di
Marco Cedolin
Nel 1831 il presidente del consiglio francese Casimir Perier ammoniva gli agitatori: "gli operai sappiano che per il loro bene non vi sono altri rimedi che la pazienza e la rassegnazione".
L’Italia è davvero uno strano paese, se è possibile che l’ad della FIAT Sergio Marchionne, a capo di un’industria che da sempre costruisce profitti miliardari finanziandosi attraverso il denaro dei contribuenti, può permettersi il lusso di sostituire il governo ed i sindacati, imponendo pro domo sua, nuove regole in aperto contrasto con la legislazione in atto e con il contratto collettivo nazionale dei lavoratori.
Questo è infatti il senso del ricatto (perché di ricatto si tratta) attraverso il quale Marchionne ha minacciato la chiusura dello stabilimento FIAT di Pomigliano D’Arco, e il conseguente licenziamento dei 5000 lavoratori occupati in quella sede, se i lavoratori stessi non accetteranno di rinunciare ai diritti che la legge vigente attribuisce loro. Ostentando inusitata bonomia, Marchionne si dice disposto a “sacrificarsi”, rinunciando a delocalizzare in Serbia e in Polonia la produzione della merce automobile (destinata nei decenni a venire ad avere sempre meno mercato) e concentrandola invece in Italia, a patto che i lavoratori italiani siano disposti essi stessi a diventare di fatto operai serbi e polacchi.
Fulcro della nuova manovra messa in piedi dalla FIAT “di governo”, …
… l’imposizione di 80 ore annue di lavoro straordinario pro capite obbligatorie (ma non sarebbe meglio lavorare di meno e lavorare tutti, un po’ come tentano difare alla Volkswagen?), il recupero produttivo delle fermate tecniche, anche se effettuate per causa di forma maggiore, la soppressione del diritto alla retribuzione nei giorni di malattia e del diritto di sciopero. Anche se per mantenere una parvenza di senso del pudore gli ultimi due punti non vengono ovviamente esplicitati letteralmente all’interno delle proposte, ma scientemente celati giocando con il senso della parola “assenteismo”.
Di fronte alla “telefonata” che impone le condizioni per il riscatto di 5000 persone, la politica ed il mondo sindacale si manifestano pronti a “pagare” (come sempre con i “soldi” degli altri) ed a genuflettersi dinanzi a cotanta generosità ostentata da Marchionne, uomo disposto a grandi sacrifici per sostenere l’occupazione nel paese. L’unica voce contraria sembra al momento essere quella della FIOM, decisa a non sottoscrivere l’accordo, ma con tutta probabilità anche questa piccola difficoltà verrà presto ripianata, offrendo un “contentino” che non incida sui termini della questione, o più semplicemente facendo finta che la FIOM non esista, così come già è stato fatto con i diritti dei lavoratori italiani.
La ricetta Marchionne, basata sul ricatto occupazionale, è in fondo molto semplice e in sintonia con la crisi economica e finanziaria che (per un strana coincidenza) si rivela perfettamente funzionale a manovre di questo genere. Prima si distrugge il mondo del lavoro, attraverso la disoccupazione e la precarizzazione, poi si passa a riscuotere, imponendo nuove regole che rendono il lavoratore uno schiavo con sempre meno diritti.
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