L’Italia dei valori è davvero il partito dei paladini della giustizia e dei politici senza macchia? Beppe Grillo è davvero l’alfiere della libera informazione? AnnoZero di Michele Santoro è davvero un baluardo di libertà assoluta nel panorama ingessato della televisione italiana? E che potere ha quell’oggetto ancora misterioso per l’opinione pubblica italiana, chiamato Casaleggio associati, che gestisce i blog di Antonio Di Pietro, dell’Italia dei Valori e dello stesso Grillo? Carlo Vulpio ci racconta la sua esperienza “difficile” di candidato alle elezioni europee per l’Italia dei Valori. Senza dare risposte preconfezionate o premasticate. Si limita, come ci ripete più volte, a raccontare i fatti. Fatti strani. Scomodi. Che fanno pensare. E capire che i cittadini dovrebbero coltivare più “il dubbio” che gli idoli, come ripete più volte Vulpio a microfoni spenti.
Carlo Vulpio è nato in Puglia, ad Altamura, 48 anni fa. Giornalista, autore di due libri – “Roba nostra” e “La Città delle nuvole” – Vulpio è in forza da 18 anni al “Corriere della Sera”. E proprio per il Corriere ha raccontato le inchieste giudiziarie più controverse degli ultimi quindici anni, quelle dell’ex pubblico ministero della Procura di Catanzaro e ora eurodeputato dell’Italia dei valori, Luigi De Magistris. Il 3 dicembre del 2008 – dopo aver firmato l’ennesimo articolo denso di nomi e cognomi (tra cui quello del presidente del Consiglio superiore della magistratura, Nicola Mancino) – a Vulpio è toccato la stessa sorte di De Magistris e di tanti uomini delle forze dell’ordine protagonisti di quello che probabilmente passerà alla Storia come il “caso Catanzaro”: è stato trasferito. In pratica – con una telefonata del suo direttore di allora, Paolo Mieli – ha ricevuto l’ordine di smettere di occuparsi di quella vicenda. Vulpio ha raccontato tutto – la telefonata e il “trasferimento” – sul suo blog. E sempre in pratica: da quel giorno di dicembre non ha quasi più scritto per il suo giornale. Ed è, come dice a chiare lettere, “in odore di licenziamento”.
Durante la campagna elettorale, Vulpio non ha risparmiato bordate contro le persone “per male” che aveva trovato nell’Idv e neppure contro Santoro e la sua trasmissione. Sparito da blog, volantini, manifesti e manifestazioni di partito, il giornalista di Altamura non è stato eletto per una manciata di voti. Ma dice: “Non sono diventato eurodeputato, ma sono rimasto Carlo Vulpio e va bene così”.
Quando ti sei candidato sul tuo blog avevi scritto che non partecipavi a queste elezioni per avere una poltrona a Strasburgo, ma perchè pensavi che una faccia pulita come la tua potesse contribuire alla battaglia dell’Italia dei Valori. Aggiungevi che già la candidatura per te era una vittoria. Poi però di fatto non sei stato eletto, nonostante 37mila e rotti voti. E a quel punto hai scritto un altro post, come dire, acuminato in cui hai messo in fila un po’ di fatti. Per raccontare di una sconfitta, forse, un po’ costruita a tavolino…
Ribadisco: io davvero ho vinto nel momento in cui mi sono candidato, perchè sono uscito dall’angolo in cui, come un pugile, mi avevano messo la malagiustizia, la malaeconomia e la malavita tout court. Io avevo bisogno di scartare questi avversari, quanto meno per non subirne i colpi. E’ chiaro che ho condiviso anche un progetto politico basato su un argomento che è preponderante nella mia vita, che è quello della informazione libera e quello della difesa dell’applicazione della costituzione. Ma sette otto giorni prima che finisse la campagna elettorale ho affidato a amici una busta con un bigliettino, a futura memoria. Lì ho scritto questo: che avrei preso tra i 40 e i 45mila voti – e infatti la cifra più o meno è stata quella – cioè il massimo possibile in quelle condizioni. Ma ho scritto anche: mancherà almeno un voto perchè io sia eletto, così sarà il delitto perfetto. Qualche idea di come sarebbe andata a finire, insomma, ce l’avevo. E ciò nonostante ho condotto fino alla fine questa battaglia.
Che cos’è che ti aveva fatto pensare che non saresti stato eletto comunque?
Ho avuto chiara la percezione della situazione subito dopo che Di Pietro ha presentato alla Camera la famosa “terna” (di candidati, NdA), cioè Alfano-De Magistris-Vulpio. Presentazione che aveva un forte significato simbolico, anche perchè indicava altrettanti temi forti: l’informazione, l’antimafia, la giustizia. Subito dopo – ma questo lo prevedevo – ho capito che le cose sarebbero andate diversamente: io non ero tra le teste di lista al Centro e non ero testa di lista a Nord-Est; mentre gli altri membri della famosa terna (Alfano e De Magistris, NdA) erano testa di lista in tutte le circoscrizioni.