La notizia è completamente passata sotto l’uscio. Tanto che perfino “Repubblica” – il più dichiaratamente “antiberlusconiano” dei grandi quotidiani italiani – ieri l’ha piazzata addirittura a pagina 44 (ovvero: tra le notizie dedicate ad “arte e spettacoli” vari; ovvero anche: il più lontano possibile da prima pagina e titoloni cui normalmente si ferma la gran parte dei lettori). Ed è un vero peccato. Perchè la scelta della Rai – discussa ieri in consiglio di amministrazione – di rompere i suoi rapporti commerciali con Sky vale una bazzeccola come 350 milioni di euro. E solleva un mucchio di punti interrogativi. Tutti (o quasi) sull’annosa – e ormai per certi versi penosa – questione del conflitto di interessi del nostro premier, al secolo l’immarcescibile Cavalier Berlusconi Silvio da Arcore.
Un passo indietro, per inquadrare l’argomento. Scriveva – appunto – ieri “Repubblica”, in un articolo firmato da Aldo Fontanarosa:
(…) il sito di RaiSat si è fermato. Chi si collega trova solo la malinconica scritta “In manutenzione”. Dal pomeriggio, il motivo diventa chiaro: la tv di Stato scende dal satellite di Sky, al quale non fornirà più i sei canali prodotti proprio da RaiSat. Sono – anzi erano – Yoyo e Smash Girls (per bambini); Premium che ci proponeva in replica Vespa o la Gabanelli; poi Rai Cinema; il Gambero Rosso (per la cucina); infine Extra, a lungo nobilitato dallo Show di David Letterman. Il sipario scenderà alla mezzanotte di oggi, quando scadrà il contratto tra la Rai e la pay-tv di Murdoch. In questi mesi, Sky aveva tenuto in piedi una stanca trattativa con Viale Mazzini per rinnovare la fornitura. Ora il negoziato è fallito.
Già, il negoziato è fallito. E – per parlar chiaro – i quasi 5 milioni di abbonati Sky (per la precisione, secondo l’azienda del magnate australiano Rupert Murdoch, i fedeli clienti sarebbero ufficialmente 4 milioni e 800mila) non potranno più vedere i canali di Rai-Sat.
Dirà qualcuno di voi: embè? Embè, chi scrive non ha certezze granitiche sul perchè la Rai abbia rotto con Sky e rinunciato ai 350 milioni di euro che gli uomini di Murdoch avevano offerto in cambio dei programmi di Viale Mazzini. Anche perchè – a destra&sinistra¢ro (con l’unica parziale eccezione di Di Pietro); così come tra i dirigenti Rai – nessuno ha ancora detto parole chiare su questo amore catodico finito tra Sky e la televisione di Stato. Ma ricorda distintamente tre delle solite infinite coincidenze che accompagnano i destini dell’italico Belpaese.
Punto primo: proprio l’anno scorso Sky Italia – dopo soli 6 anni di vita – ha superato il fatturato di Mediaset (2.640 milioni di euro contro 2.531 milioni di euro). Punto secondo: a maggio e giugno i giornali inglesi del gruppo Murdoch (Times, in testa) avevano attaccato frontalmente Berlusconi sulla questione “Papi e le sue pupe”. E sopratutto e punto terzo: chi scrive ricorda una data che risale a qualche mese prima dei Papi, delle pupe e della fine dell’amore tra Sky e Rai: il 24 settembre 2008. Perchè quel giorno era nata ufficialmente “Tivù srl”, il mostro a tre teste – Mediaset, La7 e Rai – della televisione digitale italiana.
Che vor dì? Scrivevamo addirittura a febbraio scorso in un vecchio post intitolato Monopòli:
Lo scorso 24 settembre, tre persone si sono ritrovate nello studio romano del notaio Francesco Maria Ragnisco. Erano Alessandro Serio, procuratore speciale di Rti (società che fa capo a Mediaset, che ha per padre-padrone l’imprenditore Berlusconi Silvio). Poi, Luca Balestrieri, procuratore speciale della Rai (la televisione dello Stato italiano, che ha per capo del governo il leader di Forza Italia, Berlusconi Silvio). E infine: Giuseppe Gioia, procuratore speciale di Telecom Italia Media (e quindi “La 7″; che fa capo a Telecom; società che ha come azionista di riferimento Mediobanca; che ha sua volta ha nel suo consiglio di amministrazione Berlusconi Marina, presidente di Mondadori e figlia primogenita dell’imprenditore e politico Berlusconi Silvio). Seduti attorno a un tavolo e di fronte al notaio i tre hanno dato vita a una società a responsabilità (molto) limitata dal nomen omen: Tivù srl. Con sede a Roma, in via Lungotevere Arnaldo da Brescia, al civico 9. Tre televisioni “concorrenti” che danno vita a una società “in comune”? Sì, tutti assieme e appassionatamente. Con tanto di un milione di euro di capitale (482.500 euro per la Rai; 482.500 euro per Rti spa; e solo 35.000 euro per Telecom Italia Media spa). E alcuni obiettivi ben precisi. Ovvero e tra l’altro: promuovere “la piattaforma digitale terrestre denominata” proprio “Tivù”. E un seconda “piattaforma digitale gratuita”, ma “satellitare”, chiamata “Tivù Sat”.
Finito lì? No, perchè:
Che vor dì? Ebbene, traduciamo: vor dì che entro il 2012 la vecchia televisione “analogica” si spegnerà definitivamente in tutto il Belpaese, per lasciar spazio al nuovo “digitale”. E che gli italioti – per stare pantofolati davanti al loro tivù – dovranno aver comprato un decoder o un nuovo televisore con decoder incorporato. In vista di quel momento storico per la televisione tricolore; Mediaset, Telecom e Rai hanno dato vita per l’appunto alla “Tivù srl”. Che ha debuttato ufficialmente a Roma lo scorso 20 gennaio alla conferenza nazionale del Dgtvi (l’associazione per la televisione digitale terrestre in Italia). E che servirà a promuovere la loro piattaforma digitale, ma non solo. Anche quella Tivù Sat che dovrebbe viaggiare via satellite ed entrare nelle case di quegli italiani (circa il 10%, secondo un vecchio pezzo pubblicato su “La Repubblica”) che per ragioni tecniche non potranno più ricevere il segnale con la vecchia antenna.
E quindi? E quindi:
E fin qui tutto bene (si fa per dire). Epperò c’è un però. In questo momento: le versioni via satellite di Rai, Mediaset e “La 7″ sono ancora “ospiti” del bouquet di Sky, il network del magnate australiano Rupert Murdoch. Ma un domani: televisione di Stato, reti Fininvest e reti Telecom potrebbero, senza colpo ferire, traslocare altrove. Dando vita – con la loro Tivù Sat – a un loro bouquet. Che assomiglierebbe a un enorme mostro a tre teste della comunicazione italiana. Teste che hanno nomi diversi. Ma a guardarle in faccia – e soprattutto in pancia – ricordano, per coincidenza, una sola persona. Il presidente del consiglio, imprenditore ed editore Berlusconi Silvio. A sollevare il dubbio sul “trasloco” e su presunte relazioni pericolose tra i tre – nel numero in edicola settimana scorsa – è stato il settimanale “L’espresso”. Un dubbio rafforzato da altre tre coincidenze. Primo: la nuova piattaforma Tivù targata Rai, Mediaset e “La 7″ dovrebbe debuttare a giugno. Secondo: proprio un mese dopo, a luglio, scadrà il contratto in virtù del quale il bouquet satellitare di RaiSat era ed è distribuito da Sky. Terzo e ultimo: sempre la Rai ha già dato la disdetta dell’accordo con il quale si impegnava a criptare i suoi programmi con le tecnologie di Sky.
C’è da preoccuparsi, quindi? Ma quando mai. Domanda: lo dicono i soliti talebani berlusconiani per i quali l’unico conflitto di interesse in Italia è quello di chi si mette contro gli interessi del Cavaliere? Risposta: no, lo dice un addetto ai lavori: Nino Rizzo Nervo. Consigliere Rai (uscente). E – si badi bene – in quota centrosinistra. Rizzo Nervo, sulle pagine del Corriere della Sera di ieri, è stato addirittura lapidario: “Raiset? Macché. Roba da pazzi. Tivù Sat è un’alleanza tecnica, non strategica, serve a raggiungere chi è tagliato fuori dal digitale terrestre, com’è avvenuto in Gran Bretagna. La Rai che lascia la piattaforma Sky? Il contratto scade a giugno, il marchio Rai è molto forte, se Sky intende valorizzarlo non c’è ragione di non rinnovarlo”.
Inutile dire che le cose sono andate come sono andate. Che la Rai qualche ragione per non rinnovarlo quel benedetto contratto con Sky l’ha trovata. Che nel frattempo la piattaforma digitale Tivù – che lo ripetiamo fa capo a Rti (società che fa capo a Mediaset, che ha per padre-padrone l’imprenditore Berlusconi Silvio); Rai (la televisione dello Stato italiano, che ha per capo del governo il leader di Forza Italia, Berlusconi Silvio); e Telecom Italia Media (e quindi “La 7″; che fa capo a Telecom; società che ha come azionista di riferimento Mediobanca; che ha sua volta ha nel suo consiglio di amministrazione Berlusconi Marina, presidente di Mondadori e figlia primogenita dell’imprenditore e politico Berlusconi Silvio) – è diventata realtà. E infine – coincidenza delle coincidenze – Tivù-Sat ha cominciato a trasmettere. Quando? Proprio oggi, cioè nel giorno in cui la Rai dirà addio a Sky.
E quel Nino Rizzo Nervo consigliere di amministrazione Rai in quota centrosinistra che diceva che non c’era nulla di cuio preoccuparsi? Ebbene quel Nino Rizzo Nervo ieri – a cose fatte – ha dichiarato affranto che per “la Rai” il mancato rinnovo del contratto con Sky è “un danno enorme la cui responsabilità ricade pienamente su chi ha condotto la trattativa” e ” sarà oggetto di approfondimenti da parte dell’azionista e della Corte dei Conti”. E chiude parlando di un “danno e una beffa”.
E verrebbe da dire: Nino, ma ci fai o ci sei? Ma soprattutto: ma possibile che l’autorità antitrust – su questo conflitto, anzi groviglio di interessi – non abbia proprio nulla da dire?