- “Assalto alla fonderia dei veleni”, Il Sole 24 ore (articolo non disponibile on line). Aumenta il caldo. E calano le notizie. E così l’unico brivido – oggi, dalle pagine dei giornali – arriva dalla Cina. Neppure un mese fa, una torma di operai inferociti, nella provincia di Jilin, aveva ammazzato a bastonate un manager, causa qualche licenziamento di troppo. E ieri – con qualche variante – il copione della rabbia popolare si è ripetuto di nuovo in altri due angoli dello sterminato gigante asiatico. Gli abitanti di Baoji, cittadina del nord-est della Cina, hanno infatti letteralmente dato l’assalto a una fabbrica, la Dongling Lead and Zinc Smelting Co. Distruggendo tutto ciò che gli capitava a tiro (camion e mezzi vari). Motivo: la Dongling – che ha aperto i battenti tre anni fa – non produce soltanto 100mila tonnellate di piombo e zinco e 700 mila tonnellate di carbone ogni anno. Ma anche una sfilza di avvelenamenti. La settimana scorsa una raffica di analisi ha accertato che dei 731 bambini che vivono nei dintorni della fabbrica, ben 615 erano intossicati dal piombo; e 154 sono finiti di gran carriera all’ospedale. E ancora. Secondo “Repubblica”: l’esercito è dovuto intervenire anche nella provincia dell’Hennan, dove altri operai di un’azienda (pubblica) di produzione dell’acciaio tenevano in ostaggio da cinque giorni il vicedirettore della fabbrica. Temevano anche loro di rimanere senza lavoro. Dopo aver ricevuto tante promesse (e tante manganellate), alla fine si sono decisi a tornare a casa. Per ora.
- “China and Australia sign energy deal”, Financial Times. Anche i media cinesi, insomma, ammettono che a Pechino e dintorni qualche malcontento – causa crisi e uno sviluppo un tantino sregolato – c’è. Ma la Cina, fuori dai suoi confini, prosegue la sua marcia (apparentemente) trionfale. Mentre buona parte delle economie occidentali arrancano, la Cina continua a vedere crescere il suo Pil. E a comprare tutto il comprabile. Dopo aver messo gli occhi (mesi fa) sul petrolio argentino e africano, Pechino ha puntato dritto sul gas australiano. E ieri ha siglato un accordo per avere una fornitura ventennale da 41 miliardi di dollari (per la cronaca: ad occuparsi della fornitura sarà la Exxon-Mobil, la compagnia petrolifera che, secondo il Financial Times, sarebbe la più grande del mondo).
- “Reader’s Digest to File Chapter 11 to Reduce Debt”, Bloomberg. A proposito di notizie interessanti. La crisi economica – la peggiore dal 1929 ad oggi – non sta certo risparmiando anche chi sulle news campa. Soprattutto negli Stati Uniti. Dopo i celebri guai del New York Times, a pagare lo scotto del calo di pubblicità e lettori è stata un’altra istituzione della carta stampata made in Usa: il “Reader’s digest”. Fondata nel 1922, la rivista – che vanta ancora oggi di essere il magazine più letto al mondo (5,5 milioni di copie vendute solo negli Usa, secondo l’agenzia di stampa AdnKronos) – ieri è entrata nell’equivalente a stelle e strisce dell’amministrazione controllata (il chapter 11). Praticamente, una mezza bancarotta. Causa: una montagna di debiti alta 2,2 miliardi di dollari. Giusto il giorno prima di ferragosto, uno degli economisti italiani più alla moda – al secolo, Francesco Giavazzi – ci deliziava sulle pagine del “Corriere della Sera”, raccontando di vedere segnali di ripresa un po’ ovunque. Un articolo che probabilmente e sfortunatamente non vedremo sulle pagine del Reader’s digest (che per chi lo non lo sapesse, in passato raccoglieva una selezione di articoli tratti dalla stampa mondiale). Sarebbe un tantino fuori luogo.