia, collaborare alla creazione di una nuova valuta multinazionale all’interno di un’area altrettanto vasta ed economicamente diversificata." Essenzialmente, secondo l’autore dell’articolo, la soluzione consiste nelle valute regionali. [5]

Nell’ottobre del 2008 "il membro del consiglio della Banca Centrale Europea Ewald Nowotny ha detto che tra Asia, Europa e Stati Uniti si sta sviluppando un sistema ‘tripolare’ di valuta globale, e di essere scettico sul recupero di centralità da parte del dollaro." [6]

L’Unione delle Nazioni Sudamericane

L’Unione delle Nazioni Sudamericane (UNASUR) {c} è stata istituita il 23 maggio 2008, con future sedi in Ecuador (sede centrale), Bolivia (Parlamento Sudamericano) e Venezuela (Banca del Sud). Come riferiva la BBC, "I leader di dodici nazioni sudamericane hanno costituito un’entità regionale finalizzato all’incremento dell’integrazione politica ed economica della regione," e che "i membri dell’UNASUR sono Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Colombia, Ecuador, Guyana, Paraguay, Perù, Suriname, Uruguay e Venezuela." [7]

La settimana successiva all’annuncio, veniva riferito che "lunedì il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva ha detto che le nazioni sudamericane perseguiranno l’adozione di una valuta comune come elemento dello sforzo di integrazione ragionale successivo alla creazione dell’Unione delle Nazioni Sudamericane. (…) Stiamo operando affinché, in futuro, abbiamo una banca centrale e una valuta in comune." [8]

Il Gulf Cooperation Council e una valuta regionale

Nel 2005 il Gulf Cooperation Council (GCC), un blocco regionale per il commercio tra Bahrain, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti (UAE), enunciava l’obbiettivo di creare una singola valuta in comune entro il 2010. Si riferiva che "Un GCC efficiente ed economicamente unito è chiaramente un affare molto più attraente delle singole economie separate, specialmente considerando gli ostacoli al commercio presenti nella regione. È per questo che le relazioni commerciali all’interno della regione sono state ultimamente al centro dell’attenzione. (…) Il naturale proseguimento di questa tendenza a una sempre maggiore integrazione è l’introduzione di una moneta comune che faciliti ulteriormente i commerci tra i singoli paesi." E si affermava che "le banche centrali della regione si sono accordate nel perseguire un’unione monetaria con norme simili a quelle europee." [9]

Nel giugno del 2008 veniva riferito che "le banche centrali del Golfo si sono accordati per la creazione, l’anno prossimo, del nucleo di una banca centrale unica, facendo un grande passo avanti verso un’unione monetaria, ma sottolineando che una nuova valuta comune non sarebbe entrata in circolazione prima della data concordata del 2010." [10] Nel 2002 si annunciò che "Gli stati del Golfo si stanno consultando con la Banca Centrale Europea, in vista di un loro programma di unione monetaria." Nel febbraio del 2008, l’Oman ha dichiarato che non avrebbe partecipato a quest’unione monetaria. Nel novembre del 2008 l”annuncio fu che "la bozza finale dell’unione monetaria dichiara che la banca centrale del Golfo sarà indipendente dai governi dei singoli stati membri." [11]

Nel marzo del 2009 leggiamo che "il GCC non dovrebbe avere fretta nell’adottare una moneta comune, dato che gli stati membri devono ancora elaborare la struttura di una banca centrale regionale, secondo Muhammad Al Jasser, governatore della Banca Centrale dell’Arabia Saudita," che affermava anche che "all’Europa sono occorsi 45 anni per istituire la moneta unica. È meglio non avere fretta." Nel 2008, in piena crisi finanziaria globale, per l’iniziativa del GCC sono sorti nuovi problemi, dato che "L’anno scorso la pressione subita dai membri del GCC perché abbandonassero il cambio fisso {currency peg}, data un’inflazione che superava il 10% in cinque paesi su sei. Tutti gli stati membri, eccetto il Kuwait, praticano una politica di cambio fisso col dollaro, e tendono a seguire la Federal Reserve statunitense quando si tratta di stabilire i tassi d’interesse." [12]

Un’Unione Monetaria Asiatica

Nel 1997 la Brooklyn Institution, autorevole think tank americano, discuteva la possibilità di un’unione monetaria dell’Estremo Oriente, affermando che "la questione, per il XXI Secolo, è se si formeranno altri blocchi monetari in Asia Orientale (o, se è per questo, nell’Emisfero Occidentale). Con il dollaro, lo yen e l’euro che fluttuano in competizione tra loro, altre piccole economie aperte saranno tentate di unirsi a uno di essi." In ogni caso "queste associazioni saranno possibili solo se accompagnate da cambiamenti radicali nell’organizzazione istituzionale, simili a quelli contemplati dall’Unione Europea. L’aumento di mobilità del capitale e della democratizzazione politica renderanno estremamente difficile la fissazione unilaterale dei tassi di cambio. Stabilire i tassi di cambio implicherà una cooperazione internazionale, e una fattiva cooperazione internazionale richiederà misure simili a un’unificazione monetaria." [13]

Nel 2001 un articolo di Asia Times Online trattava del discorso tenuto dall’economista Robert A. Mundell alla Chulalongkorn University di Bangkok, nel quale aveva affermato che "[l]’Asean più tre" (i dieci membri dell’Associazione dei Paesi del Sudest Asiatico più Cina, Giappone e Corea) "dovrebbe guardare all’Unione Europea come modello per una più stretta integrazione delle politiche monetarie e commerciali, e alla fine per l’integrazione valutaria." [14]

Il 6 maggio 2005 il sito dell’ASEAN annunciava che "la Cina, il Giappone, la Corea e i dieci membri dell’ASEAN si sono accordati per un’espansione della loro rete di scambi valutari verso quello che potrebbe diventare in pratica un Fondo Monetario Asiatico," e che " i rappresentanti finanziari delle tredici nazioni, incontratisi collateralmente alla conferenza annuale della Asian Development Bank (ADB), sembrano determinati a trasformare i loro diversi accordi bilaterali in una qualche specie di accordo multilaterale, sebbene nessuno di loro parlerebbe direttamente di un Fondo Monetario Asiatico." [15]

Nell’agosto del 2005 la San Francisco Federal Reserve Bank pubblicò un rapporto sulle prospettive di un’unione monetaria dell’Asia orientale {Cina, Corea, Giappone}, affermando che l’Asia orientale possedeva i requisiti per aderire a un’unione monetaria, ma che tuttavia, in confronto alla situazione europea, "la conclusione è che la stipula di qualsiasi accordo monetario, incluso quello riguardante una valuta comune, in Asia orientale sarebbe molto più ardua." Inoltre "In Europa l’unione monetaria si è potuta conseguire in primo luogo perché essa era parte di un più ampio processo di integrazione politica," ma "in Asia orientale non vi è alcun manifesto desiderio di integrazione politica, in parte a causa delle grandi differenze tra i sistemi politici, le culture e la storia condivisa dei vari paesi dell’area. Per via delle loro vicende storiche individuali, i paesi dell’Asia orientale rimangono piuttosto gelosi della loro sovranità."

Un altro grosso problema indicato dalla San Francisco Fed è che "i governi dell’Asia orientale nutrono maggiore sospettosità nei riguardi delle istituzioni sovranazionali dotate di grande potere," e perciò "in Asia orientale le preoccupazioni riguardo la sovranità hanno reso i governi riluttanti a delegare poteri significativi a organismi sovranazionali, almeno finora." Il rapporto continua spiegando che, in contrasto coi passi effettuati in Europa per la creazione di un’unione monetaria, "nessun trattato commerciale allargato è stato stipulato tra i maggiori paesi della regione, Giappone, Corea, Taiwan e Cina." Un ulteriore problema è che "l’Asia orientale non sembra possedere un naturale candidato come valuta interna di riferimento per ottenere un accordo cooperativo sui tassi di cambio. Quasi tutte le nuove valute di successo sono nate a ridosso di valute preesistenti, costruendo la fiducia sulla propria convertibilità e quindi unendo il vecchio al nuovo."

Il rapporto conclude che "la stabilizzazione del tasso di cambio e l’integrazione monetaria non sembrano probabili, a breve scadenza. Nonostante questo, l’Asia orientale si sta integrando attraverso il commercio, anche senza insistere su accordi formali di liberalizzazione," e che "ci sono prove di una crescente cooperazione finanziaria nella regione, inclusa l’elaborazione di accordi regionali per la fornitura di liquidità durante le crisi, tramite foreign exchange swap bilaterali {d}, discussioni su una sorveglianza economica regionale, e lo sviluppo di un mercato azionario altrettanto regionale." Alla fine "l’Asia orientale potrebbe seguire lo stesso sentiero {dell’Europa}, all’inizio con accordi non troppo rigidi che stabilizzino le valute, seguiti poi da accordi più vincolanti, per finire con l’adozione di una moneta di riferimento – e magari, ancora più in là, ci sarà un dollaro dell’Asia orientale." [16]

Nel 2007 leggiamo che "L’Asia potrebbe aver bisogno di istituire un suo proprio fondo monetario per affrontare le future crisi finanziarie, simili a quella che ha coinvolto la regione dieci anni fa," e che "una maggiore integrazione finanziaria dell’Asia è l’antidoto migliore contro le future crisi finanziarie." [17]

Nel settembre del 2007 la rivista Forbes riferisce che "Un’unione monetaria dell’Asia orientale, col Giappone come nucleo di riferimento, è fattibile, ma la regione manca della volontà politica di realizzarla, questo secondo l’Asian Development Bank." Pradumna Rana, un economista dell’Asian Development Bank (ADB) ha deto che "sembra realizzabile l’istituzione di un’unione monetaria nell’Asia orientale – in particolare tra Indonesia, Giappone, Corea (del Sud), Malaysia, Filippine, Singapore e Thailandia," e che "Il potenziale economico per l’integrazione monetaria in Asia è forte, malgrado le basi politiche di un simile accordo non siano ancora state poste." Inoltre "un’autentica integrazione a livello commerciale rafforzerà la tesi a favore di un’unione monetaria asiatica, in modo simile a quanto avvenuto in Europa con l’integrazione dell’economia reale," e in ultima analisi "il percorso verso un’unione monetaria asiatica potrebbe procedere su più binari e a più velocità, mentre sul versante commerciale l’obbiettivo resterebbe un’area asiatica di libero scambio e priva di barriere.." [18] Nell’aprile del 2008 avviene che "i vice governatori delle banche dell’ASEAN e i corrispettivi vice ministri delle finanze si sono riuniti nella città vietnamita di Da Nang, per discutere dell’integrazione e cooperazione finanziaria e monetaria nella regione."[19]

Un’Unione Monetaria Africana

Attualmente l’Africa vede diverse iniziative di unione monetaria, insieme ad alcune unioni effettivamente operanti nel continente. Una di queste è il “monetary union project of the Economic Community of West African States (ECOWAS) {Progetto di unione monetaria della comunità economica degli stati dell’Africa Occidentale}”, che è un "gruppo regionale di 15 paesi dell’Africa Occidentale." Tra i suoi membri ci sono stati che già fanno parte di un’unione monetaria regionale già esistente, la West African Economic and Monetary Union (WAEMU). L’ECOWAS raggruppa Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea, Guinea Bissau, Mali Niger, Senegal, Sierra Leone, Togo, Capo Verde, Liberia, Ghana, Gambia e Nigeria. [20]

L’Unione Africana è stata fondata nel 2002, ed è un’organizzazione intergovernativa che include 53 stati africani. Nel 2003 la Brookings Institution diffuse un documento sull’integrazione economica africana. Gli autori iniziavano sostenendo che "L’Africa, come altre regioni del mondo, sta puntando alla creazione di una valuta comune. Ci sono già progetti per unioni monetarie regionali, e una trattativa sulle partecipazioni a una futura banca centrale africana sta per avere inizio." Inoltre "Una valuta comune era anche uno degli obbiettivi dell’Organizzazione per l’Unità Africana e della Comunità Economica Africana, le antenate dell’Unione Africana. (…) Il Trattato di Abuja del 1991, che istituiva la Comunità Economica Africana, prefigura sei fasi per il raggiungimento di una valuta comune africana che si sarebbero dovuti completare all’incirca entro il 2028. Nelle prime fasi sarebbero state rafforzate l’integrazione e la cooperazione regionale, e questo avrebbe incluso la creazione di unioni monetarie regionali. La fase finale implica la fondazione della Banca Centrale Africana (ACB), l’adozione di una moneta unica africana, e la creazione di un’Unione Economica e Monetaria Africana.”

Il documento afferma inoltre che la Banca Centrale Africana (ACB) "non vedrebbe la luce prima del 2020, [ma] è probabile che gli accordi per la sua localizzazione cominceranno presto," e comunque "esistono piani per la creazione di diverse unioni monetarie regionali, che presumibilmente costituiranno le basi per le future banca centrale e valuta comune africane." [21]

Nell’agosto del 2008 "I governatori delle banche centrali africane si sono riuniti nell’Hotel Serena di Kigali per discutere della creazione di tre istituzioni finanziarie all’interno dell’Unione Africana (AU)," a cui dovrebbe seguire "una risoluzione dell’AU per l’istituzione di un Fondo Monetario Africano (AMF), una Banca Centrale Africana (ACB) e una Banca di Investimenti Africana (AIB)." I governatori "hanno concordato che l’ACB, una volta fondata, dovrebbe gestire in autonomia la moneta unica e l’autorità economica del continente." [22]

Il 2 marzo 2009 viene riferito che "L’Unione Africana sottoscriverà questo mese una dichiarazione d’intenti insieme alla Nigeria, in ordine alla creazione di una banca centrale continentale," e che "L’istituzione avrà sede nella capitale della Nigeria, Abuja, ha detto ai giornalisti Maxwell Mkwezalamba, commissario per gli affari economici dell’Unione Africana." Inoltre "Come ulteriore passo verso la creazione della banca, l’istituzione panafricana creerà entro i prossimi tre anni un Istituto Monetario Africano, ha affermato {Mkwezalamba} a un incontro con economisti africani tenutosi in città," e ha detto anche "Abbiamo un accordo per operare insieme all’Associazione dei Governatori delle Banche Centrali Africane nel creare un comitato tecnico congiunto che ci aiuti nella ricerca di una strategia comune." [23]

Il sito web del Ministero per gli Affari Esteri keniano riferiva che "Il commissario per gli affari economici dell’Unione Africana Dottor Maxwell Mkwezalamba ha manifestato il suo ottimismo sull’adozione di una moneta comune africana," e che i temi principali discussi durante la riunione in Kenya della Commissione AU erano intitolati "Verso la creazione di una moneta unica africana; Analisi della creazione di una moneta unica africana; Quale approccio adottare per accelerare la creazione di una moneta unica continentale." [24]

Un’Unione Monetaria del Nord America e l’Amero

amero

Nel gennaio del 2008 scrissi un articolo che documentava i passi che si stavano facendo verso la creazione di una moneta unica nordamericana, da chiamare probabilmente Amero. [Vedi: Andrew G. Marshall, North-American Monetary Integration: Here Comes the Amero. Global Research: January 20, 2008] Riassumerò qui brevemente le informazioni contenute nell’articolo.

Nel 1999 il Fraser Institute, un importante e assai influente think tank canadese, pubblicò un rapporto scritto da Herbert Grubel, professore di Economia ed ex parlamentare, rapporto che si intitolava The Case for the Amero: The Economics and Politics of a North American Monetary Union {In Favore dell’Amero: l’Economia e la Politica di un’Unione Monetaria Nordamericana}. Grubel scriveva che "Il progetto per la creazione di una Unione Monetaria Nordamericana presentato in questo studio è designato per includere Canada, Stati Uniti e Messico," e che "Una Banca Centrale Nordamericana, così come la Banca Centrale Europea, avrà la responsabilità istituzionale solo della stabilità dei prezzi, non della piena occupazione." [25] A suo modo di vedere "la sovranità non è un valore assoluto {is not infinitely valuable}. "L’opportunità di rinunciare a taluni aspetti della sovranità dovrebbe essere valutata rispetto ai vantaggi ottenuti con un simile sacrificio," e inoltre "È importante rilevare che il Canada ha in pratica rinunciato alla propria sovranità economica in diversi settori, il più importante dei quali riguarda l’Organizzazione Mondiale del Commercio (ex GATT), il North American Free Trade Agreement, il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale." [26]

Sempre nel 1999 il C.D. Howe Institute, un altro dei maggiori think tank canadesi, diffuse un documento intitolato From Fixing to Monetary Union: Options for North American Currency Integration {Dal Fixing (e) all’Unione Monetaria: le Opzioni per un’Integrazione Monetaria del Nord America}, in cui si leggeva che "La maniera più semplice di affrontare l’idea di una NAMU [North American Monetary Union] è di vederla come l’equivalente nordamericano dell’Unione Monetaria Europea (EMU), e, per estensione, dell’euro." [27] Più giù sostiene che " è chiaro che una NAMU implicherebbe la fine della sovranità monetaria del Canada. È ancora più ovvio che implicherebbe l’abbandono di un tasso di inflazione made-in-Canada, a favore di uno degli USA o della NAMU." [28] {f}

Nel maggio del 2007 David Dodge, allora governatore della Central Bank of Canada, affermava che "il Nord America potrebbe un giorno abbracciare una moneta unica in stile euro," e che alcuni dei suoi fautori hanno soprannominato questa moneta unica nordamericana ‘amero’." Rispondendo a una domanda, diceva che "una moneta unica è ‘possibile’." [29]

Nel novembre del 2007 uno dei miliardari più affluenti del Canada, Stephen Jarislowsky, tra l’altro membro della direzione del C.D. Howe Institute, riferiva a una commissione parlamentare che "Il Canada dovrebbe rimpiazzare il suo dollaro con una valuta nordamericana, oppure agganciarlo a quello statunitense, per evitare le oscillazioni dei tassi di cambio che ha subito ultimamente," e che "Credo che dovremmo cominciare a considerare seriamente un modello di valuta continentale proprio come in Europa." [30]

All’ex Presidente messicano Vicente Fox, che nel 2007 partecipava al programma tv Larry King Live, venne posta una domanda riguardo l’eventualità di una moneta comune per l’America Latina, a cui rispose dicendo: "È una cosa lunga, molto lunga. Quello che io e il Presidente Bush abbiamo proposto è l’ALCA, che è un’unione commerciale per tutte le Americhe. E tutto procedeva alla grande finché arrivò Hugo Chavez. Lui ha deciso di isolarsi. Ha deciso di combattere e distruggere quest’idea." Quindi Larry King domandò: "Sarà una specie di euro-dollaro, quindi?" Al che Fox rispose: "Be’ alla lunga, molto alla lunga. Credo che per avviare il processo il primo passo sia un accordo commerciale. E ancora più in là, una visione nuova, come stiamo cercando di fare con il NAFTA." [31] {g}

Nel gennaio del 2008 Herbert Grubel, l’inventore del termine "amero" per il documento del Fraser Institute, scrisse un articolo per il Financial Post, nel quale raccomandava di agganciare il dollaro canadese a quello statunitense con un tasso di cambio fisso, ma che questo era problematico, visto che così la US Federal Reserve avrebbe avuto il controllo dei tassi di interesse canadesi. Proseguiva perciò dicendo che "esiste una soluzione a questa carenza di affidabilità. In Europa la si è trovata nella creazione dell’euro e la fine formale della capacità delle singole banche centrali di stabilire i tassi di interesse. L’analoga creazione dell’amero non sarebbe possibile senza l’improbabile cooperazione degli Stati Uniti. Questo conduce alla soluzione del problema di affidabilità tramite l’adozione unilaterale {da parte del Canada} di un aggancio valutario {del dollaro canadese su quello statunitense}, il quale assicurerebbe che i deficit della bilancia dei pagamenti portino automaticamente a una modifica della liquidità e tassi di interesse canadesi, questo fino all’eliminazione dello squilibrio, e tutto senza alcuna iniziativa da parte della Bank of Canada o influenza della politica. Sarebbe desiderabile adottare l’aggancio valutario insieme a un Nuovo Dollaro Canadese, valutato alla pari col dollaro statunitense. Con una competitività a lungo termine assicurata da un aggancio a un dollaro USA valutato 90 centesimi." [32] {h}

Nel gennaio del 2009 Market Watch, una pubblicazione online del Wall Street Journal, discuteva della possibilità di una iperinflazione del dollaro statunitense, e affermava di seguito, riguardo la prospettiva dell’amero, "a prima vista, per quanto difficile da immaginare, si intuisce che la cosa abbia un senso. La capacità di coniugare le risorse naturali del Canada, l’ingegnosa creatività americana e la mano d’opera a basso prezzo del Messico, permetterebbe al Nord America di competere meglio a livello globale." L’autore continua dicendo che "se la futura politica sarà quella di creare più debito, invece di lasciare che risparmio e investimenti [savings and obligations} si riequilibrino, dobbiamo fortemente considerare l’eventualità di uno shock sistemico. Potremmo aver bisogno di far guadagnare spazio a una valuta a due livelli, se il dollaro dovesse decadere sensibilmente dai livelli attuali," e che "Se si manifestasse una simile dinamica – e non ho elementi per affermarlo – l’equilibrio globale dei poteri si frammenterebbe in quattro regioni principali: Nord America, Europa, Asia e Medio Oriente. All’interno di un simile quadro le conseguenze si manifesterebbero attraverso agitazioni sociali e conflitti geopolitici." [33] —CONTINUA…

Andrew Marshall
Fonte: www.globalresearch.ca
Link: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=13070
6.04.2009
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di DOMENICO D’AMICO

La Fenice

Nel 1998 The Economist pubblicò un articolo intitolato Get Ready for the Phoenix {State Pronti per la Fenice}, in cui si scriveva "A trenta anni da adesso, gli americani, i giapponesi, gli europei e i cittadini di molti altri paesi ricchi (e di qualcuno relativamente povero) probabilmente pagheranno la spesa con la stessa valuta. I prezzi non verranno espressi in dollari, yen o marchi tedeschi, ma, diciamo, con la fenice. La fenice otterrà il favore di imprese e rivenditori perché sarà più pratica delle monete nazionali di oggi, che a quel punto sembreranno solo una delle bizzarre cause di sconvolgimento economico del tardo ventesimo secolo."

L’articolo afferma che "Il crollo dei mercati [del 1987] ha insegnato [ai governi] che una finta cooperazione politica è molto peggio di nessuna cooperazione, e che finché non sarà possibile una vera cooperazione (cioè finché i governi non saranno disposti a cedere parte della loro sovranità economica) ulteriori tentativi di stabilizzare le monete saranno molto problematici." Sorprendentemente, l’articolo afferma che "Ci vorranno ancora parecchie tempeste valutarie {big exchange-rate upset}, un altro po’ di crolli in borsa, e probabilmente un collasso economico o due, prima che i politici si decidano a considerare seriamente quell’opzione. Questo prefigura una caotica sequenza di emergenze seguite da provvedimenti-tampone, seguiti da ulteriori emergenze, una sequenza che si proietta molto più in là del 2018 – se non fosse per un paio di cose. Più il tempo passa, più i danni provocati dall’instabilità valutaria si accumulano; e le medesime tendenze che provocano quest’accumulazione renderanno realizzabile l’utopia dell’unione monetaria."

Più sotto, l’articolo afferma che "La zona-fenice imporrà vincoli stretti ai governi nazionali. Non esisterà più, per dirne una, una politica monetaria nazionale. La disponibilità mondiale di fenice verrà stabilita da una nuova banca centrale, forse una derivazione del FMI. Il tasso di inflazione mondiale – da cui, entro margini ristretti, deriveranno i tassi di inflazione nazionali – sarà di sua competenza. Ogni singola nazione potrà usare le tasse e la spesa pubblica per compensare temporanee cadute della domanda, ma per finanziare il loro deficit di bilancio non potranno stampare moneta, dovranno indebitarsi." L’autore ammette che "Questo comporta una grossa perdita di sovranità economica, ma le tendenze che rendono desiderabile la fenice sono le stesse che stanno comunque eliminando quella sovranità. Perfino in un mondo in cui i tassi di cambio fluttuano accettabilmente, i singoli governi hanno visto l’indipendenza delle loro azioni messa sotto scacco da un ambiente esterno ostile."

L’articolo conclude dicendo che "La fenice probabilmente nascerà come una mistura di valute diverse, come lo sono oggi i Diritti Speciali di Prelievo. Col tempo, tuttavia, il suo valore rispetto le valute nazionali cesserà di avere importanza, perché la gente la sceglierà per la sua comodità e per la stabilità del suo potere d’acquisto." E l’ultima frase afferma: "La data è indicativa, ma tenetela a mente lo stesso: per il 2018 preparatevi a dare il benvenuto alla fenice." [34]

Le Raccomandazioni per una Valuta Globale

Nel 1998 l’IMF Survey {rivista quattordicinale del FMI} discuteva di un discorso tenuto da James Tobin, importante economista americano, nel quale si sosteneva che "Una singola moneta globale potrebbe offrire una alternativa fattibile al {sistema del} tasso variabile." Tobin affermava anche che "esisterebbe ancora un gran bisogno" di "prestatori di ultima istanza." [35] {i}

Nel 1999, l’economista Judy Shelton, rivolgendosi all’US House of Representatives Committee on Banking and Financial Services {Commissione parlamentare sui servizi bancari e finanziari}, nella sua testimonianza affermava che "La continua espansione del libero commercio, la sempre maggiore integrazione dei mercati finanziari e l’avvento delle transazioni elettroniche concorrono tutti ad evocare la necessità di uno standard monetario internazionale – una unità di conto globale." E continuava dicendo che "Le unioni valutarie regionali sembrano essere il prossimo passo nell’evoluzione verso un qualche tipo di ordine monetario globale. L’Europa ha già adottato una moneta unica. L’Asia potrebbe costituirsi in un blocco monetario regionale che offra protezione dagli assalti speculativi ai danni delle valute delle nazioni più deboli. Molti dei paesi dell’America Latina stanno considerando svariati accordi monetari che li proteggano dal contagio finanziario e dalle conseguenze economiche della svalutazione. È importante chiedersi se questo processo di evoluzione monetaria sarà guidato con cognizione di causa o se invece verrà semplicemente affidato agli eventi. Secondo la mia opinione, la leadership politica può svolgere un ruolo decisivo nella creazione di un sistema monetario più ordinato e razionale, più decisivo dell’attuale disordinato approccio alle relazioni sui tassi di cambio."

Sheldon aggiungeva inoltre che "Come abbiamo visto in Europa, le fasi di sviluppo sono (1) si costruisce un mercato comune, e (2) si adotta una moneta comune. In effetti, finché non si dispone di una moneta comune, non si ha un mercato comune davvero efficiente." E concludeva dicendo: "Idealmente, ogni nazione dovrebbe prendersi il rischio di convertire la propria valuta, a un tasso prefissato, in qualche strumento universale di riserva {come il DSP di cui alla nota (a)}. Questo creerebbe automaticamente un’unione monetaria globale basata sull’uso di una comune unità di conto. Un percorso alternativo verso un ordine monetario stabile passa per la creazione di una moneta comune agganciata a uno strumento finanziario di valore intrinseco. Se da una parte l’attuale spinta verso la dollarizzazione va incoraggiata, specialmente riguardo a Messico e Canada, in ultima analisi la stabilità dell’ordine monetario mondiale non dovrebbe essere affidata a una singola nazione." [36] {j}

Paul Volcker, ex governatore del Federal reserve Board, dichiarò nel 2000 che "Se stiamo andando verso un’economia veramente globale, una valuta mondiale comune ha perfettamente senso." In un discorso pronunciato da un membro del Consiglio Direttivo della Banca Centrale Europea, si disse che Paul Volcker "potrebbe aver ragione, e un giorno potremo vedere un’unica moneta mondiale. Forse l’integrazione europea, al modo di altre integrazioni regionali, può essere vista come un passo verso la situazione ideale di un mondo pienamente integrato. Se e quando questo mondo potrà vedere la luce, è impossibile dirlo. Tuttavia, quello che posso dire è che questa visione sembra a molti di noi impossibile, nello stesso modo in cui un’unione monetaria europea sembrava impossibile 50 anni fa, quando il processo di integrazione europeo era agli inizi." [37]

^Nel 2000 il FMI indisse una conferenza internazionale e pubblicò un breve rapporto intitolato One World, One Currency: Destination or Delusion? {Un Solo Mondo, una Sola Moneta: Punto d’Arrivo o Illusione?}, in cui si affermava che "Mentre cresce la consapevolezza che il mondo si stia gradualmente suddividendo in pochi blocchi valutari regionali, la prosecuzione logica di queste tendenze emerge come possibilità teorica: una valuta mondiale unica. Se ci sono tanti paesi che vedono i vantaggi dell’integrazione monetaria, non verrebbero massimizzati, questi vantaggi, da una moneta mondiale?"

Il documento proseguiva: "Il blocco del dollaro, sostenuto dalla forza dell’economia statunitense, si è ulteriormente allargato, grazie alla dollarizzazione e agli accordi di libero scambio. Il blocco dell’euro rappresenta un’unione economica che dovrebbe diventare una piena unione politica in grado di espandersi verso il Centro e l’Est Europa. Un blocco dello yen potrebbe emergere attraverso le attuali proposte di cooperazione monetaria asiatica. In America Latina, un’unione monetaria potrebbe formarsi tra i membri del Mercosur, e intorno al rand sudafricano si è già una zona monetaria estesa geograficamente, mentre la fusione tra il dollaro australiano e quello neozelandese è in Oceania argomento di discussione da sempre."

Il sunto iniziale dice che "Gli stessi aspetti di efficienza commerciale, di economia di scala, e i fattori pratici che spingono le valute regionali a unirsi, esistono presumibilmente anche al livello successivo – quello globale." E più giù: "Le economie più piccole e vulnerabili del mondo – quelle che la comunità internazionale sta cercando di aiutare in ogni modo – sarebbero le prime a guadagnarci dalla stabilità e sicurezza che deriverebbero da una moneta unica mondiale." [38] Ricordiamoci che questo documento è stato prodotto dal FMI, per cui le raccomandazioni su quello che potrebbe "aiutare" i paesi piccoli e vulnerabili dovrebbero essere prese cum grano salis, meglio, cum bidone salis. {k}

L’economista Robert A. Mundell da lungo tempo parla a favore di una moneta globale. Sul suo sito afferma che la creazione di una valuta globale è "un progetto che restituirebbe la coerenza necessaria al sistema monetario internazionale, doterebbe il FMI di una funzione che lo aiuterebbe a promuovere la stabilità, e sarebbe un catalizzatore di armonia internazionale." Egli dice che "I vantaggi di una valuta globale sarebbero enormi. In tutto il mondo le tariffe verrebbero espresse con la stessa unità di conto, e sarebbero gli stessi in ogni parte del mondo, nella misura in cui si permettesse alla legge del prezzo unico di funzionare {l}. Senza tariffe e controlli, gli scambi tra paesi sarebbero facili come quelli tra i singoli stati degli USA." [39]

Appelli rinnovati per una moneta globale

Il 16 marzo 2009 la Russia ha suggerito che "Il summit di aprile del G20 a Londra dovrebbe cominciare istituendo un sistema di gestione della globalizzazione, e considerare la possibilità di creare una valuta di riserva sovranazionale, o una ‘valuta di super-riserva’." La Russia ha invitato alla "creazione di una valuta di riserva sovranazionale che sia emessa da istituzioni finanziarie internazionali," e che sembra opportuno riconsiderare il ruolo del FMI in tale processo, e delineare possibilità e necessità di prendere misure atte a far sì che i Diritti Speciali di Prelievo divengano una valuta di super-riserva riconosciuta dalla comunità mondiale." [40]

Il 23 marzo 2009 veniamo a sapere che la banca centrale cinese "ha proposto di rimpiazzare il dollaro statunitense, come valuta internazionale di riserva, con un nuovo sistema globale sotto il controllo del Fondo Monetario Internazionale." L’obbiettivo finale sarebbe la valuta di riserva internazionale che "sarebbe svincolata dalle singole nazioni, e potrebbe rimanere stabile nel lungo periodo, eliminando in tal modo i difetti intrinseci dati dall’uso delle monete-credito {m} nazionali."

Il maggior economista, per quel che riguarda la Cina, del gruppo bancario HSBC ha dichiarato che "Si tratta di un chiaro segno che la Cina, in quanto maggior detentrice di titoli in dollari statunitensi, è preoccupata del potenziale rischio d’inflazione derivato dalla stampa di denaro da parte della US Federal Reserve." Il governatore della Banca Popolare Cinese, la banca centrale, "Ha suggerito di ampliare il ruolo dei Diritti Speciali di Prelievo, che vennero introdotti dal FMI nel 1969 per sostenere il regime di tassi di cambio fissi di Bretton Woods, ma diventarono meno rilevanti dopo che quel regime venne meno negli anni 70." Attualmente "il valore dei DSP si basa su un paniere di quattro valute – dollaro statunitense, yen, euro e sterlina – e vengono usati abbondantemente come unità di conto, sia dal FMI sia da altre organizzazioni internazionali."

Tuttavia, "Secondo la proposta cinese il paniere che fa da base per la quotazione dei DSP dovrebbe essere allargato a tutte le economie più importanti, e si dovrebbe istituire un sistema di aggiustamento tra i DSP e le altre valute, così che i primi possano essere utilizzati negli scambi internazionali e nelle transazioni finanziarie." [41]

Il 25 marzo Timothy Geithner, Segretario al Tesoro ed ex Presidente della New York Federal Reserve, ha parlato al Council on Foreign Relations, e a chi gli domandava un parere sulla proposta cinese di istituire una valuta di riserva globale, Geithner ha risposto: "Non ho letto la proposta del governatore. È un rappresentante di banca centrale notevole, importante, molto ponderato e attento. In genere lo trovo assennato in ogni questione. Ma da quel che ho capito della sua proposta, si tratta di aumentare l’utilizzo dei DSP da parte del FMI. Un suggerimento che ci trova attualmente molto disponibili. Ma si dovrebbe concepire la cosa come l’accrescimento evolutivo dell’attuale architettura finanziaria, piuttosto che un passo verso un’unione monetaria globale [corsivo mio]." [42]

A fine marzo leggiamo che "Un comitato di economisti delle Nazioni Unite ha proposto una nuova moneta di riserva globale che dovrebbe sostituire il sistema a base dollaro utilizzato per decenni dalle banche centrali," e che "una valuta di riserva dall’amministrazione indipendente potrebbe operare senza i conflitti creati dal dollaro statunitense e mantenere stabili i prezzi." [43]

Un articolo recente dell’Economic Times afferma che "Il mondo non è ancora pronto per una valuta di riserva internazionale, ma è pronto a dare inizio al processo di passaggio a una tale valuta. Altrimenti, resterebbe troppo vulnerabile rispetto alla nazione egemonica," sarebbe a dire gli Stati Uniti. [44] Un altro articolo dell’Economic Times comincia dicendo che "Il mondo ha certamente bisogno di una moneta internazionale." Più giù si dice che "Data la refrattarietà ad accettare dollari e la mancanza di alternative, il sistema internazionale di pagamenti potrebbe conoscere un blocco che le autorità monetarie non potrebbero controllare, conducendo l’economia mondiale verso una Grande Depressione," e che per evitare una simile calamità, la comunità internazionale dovrebbe immediatamente ripescare l’idea del Substitution Account proposto nel 1971 {n}, mediante il quale le istituzioni in possesso di dollari possono depositare la valuta indesiderata in un conto speciale del FMI, avendo il valore del deposito ridenominato in una valuta internazionale, quali i DSP del FMI." [45]

Immersi nei timori di una caduta del dollaro dovuta ai discorsi sulla nuova moneta globale, veniamo informati che "Il ruolo del dollaro come moneta di riserva non sarà messo in pericolo da una moltiplicazione per nove dell’unità di conto del Fondo Monetario Internazionale, secondo {le banche} UBS AG, ING Groep NV e Citigroup Inc." Sono opinioni raccolte al recente summit del G20, durante il quale "Il gruppo dei venti leader ha dato ieri l’approvazione alla riscossione, da parte del FMI, di 250 miliardi di dollari, mediante l’emissione di Diritti Speciali di Prelievo, o DSP, la valuta artificiale che il FMI utilizza per regolare le transazioni tra i suoi stati membri. Il gruppo ha anche concordato di immettere altri 500 miliardi di dollari nel salvadanaio {o} del FMI." [46] In altre parole, le grandi istituzioni finanziarie globali sono venute retoricamente in soccorso del dollaro, in modo da non far precipitare una crisi già in corso {p}, così che possano continuare a costruire con calma una nuova valuta globale.

La creazione di una Banca Centrale Mondiale

Nel 1998 Jeffrey Garten scrisse un articolo per il New York Times in favore di una "Fed globale". Garten è stato preside della Yale School of Management, Sottosegretario al Commercio per gli Scambi Internazionali {Undersecretary of Commerce for International Trade} sotto Clinton, in precedenza aveva servito nell’amministrazione Nixon nel Council on International Economic Policy della Casa Bianca, e aveva fatto parte del gruppo di pianificazione dell’azione politica dei Segretari di Stato Henry Kissinger e Cyrus Vance sotto Carter e Ford, è stato Direttore Generale {managing director} alla Lehman Brothers, ed è membro del Council on Foreign Relations {q}. Nel suo articolo del 1998 affermava che "nel corso del tempo gli Stati Uniti hanno fondato imprescindibili istituzioni centrali – la Securities and Exchange Commission (1933), la Federal Deposit Insurance Corporation (1934) e, la più importante di tutte, la Federal Reserve (1913). Facendo così, l’America divenne un’economia nazionale gestita. Queste organizzazioni vennero create per far sì che il capitalismo funzioni, per prevenire i cicli affaristici distruttivi e moderare la cruda, invisibile mano di Adam Smith."

Egli poi postula che "Una banca centrale indipendente, responsabile del mantenimento della stabilità finanziaria mondiale, è l’unica via d’uscita. Nessun altro può fare quel che è necessario: iniettare maggiore liquidità nel sistema per stimolare la crescita, ridurre i debiti stratosferici dei mercati emergenti, e supervisionare le operazioni di istituzioni finanziarie traballanti. Una banca centrale globale potrebbe fornire un incremento di liquidità nel momento in cui stesse perdendo rapidamente vigore." Inoltre "Una tale banca rivestirebbe un ruolo di supervisione per banche ed altre istituzioni finanziarie ovunque nel mondo, fornendo qualche standard uniforme per un’oculata attività creditizia in posti come Cina e Messico. [Comunque, l]a regolamentazione non deve per forza essere inflessibile." Garter continua: "Ci sono due modi di finanziare una banca centrale globale. Potrebbe avere linee di credito in tutte le banche centrali, prelevando in tempi difficili e depositando quando i mercati salgono. In alternativa – cosa, bisogna ammettere, molto difficile da realizzare – il finanziamento potrebbe venire da una piccolissima tariffa applicata su ogni scambio commerciale, riscossa all’atto dell’importazione, o da una tassa su alcune transazioni finanziarie globali."

È interessante che Garten affermi che "L’unica cosa che sarebbe inaccettabile, riguardo questa banca, sarebbe la dipendenza da corpi legislativi dalla visione a breve termine." In sostanza, non dovrebbe rendere conto ai popoli del mondo. Perciò Garten si pone la domanda: " A chi dovrebbe rendere conto una banca centrale mondiale? Sarebbe troppo potente per essere gestita solo da tecnocrati, per quanto i migliori tra loro dovranno comunque amministrarla. Una possibilità consiste nel collegare la nuova banca a un Gruppo dei Sette più allargato – magari un G-15 [o, nel contesto odierno, un G20] che includerebbe il G-7 e una rotazione di membri come Messico, Brasile, Sud Africa, Polonia, India, Cina e Corea del Sud." Poi aggiunge che "Ci dovrebbe essere una stretta collaborazione" tra la banca globale e la Fed, e che "La banca globale non opererebbe all’interno degli Stati Uniti, e non sarebbe in grado di scavalcare le decisioni della nostra banca centrale. Ma potrebbe fornire l’ingrediente internazionale mancante – il finanziamento d’emergenza per mercati emergenti in crisi di liquidità. Non avrebbe influenza sui mutui ipotecari americani, ma potrebbe favorire la profittabilità delle compagnie multinazionali americane, creando un ambiente globale più sano per i loro affari." [47]

Nel settembre del 2008 Jeffrey Garten scrisse un articolo per il Financial Times, in cui affermava che "Anche se la massiccia operazione di salvataggio finanziario in corso negli USA avesse successo, dovrebbe comunque essere seguita da qualcosa di portata ancora più vasta – l’istituzione di un’Authority Monetaria Globale che controlli mercati che ormai non hanno più confini." Garten sottolinea la "necessità di una nuova Authority Monetaria Globale. Regolerebbe i mercati di capitale in un modo che non susciterebbe un’opposizione viscerale a una funzione di controllo pubblico capace di interventi regolati, e restituirebbe alla formazione di capitali la finalità di crescita e sviluppo economico, invece dello scambio fine a se stesso."

Più giù dice che questa "GMA fungerebbe da assicuratrice o scontataria {r} per alcune delle obbligazioni in possesso delle banche centrali. Verificherebbe le attività di controllo delle varie authority nazionali con molta più efficacia del FMI, e supervisionerebbe alla messa in opera di un numero limitato di normative globali. Vigilerebbe sui rischi a livello globale e sarebbe un sistema di primo allarme con molto più peso, nell’effetto di diramazione dell’allarme, di quanto ne possa avere la Banca dei Regolamenti Internazionali {b}." Inoltre "Le compagnie finanziarie più grandi dovranno registrarsi presso la GMA, e quindi sottoporsi ai suoi controlli, o altrimenti finire sul libro nero. Parliamo di compagnie commerciali e banche, ma anche di fondi sovrani, fondi speculativi particolarmente grandi e fondi di private equity {s}." Viene raccomandato che il suo consiglio di amministrazione "includa i banchieri centrali non solo di Stati Uniti, Regno Unito, dell’eurozona e del Giappone, ma anche di Cina, Arabia saudita e Brasile. Sarebbe finanziata da contributi obbligatori da parte di ogni paese idoneo, e da premi di tipo assicurativo provenienti da compagnie finanziarie globali – quotati pubblicamente, posseduti in egual misura da governo e privati." [48]

Nell’ottobre del 2008 viene riportato che l’amministratore delegato della Morgan Stanley, John Mack, aveva affermato che "potrebbe volerci una coordinazione internazionale prolungata nel tempo per sbloccare i mercati del credito e risolvere la crisi finanziaria, forse perfino l’istituzione di un nuovo organismo globale che supervisioni il processo." [49]

Alla fine dell’ottobre del 2008, Jeffrey Garten scrisse un articolo per Newsweek, in cui diceva che "i leader politici dovrebbero cominciare a stendere le basi per la formazione di una banca centrale globale." Spiegava inoltre che "C’è stato un tempo in cui era la U.S. Federal Reserve a svolgere questo ruolo [di autorità di governo finanziario del mondo], essendo la maggiore istituzione finanziaria della maggiore economia mondiale, che controllava l’unica valuta a diffusione globale. Ma con la crescita dei mercati di capitale l’avvento di monete come l’euro e l’emersione di potenti protagonisti come la Cina, il trasloco di ricchezza verso Asia e Golfo Persico e, naturalmente, dati i profondi problemi della stessa economia americana, la Fed non ha più la capacità di stare da sola al comando."

Garten illustra i criteri e le funzioni di una banca centrale mondiale dicendo che "potrebbe essere il principale controllore delle grandi istituzioni finanziarie globali, tipo la Citigroup o la Deutsche Bank, le cui attività oltrepassano le frontiere," come anche "operare da tribunale fallimentare quando le grandi banche globali che operano in svariati paesi devono essere ristrutturate. Potrebbe supervisionare non solo le grandi banche commerciali, tipo la Mitsubishi UFJ, ma anche il sistema finanziario ‘alternativo’ che si è sviluppato in anni recenti, consistente in fondi speculativi, gruppi di private equity e fondi sovrani – ciascuno dei quali oggi è sostanzialmente privo di controlli." In più "potrebbe influenzare i principali tassi di cambio, e potrebbe presiedere a un nuovo summit monetario che riallinei dollaro e yuan, ad esempio, dato che uno dei suoi scopi principali sarebbe quello di affrontare il grande squilibrio finanziario che pende come una spada di Damocle sull’economia mondiale."

Garter postula ulteriormente che "Una banca centrale globale non eliminerebbe la necessità della Federal Reserve o di altre banche centrali nazionali, che continuerebbero ad avere la prima responsabilità per solide politiche di controllo e per la stabilità monetaria dei loro rispettivi paesi. Ma avrebbe una grande influenza su di esse, quando si trattasse di adeguarsi a politiche coerenti con la crescita globale e la stabilità finanziaria. Ad esempio, opererebbe insieme ad alcuni paesi chiave per meglio coordinare i piani nazionali di stimolo finanziario quando il mondo conoscesse una recessione (come succede adesso), cosicché l’effetto cumulativo delle varie iniziative nazionali non sia talmente sproporzionato da gettare i semi di una crisi inflattiva globale. Si tratta di un grave pericolo, nel momento in cui ovunque la spesa pubblica sta andando a mille." [50]

Nel gennaio del 2009 leggiamo che "una soluzione lampante per evitare che i problemi si ripropongano darebbe la fondazione di una ‘banca centrale globale’ – data l’incapacità di FMI e Banca Mondiale di prevenire la catastrofe finanziaria." Il dottor William Overholt, senior research fellow alla Harvard Kennedy School, ex membro del Rand Institute, ha tenuto un discorso nel Dubai, durante il quale ha affermato che "Per evitare un’altra crisi abbiamo bisogno della capacità di gestire la liquidità globale. Teoricamente lo si potrebbe ottenere mediante un qualche genere di banca centrale globale, o attraverso la creazione di una valuta globale, o attraverso l’accettazione globale di un insieme di norme (che includano sanzioni) e un meccanismo di composizione delle dispute." [51]

Guillermo Calvo, professore di Economia e di Affari Pubblici e Internazionali alla Columbia University, alla fine di marzo del 2009 ha scritto un articolo per VOX. Calvo è l’ex capo economista della Inter-American Development Bank {t}, ed è attualmente Research Associate al National Bureau of Economic Research (NBER), nonché presidente della International Economic Association ed ex Consigliere Anziano nel Settore Ricerche del FMI.

Egli scrive che "L’accesso al credito non viene assicurato da normative finanziarie più rigide. Infatti esse possono essere controproducenti, a meno che non vengano accompagnate dalla designazione di un prestatore di ultima istanza {i}[lender of last resort] (LOLR) che attutisca radicalmente la durezza della crisi finanziaria, fornendo tempestive linee di credito. Con quest’obbiettivo in mente, il XX Secolo ha visto la creazione di banche centrali nazionali o regionali che si occupavano di sottoinsiemi del mercato di capitali. Oggi è divenuto evidente che il campo d’azione delle attuali banche centrali è molto limitato, e il mondo è privo di un’istituzione che ricopra questo indispensabile ruolo globale. Il FMI si sta muovendo in quella direzione, ma è ancora troppo piccolo e troppo limitato per essere all’altezza del compito."

Calvo continua dicendo che "la prima proposta che vorrei avanzare è che la questione delle regolamentazioni del sistema finanziario vada discussa di pari passo con quella di un prestatore di ultima istanza globale." E propone anche che "le istituzioni finanziarie internazionali devono al più presto venire dotate di una molto maggiore potenza di fuoco, perché aiutino le economie emergenti ad attraversare il periodo di riduzione della leva finanziaria {deleveraging period} {u}." [52]

Un "Nuovo Ordine Mondiale" dell’attività bancaria

Nel marzo del 2008, a seguito del collasso della Bear Stearns, l’agenzia Reuters diffondeva un rapporto rilasciato dall’organismo di ricerca CreditSights, che affermava che "Le compagnie finanziarie si trovano di fronte a un ‘nuovo ordine mondiale’," e che "dopo la JPMorgan Chase & Co. seguiranno altre fusioni e acquisizioni." E più giù: "Nella prospettiva di future fusioni, la CreditSights include tra i potenziali acquisitori JPMorgan Chase, Wells Fargo, US Bancorp, Goldman Sachs e la Bank of America." [53]

Nel giugno del 2008, prima di diventare Segratario al Tesoro nell’amministrazione Obama, Timothy Geithner, nella veste di capo della New York Federal Reserve, ha scritto un articolo per il Financial Times (subito dopo la sua partecipazione alla conferenza Bilderberg del 2008) in cui dice che "Banche {centrali} e banche d’investimento, la cui salute è fondamentale per il sistema finanziario globale, dovrebbero operare all’interno di una cornice normativa unificata," e che "la US Federal Reserve dovrebbe giocare un ‘ruolo centrale’ in questa nuova cornice normativa, lavorando a stretto contatto cogli organismi di controllo sia statunitensi sia esteri." [54]

Nel novembre del 2008 The National, importante giornale degli Emirati Arabi Uniti, riferiva che il Barone David de Rotschild si era unito al Primo Ministro Gordon Brown nel suo viaggio in Medio Oriente, sebbene non ufficialmente al suo seguito. Dopo un’intervista col Barone, leggiamo che "Rotschild condivide l’opinione di molti sul fatto che ci esista un nuovo ordine mondiale. Secondo la sua opinione, le banche ridurranno la leva finanziaria e ci sarà una nuova forma di governance globale." [55]

Nel febbraio del 2009 il Times Online riferiva che un "Nuovo ordine mondiale nell’attività creditizia [è] necessario," e che "È sempre più evidente che il mondo ha bisogno di un nuovo sistema bancario, e che questo sistema non debba avere molto a che spartire con quello che ha conosciuto un fallimento tanto spettacolare." [56] Ma naturalmente coloro che stanno disegnando questo nuovo sistema creditizio erano i paladini di quello passato. Le soluzioni che verranno applicate saranno un’estensione del sistema attuale, solo sveltite dalla necessità creata dalla crisi in corso.
L’Alba di un governo globale

Un recente articolo del Financial Post {w} afferma che "Il pericolo nell’attuale situazione è che se il mondo andasse verso una valuta di riserva sovranazionale {v} creata da esperti, quali quelli della UN Commissions of Experts diretta dal nobel Joseph Stiglitz, rinunceremmo alla possibilità di un ordine monetario spontaneo e di un’armonia finanziaria, in cambio di un ordine pianificato e centralizzato e della politicizzazione della moneta. Un tale cambio di regime metterebbe in pericolo non solo il futuro valore del denaro ma, cosa ancora più importante, la nostra libertà e la nostra prosperità." [57]

Inoltre, "Un’inquietante caratteristica del nuovo ordine mondiale potrebbe risultare in un allargamento delle disparità economiche, perché le potenze in ascesa, come Cina, India e Brasile, guardano alle nazioni che sono più in giù nella scala come potenziali concorrenti." E l’autore afferma anche che "Il nuovo ordine mondiale, in questo modo, non sarà necessariamente migliore di quello vecchio," e che "Quello che comunque è certo è che gli affari globali saranno d’ora in poi molto differenti." [58]

Nell’aprile del 2009 Robert Zoellick, Presidente della Banca Mondiale, ha affermato che "Se i leader politici sono seri quando parlano della creazione di nuove competenze o governance globali, cominciamo modernizzando il multilateralismo per potenziare l’OMC, il FMI e la Banca Mondiale, perché supervisionino le politiche nazionali." [59]

David Rothkopf, studioso al Carnegie Endowment for International Peace, ex vice sottosegretario al Commercio per gli Scambi Internazionali sotto Clinon, ed ex amministratore delegato della Kissinger and Associates, membro del Council on Foreign Relations {q}, ha di recente scritto un libro intitolato Superclass: The Global Power Elite and the World They are Making {Superclasse: Le Elite di Potere Globale e il Mondo che Stanno Costruendo}, una classe di cui egli fa sicuramente parte. Discutendo del ruolo e dei piani di questa "superclasse" globale, egli afferma che "In un mondo di flussi globali e di minacce che non mostrano il passaporto alle frontiere nazionali, non è più possibile per un singolo stato-nazione agire da solo nel conseguire la sua parte del contratto sociale." [60]

Egli scrive che "perfino le alleanze e organizzazioni internazionali che ci sono adesso, con tutte le loro pecche, sarebbero fino a non molto tempo fa sembrate impossibili, e viene in mente il successo dell’Unione Europea – o uno stato unitario e democratico delle dimensioni dell’India. L’evoluzione e la realizzazione di simili entità, a dispetto delle probabilità contrarie, indicano l’esistenza non di pulsioni isolate, ma di una vastissima tendenza verso quello che Tennyson chiamava ‘il Parlamento dell’Uomo’ o ‘legge universale’." E dice di essere "ottimista riguardo ai progressi che continueranno a essere conseguiti," ma sarà difficile, perché {questi progressi} "minano molte strutture di potere nazionali e locali e molti concetti che si radicano profondamente nel sostrato della civiltà umana, vale a dire la nozione di sovranità." [61]

Inoltre afferma che "Nel contesto odierno i meccanismi di una governance globale sono maggiormente a portata di mano," e che questi meccanismi "offrono spesso elementi di novità attraverso soluzioni a problemi urgenti che non possono aspettare che il mondo abbracci una più vasta e controversa idea come quella di un vero governo globale." [62]

Nel dicembre del 2008 il Financial Times ha dato alle stampe un articolo di Gideon Rachman, in passato frequentatore del Bilderberg, il quale scrive che "per la prima volta in vita mia ritengo che la formazione di un qualche genere di governo mondiale sia plausibile," e che "un ‘governo mondiale’ implicherebbe molto di più della cooperazione tra nazioni. Sarebbe un’entità con caratteristiche simili a quelle di uno stato, sostenuto da un corpus iuris . L’Unione Europea ha già istituito un governo continentale per 27 paesi, il che potrebbe essere preso a modello. L’UE ha una corte suprema, una valuta, migliaia di leggi, una vasta burocrazia e la capacità di dispiegare forze armate."

Rachman si chiede inoltre se il modello europeo possa essere applicato a livello globale, e afferma che ci sono tre ragioni per ritenerlo possibile. Per prima cosa, dice, "è sempre più chiaro che i problemi più difficili che i governi nazionali si trovano ad affrontare sono di natura internazionale: riscaldamento globale, crisi finanziaria globale, ‘guerra al terrorismo globale’." Seconda cosa, "Si può realizzare" come corollario di una rivoluzione dei trasporti e delle comunicazioni che ha già "reso il mondo più piccolo." In terzo luogo, è reso possibile da un "clima [di risveglio] nell’atmosfera politica," dato che "La crisi finanziaria e il cambiamento climatico stanno spingendo i governi verso soluzioni di tipo globale, perfino per quel che riguarda USA e Cina, che tradizionalmente sono estremamente gelosi della loro sovranità nazionale."

Poi cita un consigliere del presidente francese Nicolas Sarkozy, che ha detto: " Governance globale è solo un eufemismo per governo globale," e che il "nocciolo della crisi finanziaria internazionale è che abbiamo mercati finanziari globali senza avere uno stato di diritto globale." Comunque, Rachman afferma che qualsiasi passo avanti verso un governo globale "sarà un processo lento e doloroso." Egli poi ci dice che un problema fondamentale di questi passi avanti può essere compreso con un esempio concreto riferito alla UE, che "ha subito una serie di brucianti sconfitte referendarie, quando progetti di unione ancora più stretta sono stati sottoposti agli elettori. In generale l’Unione ha avuto un progresso più rapido quando patti di vasta portata sono stati concordati tra tecnocrati e politici – e quindi approvati {dai parlamenti nazionali} senza un diretto appello agli elettori. Una governance internazionale tende ad essere efficace solo quando è antidemocratica . [corsivo mio]" [63]

Nel novembre del 2008, il National Intelligence Council (NIC), il "centro per il pensiero strategico a medio e lungo termine" statunitense, ha diffuso un rapporto elaborato in collaborazione con numerosi think tank, ditte di consulenza, istituzioni accademiche e centinaia di altri esperti, tra i quali l’Atlantic Council of the United States, il Wilson Center, la RAND Corporation, la Brooking Institution, l’American Enterprise Institute, la Texas A&M University, il Council on Foreign Relation e la Chatham House di Londra. [64]

Il rapporto, intitolato Global Trends 2025: A Transformed World { Tendenze Globali per il 2025: Un Mondo Traasformato } delinea le tendenze economiche e politiche globali che il mondo potrebbe conoscere entro il 2025. Per quel che riguarda la crisi finanziaria, il rapporto afferma che per risolverla "saranno necessari iniziative a lungo termine per l’istituzione di un nuovo sistema internazionale." [65] Suggerisce che, con un modello cinese di sviluppo sempre più invitante, ci potrebbe essere "un declino della democratizzazione" nelle economie emergenti, regimi autoritari e "democrazie deboli frustrate da anni di cattivi risultati economici." Inoltre, il dollaro cesserà di essere la moneta di riserva globale, data una futura probabile "fuga dal dollaro." [66]

Il dollaro diventerà "entro il 2025 qualcosa come un primus inter pares all’interno di un paniere di valute. Questo potrà verificarsi in uno strappo portato da una crisi, o gradualmente, con una serie di riequilibri globali." [67] Il rapporto discute della costituzione di un nuovo sistema internazionale, dicendo che "Entro il 2025 gli stati-nazione non saranno più i soli – e spesso nemmeno i maggiori – attori sulla scena mondiale, e il ‘sistema internazionale’ si sarà adattato per conformarsi alla nuova realtà. Ma questa trasformazione sarà incompleta e diseguale." Inoltre, sarebbe "improbabile l’avvento di un approccio onnicomprensivo e unitario alla governance globale. Le tendenze in corso suggeriscono che la governance globale del 2025 sarà un mosaico di iniziative, spesso sovrapposte, spesso frammentarie e create ad hoc , fatte di coalizioni mutevoli di singole nazioni, organizzazioni internazionali, movimenti sociali, ONG, fondazioni filantropiche e imprese." Inoltre "La maggior parte dei problemi transnazionali più impellenti – inclusi il cambiamento climatico, la regolamentazione del mercato finanziario globale, i flussi migratori, i failed state {x}, le organizzazioni criminali eccetera – è improbabile che vengano risolti dalle iniziative di singoli stati-nazione. La necessità di una governance globale efficace crescerà più velocemente della capacità di risposta delle istituzioni attualmente esistenti." [68]

Il rapporto discute anche di regionalismo, dicendo che "Una maggiore integrazione in Asia, se avvenisse, potrebbe riempire il vuoto lasciato da un ordine mondiale indebolito nella sua impostazione multilaterale, ma potrebbe ulteriormente indebolire tale ordine. Nei postumi della crisi finanziaria asiatica del 1997, una notevole serie di iniziative pan-asiatiche – la più significativa delle quali fu l’ASEAN+3 – ha cominciato a mettere radici. Anche se in pochi se la sentirebbero di indicare l’Asia come controparte dell’UE entro il 2025, se però prendiamo il 1997 come punto di partenza, nell’ultimo decennio l’Asia si è evoluta molto più rapidamente di quanto l’integrazione europea abbia fatto nei suoi primi decenni." E inoltre "un’evoluzione nei prossimi 15 anni verso un paniere di monete asiatiche – se non una valuta unica asiatica in veste di terza moneta di riserva – è più di una possibilità teorica."

Il rapporto dice anche che "Un regionalismo asiatico avrebbe implicazioni globali, innescando o rinforzando la tendenza verso la formazione di tre insiemi commerciali e finanziari che potrebbero diventare dei quasi-blocchi (Nord America, Europa e Asia Orientale)." Tali blocchi "avrebbero un peso nella possibilità di elaborare futuri accordi globali della OMC, e i gruppi regionali potrebbero competere nello stabilire standard transregionali per la Tecnologia dell’Informazione, le biotecnologie, le nanotecnologie, le leggi per la proprietà intellettuale e altri prodotti da ‘new economy’." [69]

Di grande importanza è il tema della democratizzazione, in cui Rachmann ripete le argomentazioni svolte a favore di un governo mondiale, dicendo che "l’avanzamento {della democratizzazione} potrebbe probabilmente rallentare e la globalizzazione potrebbe sottoporre le nazioni di recente democrazia a crescenti pressioni sociali ed economiche che potrebbero minare le istituzioni liberali." Questo soprattutto perché "la miglior prestazione economica di molti governi autoritari potrebbe seminare dubbi riguardo la democrazia come miglior forma di governo. Gli studi che abbiamo consultato indicano che molti cittadini dell’Asia Orientale pongono l’accento più su una buona gestione dell’economia, includendo un miglioramento dei livelli di vita, che sulla democrazia." Inoltre "perfino in molte democrazie di vecchia data, i sondaggi mostrano una crescente frustrazione riguardo l’operare dei governi democratici, e il dubbio, diffuso tra le élite, sulla capacità dei governi democratici di prendere le decisioni forti necessarie per affrontare con rapidità ed efficacia il numero sempre crescente di sfide transnazionali." [70]

Conclusione

In definitiva, ciò che tutto questo implica è che il futuro dell’economia politica è fatto di passi sempre più rapidi verso un sistema globale di governance, ovvero di governo mondiale, con una banca centrale mondiale e una valuta globale, e che, contemporaneamente, questi sviluppi avverranno a fronte o a seguito di un declino della democrazia in tutto il mondo, con un conseguente incremento della gestione autoritaria del potere politico. Ciò di cui siamo testimoni è la creazione di un Nuovo Ordine Mondiale, consistente in una struttura autoritaria di governo globale.

Difatti, il concetto stesso di valuta globale e di banca centrale globale, è autoritario di per se, dato che sottrae anche gli ultimi residui di controllo e di possibilità di chiedere conto dalle mani dei popoli del mondo, donandoli a un piccolo e sempre più interconnesso gruppo di élite internazionali.

Come ha spiegato Carroll Quigley nel suo monumentale Tragedy and Hope, "[I] poteri del capitalismo finanziario avevano un ulteriore, ambizioso obbiettivo, niente di meno che la creazione di un sistema mondiale di controllo finanziario in mani private, capace di dominare il sistema politico di ogni singolo paese e l’economia del mondo nel suo insieme. Questo sistema avrebbe dovuto essere controllato, in maniera feudale, dall’azione concertata di tutte le banche centrali, mediante accordi segreti stipulati in frequenti incontri e conferenze chiuse al pubblico. Al vertice del sistema ci sarebbe stata la Bank for International Settlements {b} di Basilea, Svizzera, una banca privata posseduta e controllata dalle banche centrali mondiali, a loro volta imprese private." [71]

E in effetti le "soluzioni" che vengono proposte per affrontare la crisi finanziaria globale beneficiano più coloro che questa crisi l’hanno provocata, piuttosto che quelli che ne stanno pagando le maggiori conseguenze: una classe media in via di dissolvimento, e tutti i diseredati, gli indebitati, i poveri del mondo. Le soluzioni proposte per questa crisi costituiscono l’espressione e la concretizzazione dello scopo ultimo, generazionale, dell’élite globale, e di conseguenza rappresentano la meno favorevole delle condizioni per la vasta maggioranza dei popoli del pianeta.

È imperativo che i popoli del mondo si oppongano con tutta la loro forza contro queste "soluzioni", per dare inizio a una nuova era di ordine mondiale, quella di un Ordine Mondiale dei Popoli, le cui soluzioni risiedano in governance ed economie locali, cosicché la gente possa avere un ruolo maggiore nel determinare il futuro e la struttura della loro politica ed economia, e quindi della loro società. Disponendo di questa alternativa di economie politiche locali, insieme a una mai vista prima democratizzazione globale delle comunicazioni tra popolazioni tramite internet, abbiamo sotto mano i mezzi e la possibilità di dare vita alle più diversificate manifestazioni di cultura e società che l’umanità abbia mai sperimentato.

La risposta risiede nella riappropriazione, da parte dell’individuo, del potere e del destino dell’umanità, e dal rifiuto di delegare quel potere e quel destino a una autorità globale a cui avrebbero accesso solo pochi eletti. Riappropriarsi di potere e destino umani significa riconoscere il dono della mente umana, che ha la capacità di speculare oltre l’orizzonte materiale, come quello che riguarda cibo e rifugio dalle intemperie, e di inoltrarsi nel territorio delle idee. Ogni individuo possiede, dentro di sé, la capacità di esaminare criticamente se stesso e la propria esistenza; è venuto il momento di utilizzare questa capacità allo scopo di riappropriarsi delle idee e delle domande su potere e destino umani: Perché siamo qui? Dove stiamo andando? Dove dovremmo andare? Come possiamo arrivarci?

Presunte risposte a queste domande ci vengono offerte da una esigua élite globale che teme le conseguenze di quello che potrebbe succedere se i popoli del mondo cominciassero a cercare quelle risposte da se stessi. Io quelle risposte non le conosco, ma so di sicuro che esse si trovano nella mente e nello spirito umani, che hanno vinto e continueranno a vincere le più grandi sfide che l’umanità abbia dovuto affrontare, e che vinceranno, non c’è dubbio, anche contro il Nuovo Ordine Mondiale.

Andrew Marshall
Fonte: www.globalresearch.ca
Link: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=13070
6.04.2009
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di DOMENICO D’AMICO
Note

[1] Ambrose Evans-Pritchard, The G20 moves the world a step closer to a global currency. The Telegraph: April 3, 2009: http://www.telegraph.co.uk/finance/comment/ambroseevans_pr itchard/5096524/The-G20-moves-the-world-a-step-closer-to-a-global-currency.html

[2] Robert Winnett, Financial Crisis: Gordon Brown calls for ‘new Bretton Woods’. The Telegraph: October 13, 2008: http://www.telegraph.co.uk/finance/financetopics/financialcrisis/31895 17/Financial-Crisis-Gordon-Brown-calls-for-new-Bretton-Woods.html

[3] Gordon Brown, Out of the Ashes. The Washington Post: October 17, 2008: http:// www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2008/10/16/AR2008101603179.html

[4] Gordon Rayner, Global financial crisis: does the world need a new banking ‘policeman’? The Telegraph: October 8, 2008: http://www.telegraph.co.uk/finance/financetopics/financialcri sis/3155563/Global-financial-crisis-does-the-world-need-a-new-banking-policeman.html

[5] Benn Steil, The End of National Currency. Foreign Affairs: Vol. 86, Issue 3, May/June 2007: pages 83-96

[6] Jonathan Tirone, ECB’s Nowotny Sees Global `Tri-Polar’ Currency System Evolving. Bloomberg: October 19, 2008: htt p://www.bloomberg.com/apps/news?pid=20601087&sid=apjqJKKQvfDc&refer=home

[7] BBC, South America nations found union. BBC News: May 23, 2008: http://news.bbc.co.uk/2/hi/americas/7417896.stm

[8] CNews, South American nations to seek common currency. China View: May 26, 2008: http://news.xinhuanet.com/english/2008-05/27/content_8260847.htm

[9] AME Info, GCC: Full steam ahead to monetary union. September 19, 2005: http://www.ameinfo.com/67925.html

[10] John Irish, GCC Agrees on Monetary Union but Signals Delay in Common Currency. Reuters: June 10, 2008: http://www.arabnews.com/?page=6&section=0&article=110727&d=10&m=6&y=2008

[11] Forbes, TIMELINE-Gulf single currency deadline delayed beyond 2010. Forbes: March 23, 2009: http://www.forbes.com/feeds/afx/2009/03/24/afx6204462.html

[12] Agencies, ‘GCC need not rush to form single currency’. Business 24/7: March 26, 2009: http://www.business24-7.ae/articles/2009/3/pages/25032009/03262009_4e19de908b174f04bfb3c37aec2f17b3.aspx

[13] Barry Eichengreen, International Monetary Arrangements: Is There a Monetary Union in Asia’s Future? The Brookings Institution: Spring 1997: http://www.brookings.edu/articles/1997/spring_globaleconomics_eichengreen.aspx

[14] atimes.com, After European now Asian Monetary Union? Asia Times Online: September 8, 2001: http://www.atimes.com/editor/CI08Ba01.html

[15] ASEAN, China, Japan, SKorea, ASEAN Makes Moves for Asian Monetary Fund. Association of Southeast Asian Nations: May 6, 2005: http://www.aseansec.org/afp/115.htm

[16] Reuven Glick, Does Europe’s Path to Monetary Union Provide Lessons for East Asia? Federal Reserve Bank of San Francisco: August 12, 2005: http://www.frbsf.org/publications/economics/letter/2005/el2005-19.html

[17] AFP, Asian Monetary Fund may be needed to deal with future shocks. Channel News Asia: July 2, 2007: http://www.chan nelnewsasia.com/stories/afp_world_business/view/285700/1/.html

[18] AFX News Limited, East Asia monetary union ‘feasible’ but political will lacking – ADB. Forbes: September 19, 2007: http://www.forbes.com/feeds/afx/2007/09/19/afx4133743.html

[19] Lin Li, ASEAN discusses financial, monetary integration. China View: April 2, 2008: http://news.xinhuanet.com/english/2008-04/02/content_7906391.htm

[20] Paul De Grauwe, Economics of Monetary Union. Oxford University Press, 2007: pages 109-110

[21] Heather Milkiewicz and Paul R. Masson, Africa’s Economic Morass—Will a Common Currency Help? The Brookings Institution: July 2003: http://www.brookings.edu/papers/2003/07africa_masson.aspx

[22] John Gahamanyi, Rwanda: African Central Bank Governors Discuss AU Financial Institutions. The New Times: August 23, 2008: http://allafrica.com/stories/200808230124.html

[23] Eric Ombok, African Union, Nigeria Plan Accord on Central Bank. Bloomberg: March 2, 2009: ht tp://www.bloomberg.com/apps/news?pid=20601116&sid=afoY1vOnEMLA&refer=africa

[24] Ministry of Foreign Affairs, AFRICA IN THE QUEST FOR A COMMON CURRENCY. Republic of Kenya: March 2009: http://www.mfa.go.ke/mfacms/index.php?option=com_content&task=view&id=346& Itemid=62

[25] Herbert Grubel, The Case for the Amero. The Fraser Institute: September 1, 1999: Page 4: http://www.fraserinstitute.org/Commerce.Web/publication_details.aspx?pubID=2512

[26] Herbert Grubel, The Case for the Amero. The Fraser Institute: September 1, 1999: Page 17: http://www.fras erinstitute.org/Commerce.Web/publication_details.aspx?pubID=2512

[27] Thomas Courchene and Richard Harris, From Fixing to Monetary Union: Options for North American Currency Integration. C.D. Howe Institute, June 1999: Page 22:

http://www.cdhowe.org/d isplay.cfm?page=research-fiscal&year=1999

[28] Thomas Courchene and Richard Harris, From Fixing to Monetary Union: Options for North American Currency Integration. C.D. Howe Institute, June 1999: Page 23:

http://www.cdhowe.org/d isplay.cfm?page=research-fiscal&year=1999

[29] Barrie McKenna, Dodge Says Single Currency ‘Possible’. The Globe and Mail: May 21, 2007

[30] Consider a Continental Currency, Jarislowsky Says. The Globe and Mail: November 23: 2007:

http://www.theglobeandmail.com/servlet/story/LAC.20071123.RDOLLAR23/TPStory/?query =%22Steven%2BChase%22b

[31] CNN, CNN Larry King Live. Transcripts: October 8, 2007:  http://transcripts.cnn.com/TRANSCRIPTS/0710/08/lkl.01.html

[32] Herbert Grubel, Fix the Loonie. The Financial Post: January 18, 2008:

http://www.nationalpost.com/opinion/story.html?id=245165

[33] Todd Harrison, How realistic is a North American currency? Market Watch: January 28, 2009: http://www.marketwatch.com/news/story/Do-we-need-a-North/story.aspx?guid= {D10536AF-F929-4AF9-AD10-250B4057A907 }

[34] Get ready for the phoenix. The Economist: Vol. 306: January 9, 1988: pages 9-10

[35] IMF, IMF Survey. Volume 27, No. 9: May 11, 1998: pages 146-147:

http://www.imf.org/external/pubs/ft/survey/pdf/051198.pdf

[36] Judy Shelton, Hearing on Exchange Rate Stability in International Finance. Testimony of Judy Shelton Before the United States House of Representatives Committee on Banking and Financial Services: May 21, 1999: http://financialservices.house.gov/banking/52199she.htm

[37] ECB, The euro and the dollar – new imperatives for policy co-ordination. Speeches and Interviews: September 18, 2000: http://www.ecb.int/press/key/date/2 000/html/sp000918.en.html

[38] IMF, One World, One Currency: Destination or Delusion? Economic Forums and International Seminars: November 8, 2000: http://www.imf.org/external/np/exr/ecforums/110800.htm

[39] Robert A. Mundell, World Currency. The Works of Robert A. Mundell:  http://www.robertmundell.net/Menu/Main.asp?Type=5&Cat=09&ThemeName=World%20Curr ency

[40] Itar-Tass, Russia proposes creation of global super-reserve currency. ITAR-TASS News Agency: March 16, 2009: http://www.itar-tass. com/eng/level2.html?NewsID=13682035&PageNum=0

[41] Jamil Anderlini, China calls for new reserve currency. The Financial Times: March 23, 2009: http://www.ft.com/cms/s /0/7851925a-17a2-11de-8c9d-0000779fd2ac.html

[42] CFR, A Conversation with Timothy F. Geithner. Council on Foreign Relations Transcripts: March 25, 2009: http://www.cfr.org/publication/18925/

[43] news.com.au, UN backs new new global currency reserve. The Sunday Telegraph: March 29, 2009: http://www.news.com.au/b usiness/story/0,27753,25255091-462,00.html

[44] Ashima Goyal, Is world ready for a global currency? The Economic Times: April 3, 2009: http://economictimes.indiatimes.com/ET-Debate/Is-world-ready-for-a-global-currency/articleshow/ 4352581.cms

[45] R Agarwala, SDR should become the global currency. The Economic Times: April 3, 2009: http://economictimes.indiatimes.com/ET-Debate/SDR-should-become-the-global-currency/articl eshow/4352573.cms

[46] Kim Kyoungwha and David Yong, Dollar’s Role Is Safe as IMF Expands Own Currency. Bloomberg: April 3, 2009: ht tp://www.bloomberg.com/apps/news?pi d=20601087&sid=aBbu9JB2mGkc&refer=home

[47] Jeffrey E. Garten, Needed: A Fed for the World. The New York Times: September 23, 1998: http://www.nytimes.c om/1998/09/23/opinion/needed-a-fed-for-the-world.html

[48] Jeffrey Garten, Global authority can fill financial vacuum. The Financial Times: September 25, 2008: http://ww w.ft.com/cms/s/0/7caf543e-8b13-11dd-b634-0000779fd18c.html?nclick_check=1

[49] CNBC, Morgan’s Mack: Firm Was Excessively Leveraged. CNBC: October 16, 2008: http://www.cnbc.com/id/27216678

[50] Jeffrey Garten, We Need a Bank Of the World. Newsweek: October 25, 2008: http://www.newsweek.com/id/165772

[51] Sean Davidson, ‘Global central bank could prevent future crisis’. Business 24/7: January 10, 2009: http://www.business24-7.ae/articles/2009/1/pages/01102009_350bc822e4ee4508b724e55b0f1393df.asp x

[52] Guillermo Calvo, Lender of last resort: Put it on the agenda! VOX: March 23, 2009: http://www.voxeu.org/index.php?q=node/3327

[53] Walden Siew, Banks face "new world order," consolidation: report. Reuters: March 17, 2008: http://www.reuters.com/ar ticle/innovationNews/idUSN1743541720080317

[54] James Politi and Gillian Tett, NY Fed chief in push for global bank framework. The Financial Times: June 8, 2008: http://us.ft.com/ftgatewa y/superpage.ft?news_id=fto060820081850443845

[55] Rupert Wright, The first barons of banking. The National: November 6, 2008: http://www.thenational.ae/a rticle/20081106/BUSINESS/167536298/1005

[56] Michael Lafferty, New world order in banking necessary after abject failure of present model. The Times Online: February 24, 2009: http://business.times online.co.uk/tol/business/management/article5792585.ece

[57] James A. Dorn, Dangers in G20 currency moves. The Financial Post: April 2, 2009: http://network.nationalpost.com/np/blogs/fpcomment/archive/2009/04/02/dangers-in-g20-currenc y-moves.aspx

[58] Richard Gwyn, Change not necessarily for the better. The Toronto Star: April 3, 2009: http://www.thestar.com/comment/article/612822

[59] FE, Growth to slow down hitting hard the poor countries. The Financial Express: April 1, 2009: ht tp://www.thefinancialexpress-bd.com/search_index.php?page=detail_news&news_id=62661

[60] David Rothkopf, Superclass: The Global Power Elite and the World They are Making. (Toronto: Penguin Books, 2008), page 315

[61] David Rothkopf, Superclass: The Global Power Elite and the World They are Making. (Toronto: Penguin Books, 2008), pages 315-316

[62] David Rothkopf, Superclass: The Global Power Elite and the World They are Making. (Toronto: Penguin Books, 2008), page 316

[63] Gideon Rachman, And now for a world government. The Financial Times: December 8, 2008: http://www.ft.com/cms/ s/0/7a03e5b6-c541-11dd-b516-000077b07658.html

[64] NIC, Global Trends 2025: A Transformed World. The National Intelligence Council’s 2025 Project: November, 2008: Acknowledgements: http://www.dni.gov/nic/NIC_2025_project.