di

Nicola Lagioia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In seguito a un articolo di Nicola Lagioia uscito per «Il Fatto Quotidiano», in cui – ripetendo quanto scritto su «Nazione Indiana» a proposito della responsabilità dello scrittore – a un certo punto affermava:
Credo che un buon libro sia sempre contro il potere, visto che parla, per sua intima natura, una lingua antitetica rispetto a quella dominante, che oggi per intenderci è la lingua pubblicitaria, intesa ovviamente in senso lato (il linguaggio della politica per esempio è quasi sempre pubblicitario…) È per questo che ritengo che l’opera televisiva di uno come Antonio Ricci sia una fedele e magari anche inconsapevole espressione del fascismo del mondo dei consumi: usa lo stesso linguaggio. E chi se ne frega se lo fa per criticare Berlusconi o Brunetta: se usi la stessa lingua del tuo nemico dichiarato, sei già lui.
Nella foto: Antonio Ricci
Antonio Ricci ha risposto sullo stesso giornale. È seguita la replica – sempre sul «Fatto» – di Lagioia.
Ecco qui lo scambio di lettere. La risposta di Antonio Ricci
Caro Nicola Lagioia,
Fascista sei tu! Con tracotanza e violenza, mi accusi di essere una “fedele e magari anche inconsapevole espressione del fascismo del mondo dei consumi”, perché uso il loro stesso linguaggio.
Le prove di quello che scrivi non esistono, naturalmente, per la tua esecuzione sommaria bastano i pregiudizi razzisti di cui grondi. Mi spiace che tu non capisca che quello che si propone Striscia è un lavoro di smontaggio, di messa a nudo di quei meccanismi che sono in grado di rivelare al telespettatore la natura di finzione della Tv. Se la televisione è l’oggetto da decostruire, la scelta più efficace è cercare di demolire il genere televisivo che più di tutti gli altri chiede, ottiene credibilità, e si propone come contrario della finzione, come “finestra sul mondo”: l’informazione.
Il dubbio è il padre di Striscia. Il linguaggio usato è quello dell’ironia. Nessuno al mondo ha mai conosciuto un fascista dubbioso e ironico. Te lo dico dalla mia continua e consapevole esperienza di antifascista (pensa che, ironia della sorte, l’ANPI mi dà la tessera onoraria).
Striscia da sempre ha dato voce ai consumatori, ai più deboli, agli handicappati. Tu senz’altro dirai “me ne frego”, come hai scritto “me ne frego se Striscia critica Berlusconi”. “Me ne frego”, te lo voglio ricordare, è lo slogan del tipico fascista.
Molto “arcitaliano” è il tuo tentativo (come questo per altro) di cercare espedienti per avere “un posto al sole”, una qualunque visibilità per promuovere il tuo successino librario, peraltro basato su analisi sociologiche farlocche. I tuoi contorcimenti pseudo-intellettuali per giustificare la tua appartenenza editoriale ti rappresentano più come una rampante ballerina del ventre che come un giovin scrittore coraggioso e impegnato come vuoi martellantemente far credere. Tu speri di ottenere l’immortalità con i tuoi libri scrivendo contro i “poteri di ogni tempo e latitudine”, a me ricordi il linguaggio di quello che voleva conquistare “I territori d’Oltremare”.
Comunque, caro Nicola, anche se so che hai un’altissima concezione di te stesso, anche se “tirerai dritto”, anche se forse non vorrai mai diventare capomanipolo, permettimi di darti un consiglio da fratello maggiore: rischi di trasformarti in una macchietta. Forse tu, con la furbizia che dimostri, ne sei pienamente consapevole e lo vuoi, con tutti i vantaggi che essere “macchietta” in Italia oggi comporta. Il tuo posto in scena è già pronto.
Virilmente Antonio Ricci.
La replica di Nicola Lagioia
Caro Antonio Ricci,
se il compito di Striscia la Notizia fosse davvero lo smascheramento della finzionalità televisiva, come tu non puoi che raccontarci e raccontarti per questioni di sopravvivenza emotiva, oltre vent’anni di programmazione con ascolti altissimi avrebbero dato come risultato un pubblico televisivo consapevole, responsabile, di un livello culturale accettabile, e non quel bacino di share composto da delatori frustrati, aspiranti veline, casalinghe in stato confusionale che si riversa poi nel bacino elettorale coi risultati che sappiamo. Quando dici che non s’è mai visto un fascista ironico, temo tu abbia in mente i gerarchi in fez e camicia nera, e dunque rispetto al presente mi sa che viaggi in differita, come la tua trasmissione. Pasolini deve aver davvero lottato e vissuto invano se oggi dobbiamo insomma credere che il fascismo si esprima ancora con il linguaggio stentoreo e logoro di un Mussolini. La lingua del fascismo contemporaneo è al contrario una lingua eminentemente pubblicitaria: ironica, elementare, suadente. Berlusconi racconta barzellette. Il Gabibbo rimanda solo a se stesso, proprio come uno spot pubblicitario. L’ironia e la comicità di un Lubitch, di un Kubrick, di un Carmelo Bene, dei fratelli Marx, di Ciprì e Maresco è libera e liberatoria perché è al contrario polifonica e antitetica – ripeto – alla lingua dominante, e non starò qui a spiegarti perché ci siano più cose in una loro inquadratura che nell’intero ventennio di Drive In e Striscia la Notizia. Sorvolerò per decenza sugli handicappati usati come foglia di fico. Quello che trovo invece per te fallimentare, è quando dici che ti ho attaccato per avere visibilità. Dimentichi che il compito degli intellettuali è da sempre rompere le scatole ai potenti, e tra noi due il telecomando l’hai sempre avuto in mano tu. Ma forse appartieni a quel tipo di uomini convinti dalla carriera che ogni gesto si faccia per tornaconto personale e trovo triste, che con i sessant’anni, tu debba tagliare un simile traguardo.
E comunque un dubbio enorme la tua lettera me l’ha fatto venire. Ti saluto infatti senza capire se concederti l’aggravante della buona fede,

Fonte: www.nazioneindiana.com
Link: http://www.nazioneindiana.com/2010/04/21/la-responsabilita-di-antonio-ricci-e-di-nicola-lagioia/#more-33181