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La crisi, per qualcuno, è finita davvero. Ogni anno “Forbes” – rivista di economia e finanza del magnate americano Malcom Stevensons Forbes Junior – stila la classifica degli uomini più ricchi del Pianeta. Classifica che accoglie solo chi possiede almeno un miliardo (di dollari). Classifica che è stata pubblicata questa settimana. Classifica che parla non chiaro. Chiarissimo. E dice che per i Paperoni della terra, il peggio è assolutamente alle spalle. Per loro, la crisi – appunto e salvo imprevisti – pare finita. Passata. Anzi: quasi come se non ci fosse mai stata.

La cosa, per certi versi, è davvero sorprendente. Lo scorso anno – il disgraziatissimo, economicamente parlando, 2009 -, il mondo ha sperimentato forse la sua prima vera grande recessione globale. La peggior crisi dal lontano 1929. Ma l’uomo più ricco del mondo – il miliardario messicano, Carlos Slim (che possiede diverse compagnie telefoniche, una quota del New York Times e molto altro) – ha aumentato il suo patrimonio di ben 18,5 miliardi di dollari. Tanto è vero che la sua ricchezza totale è arrivata alla ragguardevole cifra di 53,5 miliardi, e sempre di dollari. Come a dire: poco più del prodotto interno lordo di uno Stato grande come la Bolivia, che – secondo il World Factbook – ammonta a circa 45 miliardi di dollari.

Un caso isolato? Niente affatto. Anche Bill Gates – retrocesso, rispetto al 2008, dalla prima alla seconda posizione – ha battuto la Bolivia e rimpinguato il suo portafoglio. Il patrimonio del patron di Microsoft, nel 2008, valeva 40 miliardi di dollari e ora ne vale circa 53 (più 13 miliardi di dollari). E pure il terzo classificato – il miliardario americano Warren Buffet, grande giocatore di Borsa e vero e proprio re di Wall Street – ha messo a segno una performance di tutto rispetto: 47 miliardi di dollari di patrimonio, 10 in più dell’anno scorso.

E non è finita qui. Perchè sempre il disgraziatissimo 2009 – anno in cui, per la cronaca, Stati Uniti ed Europa hanno distrutto qualcosa come 7,5 milioni di posti di lavoro (dati Eurostat e BLS, alla mano) – si è rivelato una vera cuccagna per tutti ricchi. Anche quelli un po’ più poveri. Stando ai dati elaborati da Forbes: i miliardari (in dollari) hanno, oggi come oggi, un patrimonio medio di 3,5 miliardi. Ossia: 500 milioni di dollari in più rispetto ai dodici mesi precedenti. Non solo. Ma i veramente ricchi sono pure più di prima: i Paperoni con almeno un miliardo nel forziere,  l’anno scorso, erano 793; ora sono 1.011.

Insomma: non siamo ancora ai livelli pre-crisi, visto che nel 2007 – prima dello storico crack della banca  americana Lehman Brothers – i miliardari erano 1.125. E visto che pure il trio di testa – due anni e rotti fa – aveva un gruzzolo ancora più consistente (Buffet, che allora era l’uomo più ricco del mondo, “valeva” 62 miliardi di dollari; Slim, 60 miliardi di dollari; Gates, 58 miliardi dollari). Ma almeno i miliardari sono  – a differenza di tanti loro concittadini rimasti senza lavoro e senza il becco di un quattrino – decisamente sulla buona strada.

Come mai?

Mistero? Fino a un certo punto.

Va da sè che si sta parlando di persone che vivono nei quattro angoli del mondo. Ogni storia, quindi, meriterebbe un discorso a sè. Ma almeno i magnati che compongono il terzetto di testa – il messicano Slim, e i due statunitensi, Gates e Buffet – hanno qualcosa in comune: la Borsa. Nel senso, ovvio, dei mercati azionari.

Come ha osservato il Financial Times, in un servizio video firmato da John Authers: i patrimoni di Slim, Gates e Buffet sono tornati a crescere in maniera robusta, per una ragione ben precisa. Le Borse – da marzo dell’anno scorso – sono cresciute a un ritmo vertiginoso. E per il trio di testa, è stata una vera e propria manna dal cielo. I tre supermiliardari, infatti, hanno in tasca valanghe di azioni delle loro aziende. Azioni che oggi scoppiano di salute e valgono un mucchio di quattrini. Per la gioia di chi le possiede.

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Merito delle performance delle loro aziende? Anche. Ma merito pure della politica, e in particolare di quella monetaria. Per capirci. Dall’inizio della crisi le banche centrali di Stati Uniti, Giappone ed Europa hanno ridotto il cosiddetto costo del denaro (o tasso di sconto) quasi a zero. In altre parole e per farla semplice: hanno rovesciato una valanga di denaro nell’economia. Dove è andato a finire? Poco – a giudicare da licenziamenti e fallimenti a raffica – nell’economia reale. Parecchi quattrini, invece, sono finiti in azioni. E infatti le Borse – dopo il crollo clamoroso di fine 2008 – hanno avuto un andamento letteralmente strepitoso. Secondo il “Corriere della Sera”: Piazza Affari a Milano, da marzo a ottobre 2009, ha guadagnato il 93%; Francoforte, il 58%; il Dow Jones a New York, il 54%.

Domanda: a guadagnarci, quindi, sono stati i soliti noti e, passata la bufera, tutto è ripartito come prima (per la serie: chi ha avuto, ha avuto; e chi ha dato, ha dato)? Non esattamente. O almeno non è quello che ci dice la classifica stilata da Forbes. Che racconta, in numeri, come in realtà la crisi stia cambiando il mondo.

Il più ricco dei ricchi non è uno statunitense, bensì un messicano. E’ la prima volta dal 1994. E non è un caso.

La maggior parte dei miliardari (in dollari), infatti, ha ancora il passaporto targato Usa. Ma la prima potenza economica mondiale sta perdendo terreno. I super-ricchi americani, nel 2008, erano il 44% del totale. Oggi sono in tutto 403, ossia il 38%. Viceversa ben undici Paesi hanno raddoppiato il numero dei loro miliardari. E tra questi spiccano – tanto per non cambiare – l’India e la Cina, che è diventata il secondo Paese al mondo per numero di Paperoni. Pechino vanta ora 64 super-ricchi. Tra cui spicca il nome di Li Shufu, il patron della casa automobilistica cinese Geely; famoso in Europa perché sta per comprare Volvo (non nel senso di una station-wagon, ma dell’intera azienda).

Del resto: nel 2009 i destini dell’Oriente hanno – in parte – divorziato da quelli dell’Occidente. Stati Uniti ed Europa hanno visto il loro Pil crollare. Cina e India hanno continuato a crescere a ritmi sostenuti. Il risultato è che l’intera Asia oggi vanta – sempre all’interno della classifica Forbes – ben 234 miliardari. Solo 14 in meno dell’Europa (che, in totale, quest’anno ha 248 super-ricchi). Un simbolico sorpasso dell’Asia sul Vecchio continente, insomma, non è più solo una eventualità. Ma una possibilità concreta. Per lo meno sul fronte delle ricchezze estreme.

E in Italia? Nel Belpaese del Gattopardo – in cui tutto cambia perchè nulla cambi – i miliardari sono quelli di sempre. Primo tra gli italiani, si è classificato il re dei cioccolatini, Michele Ferrero (17 miliardi di dollari); secondo, il patron di Luxottica, Leonardo Del Vecchio (10,5 miliardi); e terzo è l’imprenditore di sè stesso, nonchè primo ministro Silvio Berlusconi. Il premier – causa  crisi – nel 2008 aveva visto il suo patrimonio scendere nella classifica Forbes da 9,4 miliardi di dollari a 6,5 miliardi di dollari. Quest’anno ha recuperato alla grandissima, tornando a quota 9 miliardi. Due giorni fa, proprio Berlusconi invitava tutti a cavalcare la ripresa. A lui, in effetti, sta riuscendo benissimo. Ai suoi concittadini – che sono alle prese con una crisi che l’anno scorso ha fatto crollare il Pil a livelli record – forse, un po’ meno. Ma anche questa, a pensarci bene, non è una novità. E’ il copione degli ultimi dieci anni.

 

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