L’autunno sta finendo. E con l’autunno, anche la lunga stagione degli scandali, scandalini e scandaletti – a tinte rosse, rosa, o a piacere – pare stia volgendo al termine. Trans e Marrazzi stanno scivolando in coda a giornali e tiggì. Presunte spie venute dal (semi)freddo sono evaporate da tempo. Per non parlare dei Papi, delle pupe, delle escort a tassametro e degli interrogativi che ci giravano intorno: quella ormai è roba da archeologia. Segno dei tempi, anzi del tempo che passa. Del resto: italiani e italioti son fatti così. La loro indignazione è come il latte. Fa presto a scadere e quindi a svanire. Per poi riaccendersi per un’altra causa. Meglio se una causa persa, tanto per ingannare più serenamente il tempo. E poi – come militanti, militonti e semplici elettori – anche chi governa il Belpaese ama cambiare, per non cambiare. Prima la moda voleva calzini turchesi, Franceschini barricaderi e Cavalieri furiosi. Ora invece è il momento di una mano lava l’altra, e di primi ministri che sostengono i leader dell’opposizione magari per conquistare qualche poltrona in Europa. Tutto un altro genere, insomma.
Basta sputtanamenti reciproci a base di scheletri (e signorine) negli armadi, quindi? Probabilmente. E per fortuna. Perchè – come abbiamo ripetuto mille volte sulle pagine di questo blog – la crisi economica che si sta abbattendo sul mondo è seria, e anche nel Belpaese ci sarebbe bisogno di discutere di cose serie. E però: peccato. Peccato, perchè la stagione di scandali, scandalini e scandaletti – incidentalmente; quasi involontariamente – stava regalando un ritratto magistrale della (alta?) società italiota. Che – alla faccia delle leggende sui poteri forti e del mondo 2.0 che avanza – sembra ancora ruotare tutta attorno a tribù, sangue e letti.
La televisione, per esempio.
Non fosse stato per le Brenda, le Natalì e un paio di pantaloni calati di troppo; non fosse stato per quello, si diceva, il grande pubblico mai si sarebbe accorto che il cattolicissimo (ricordavate che in tempi di elezioni si presentava così?) governatore del Lazio – il piddino Marrazzo – aveva e ha per moglie una giornalista, Roberta Serdoz. Che – per coincidenza – andava in onda tutti i giorni, facendo la rassegna stampa sugli schermi del Tg più piddino che ci sia, quello di RaiTre (compreso il giorno del fattaccio, in cui la moglie dimenticò di dare notizia del marito). E senza che nessuno accennasse minimamente a conflitti di interessi. Perchè tra moglie e marito – giustamente – non mettere il dito.
Non fosse stato per quella (mezza) bufala sui suoi trascorsi da spia dell’Est comunista – diffusa da il quotidiano berlusconiano “il Giornale” – i più mai avrebbero saputo che l’ex signor “telefono giallo” – al secolo Corrado Augias; professione conduttore sempre di RaiTre e firma di punta di “Repubblica” – non aveva soltanto un’ottima penna. Ma anche una brillante figlia, Augias Natalia, che – per caso – lavora al Tg1. Figlia che a sua volta ha un marito, Pietro Suber. Che invece fa anche lui il giornalista, ma a Mediaset. Perchè – a volte – tale padre, tale figlia e pure tale genero.
Non fosse stato per Papi&pupe, mai si sarebbe scoperto che perfino una prostituta di professione – per giunta digiuna di politica – poteva avere un posto da candidata a consigliere comunale, in una grande città come Bari. E non fosse stato per le accuse e gli sfottò che ne sono seguiti, mai il Cavaliere si sarebbe accanito, per quel che riguarda le tivù, su RaiTre. E mai sarebbero venute a galla tutto il parentame di cui sopra. Cui va aggiunto di diritto anche quello del direttore della solita RaiTre pagata dal canone degli italioti, tal Paolo Ruffini. Per coincidenza del destino figlio dell’ex ministro diccì, Ruffini Attilio. E nipote del cardinale (e fu arcivescovo di Palermo) Ruffini Ernesto. Perchè anche gli ex diccì (ora “margheriti”) – e Santa Romana Chiesa – vogliono la loro parte.
Dettagli, frammenti. Solo coincidenze, appunto. Che però suggeriscono – forse di più e meglio di tanti libri e saggi – un ritrattino di quella Casta che governa l’Italia. Una Casta dove tutti sono legati a tutti. Dove è difficile entrare; ma, per la gioia di chi c’è dentro, quasi impossibile uscire. Una Casta dove si litiga, appunto, ma dove una mano, alla bisogna, può sempre lavare l’altra; e tutte e due lavarsi la faccia per farla tornare pulita che più pulita non si può.
Una Casta di cui non si parla più. Ma che è viva e lotta non insieme, ma contro di noi. Cosa che sarebbe bene tenere a mente. Scandali o non scandali.