di
Massimo Mazzucco
Se qualcuno volesse misurarsi in un difficile esercizio di “ricerca della verità”, può utilizzare il documentario di William Karel “The Dark Side of the Moon”, uscito nel 2001, nel quale si rivela la partecipazione di Stanley Kubrick al presunto “falso lunare”.
Sarebbe stato cioè Kubrick, come molte voci già sostengono da tempo, a realizzare i falsi filmati delle passeggiate lunari di Apollo 11, con quali la NASA avrebbe poi ingannato il mondo intero.
Ma i livelli di bugia e di verità, di storia e di fiction, di invenzioni plateali e di distorsioni impercettibili sono talmente tanti, nel film di Karel, da rendere il suo documentario una delle più complesse e sofisticate operazioni di disinformazione nella storia della comunicazione. (Potrebbe essere interessante, per chi già non lo conoscesse, vedere il documentario prima di leggere il resto dell’articolo, per valutare da solo cosa possa essere vero e cosa no).
L’efficacia di questa diabolica macchina narrativa, capace di rivelare le verità più nascoste come di nascondere quelle più eclatanti, è moltiplicata da un ulteriore velo di incertezza, che è determinato dalla preparazione specifica dello spettatore sull’argomento dei viaggi lunari : si va da un estremo nel quale uno spettatore meno preparato potrebbe teoricamente prendere per vero tutto quello che passa sullo schermo, …
… ad uno in cui lo spettatore più smaliziato si accorge presto dell’inganno, e finisce per comporre una sua mappa della verità, tanto più intricata quanto maggiore sia la sua conoscenza dell’argomento.
Facciamo un esempio: ad un certo punto del documentario viene intervistato un certo Dimitri Muffley, un ex-agente del KGB che denuncia il falso americano dell’allunaggio, elencando per filo e per segno tutte le maggiori incongruenze fotografiche riscontrate nelle immagini lunari. Lo spettatore poco esperto molto probabilmente penserebbe: “Visto? E’ chiaro che lo sapevano! I russi non potevano non saperlo”. Un altro spettatore potrebbe invece accorgersi che “Dimitri Muffley” – un nome già curioso per un russo, bisogna riconoscerlo – non è che la somma dei cognomi dei due presidenti di “Dottor Stranamore“ (quello russo e quello americano), un film diretto, guarda caso, proprio da Kubrick.
Che fare a questo punto? E’ chiaro che “Dimitri Muffley” non è mai esistito, e che quindi il film vuole essere solo una parodia dei documentari sui falsi allunaggi, ma questo significa che anche le varie “patacche” fotografiche denunciate da “Muffley” non sono tali? Oppure Karel sta cercando di far passare alcune verità scomode, con la scusa di una parodia senza importanza? Oppure ancora, sta fingendo di far passare di nascosto quelle verità – che molti già sospettano essere tali – mentre in realtà vuole avvelenarle, inquinandole con la bugia dichiarata?
Ma è solo collocando ogni scena nella struttura complessiva del documentario che ci si può rendere conto della feroce ambiguità del lavoro di Karel.
Il documentario infatti è diviso in tre parti, che non sono espressamente indicate, ma si possono percepire dal diverso taglio stilistico che adottano: la prima parte, a taglio storico, descrive in modo credibile i motivi che avrebbero portato gli americani alla necessità di falsificare i viaggi lunari. La competizione con i russi, soprattutto, con il conseguente ruolo di leader nel mondo ricercato da ambedue le nazioni.
La seconda parte, con taglio da reportage “scandalistico”, ci rivela i retroscena che avrebbero portato a decidere di interpellare Kubrick, per chiedergli di “falsificare” le immagini lunari nel suo studio in Inghilterra. A raccontarlo sono personaggi di primissimo piano come Henry Kissinger, Donald Rumsfeld, Lawrence Eagleburger, Alexander Haig, e l’ex-direttore della CIA Richard Helms. Tutti costoro partecipano ad una riunione, filmata da Karel, a cui è presente anche la ex-segretaria di Nixon, che fornisce i dettagli e completa la ricostruzione.
Ne emerge che la NASA non fosse sicura di poter mandare a terra le immagini in diretta dell’allunaggio, e che di fronte a questo rischio Nixon abbia preteso a tutti i costi una garanzia alternativa. Fu così che Rumsfeld e Kissinger – dicono sempre i vari personaggi – partirono alla volta di Londra, per convincere il famoso regista ad aiutarli. Ma Kubrick – che aveva finito da poco le riprese di “2001 Odissea nello Spazio” – inizialmente si rifiutò, e solo dopo lunghe insistenze acconsentì a “prestare” i suoi set agli uomini della CIA, che li avrebbero usati per girare il falso allunaggio.
A questo punto il racconto passa alla moglie stessa di Kubrick (intervistata in Inghilterra, a casa sua), che rivela come Stanley, “che ere un perfezionista”, sia rimasto talmente disgustato dalla qualità del lavoro della CIA, che si offrì di prendere personalmente in mano la produzione di quei filmati.
Fu così che Stanley Kubrick, secondo il documentario di Karel, realizzò i falsi filmati lunari.
A questo punto della racconto però molti hanno già capito che si tratta di una parodia, e anche i meno attenti non possono non aver provato un certo stupore nel sentirsi raccontare una storia del genere da gente di quel calibro. Chi invece il cinema lo fa di mestiere si è addirittura accorto che i personaggi sono inquadrati su sfondi diversi, e che di fatto non c’è una sola inquadratura, di quella curiosa “riunione”, che li ritragga tutti insieme.
Il regista ha preso delle interviste separate, e ne ha estratto e cucito con sapienza frammenti diversi da frasi diverse, creando una realtà che di fronte alle cineprese non è mai esistita.
Se si riguarda il filmato in quest’ottica, ci si accorge che ogni frase pronunciata può essere riferita a mille cose diverse. E’ solo la ”premessa” che costoro si siano riuniti per decidere di interpellare Kubrick, sapientemente inoculata nel nostro cervello a monte della visione della scena, a farcela leggere in quel modo.
La cosa folle è che qualcuno potrebbe in seguito sostenere che “furono Rumsfeld e Kissinger a volere i falsi lunari da Kubrick”, e di fronte alle prevedibili obiezioni direbbe convinto: “Te lo giuro, li ho visti con i miei occhi e sentiti con le mie orecchie, mentre lo raccontavano!”
Tale è il potere dell’immagine, specialmente se il cervello viene usato come amplificatore della suggestione, e non come filtro a protezione dalla medesima.
La terza parte del documentario racconta come i componenti della troupe di Kubrick che girarono i falsi allunaggi siano stati poi eliminati dalla CIA, uno per uno, per garantire al meglio la protezione di un segreto così importante. Tutto ciò è raccontato dallo stesso ex-direttore della CIA Richard Helms, e denuncia chiaramente come il vero ruolo del terzo segmento sia quello di confondere le acque, dopo aver portato a termine con successo, nel secondo, la missione principale.
Mentre infatti lo spettatore medio si perde nei fumi della fiction di serie B, quello più attento si ritrova a domandarsi come mai lo stesso direttore della CIA denunci con tale disinvoltura una lunga serie di omicidi commessi dai suoi agenti, senza alcun bisogno di farlo. Ma per lui Karel, che pensa a tutto, ha già predisposto lo “scivolo di emergenza”, facendogli sapere che fu in realtà una “branca impazzita” della CIA a fare fuori tutta la troupe, nonostante da Langley cercassero in tutti i modi di fermarli. A questo punto solo chi conosca a fondo il modus operandi dell’agenzia americana può ancora mettersi a ridere, ma la stragrande maggioranza degli spettatori ha accettato quella spiegazione.
Nel frattempo tutti, ma assolutamente tutti, hanno già “digerito” inconsciamente quanto segue:
A) Le immagini lunari sono false, ma sulla Luna ci siamo andati davvero.
B) Kubrick ha partecipato alla messinscena, ma solo perchè “gli facevano pena” i realizzatori della CIA.
E così abbiamo messo una pezza alla diceria che sulla Luna non siamo mai andati, e abbiamo anche parato il culo al “povero” Kubrick, nel caso la verità sulla sua partecipazione all’inganno lunare dovesse mai arrivare a livello mainstream.
Niente male, per una parodia fatta solo per scherzare.
Resta infine da notare come questo capolavoro di disinformazione sia arrivato proprio nel periodo in cui la NASA cerca in tutti i modi di rilanciare i “viaggi lunari”, e si prepara a chiedere fondi ingenti per finanziare un nuovo ciclo di “imprese spaziali”, nelle quali l’ultimo obiettivo, naturalmente, sarà quello di portare uomini sulla Luna.