di Luca Salvioli
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L’esperimento nelle acque dello Stretto di Messina
VILLA SAN GIOVANNI (RC)- L’idea arriva dalla cima dello Stivale, più precisamente da Bolzano. La ricerca è stata sviluppata dall’università Federico II di Napoli. Il primo prototipo è stato messo nelle acque tra Scilla e Cariddi lunedì 27 ottobre, con grande soddisfazione dei politici locali che vogliono fare di quel tratto di mare «un laboratorio a cielo aperto». La nuova tecnologia per produrre energia elettrica sfruttando le correnti marine attraversa tutta Italia e promette di valicarne i confini nazionali. «Quella di oggi è la prima sperimentazione – spiega Josef Gostner, presidente di Fri-El Seapower, controllata di Fri-El Green Power, azienda di Bolzano attiva nelle rinnovabili (idroelettrico, eolico e biomasse) da quindici anni – entro fine novembre installeremo nelle acque dello Stretto di Messina il primo impianto connesso dalla rete con una potenza di 20 kw. L’estate prossima arriveremo a 500 kw». L’azienda altoatesina è la numeo due in Italia per l’eolico con una produzione di 1Twh. Circa un anno fa stava per quotarsi in Borsa, ma la crisi dei mutui subprime americani ha suggerito al management di aspettare. Da qualche mese è diventata partner di Rwe Innogy Italia, distaccamento italiano di Rwe Innogy, uno dei leader mondiale nelle rinnovabili.
La potenza del mare. La ricerca – durata due anni e mezzo – è stata realizzata dal team di Domenico Coiro, ingegnere e coordinatore del gruppo di ricerca Adag del Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale dell’Università «Federico II» di Napoli che non è nuovo ad attività del genere. Già dal 2001 ha lavorato al progetto Kobold, la prima turbina marina installata nello Stretto (attualmente in uso) che ora ha ricevuto commissioni nelle Filippine e Indonesia. «L’energia del mare ha potenzialità enormi – spiega Coiro – soltanto in Europa può arrivare a 50 Twh e fornire corrente a 12 milioni di case». Per adesso le applicazioni di questo tipo di fonte rinnovabile sono ancora a cavallo tra ricerca, prototipo e applicazione commerciale: poche settimane fa, con un ritardo di un anno causato da problemi tecnici, è stato avviato un grosso progetto a cinque chilometri dalle coste di Aguçadoura, nel nord del Portogallo. Ne esistono anche in Scozia e in Galles.
La tecnologia di Fri-El Seapower. Vista dalla superficie la struttura assomiglia ad una piccola imbarcazione che si porta dietro una miriade di boe. Vista da sotto il pelo dell’acqua l’architettura tecnologica è più evidente: le "boe", ovvero una serie di tubi orizzontali snodabili e modulari disposti a intervalli regolari, servono per sostenere alcune turbine. Le turbine, mosse dal passaggio dell’acqua o dalle maree, sono collegate ad un unico albero motore. La fila di tubi orizzontali è collegata in modo da trasmettere la potenza ai generatori elettrici situati sulla struttura galleggiante. Tutte le componenti elettriche sono sopra il pelo dell’acqua e permettono al sistema di allinearsi a seconda di come si muovono le correnti. L’energia elettrica prodotta arriva al sistema elettrico del Paese grazie a un cavo elettrico sottomarino. L’impianto che verrà installata nelle acque dello Stretto di Messina l’estate prossima è un prototipo da 500 kW, costituito da una nave e da 4 filari allineati, ognuno dei quali avrà 5 turbine dal diametro di 4 metri per un totale di 20 turbine. La corrente, in quel punto, raggiunge punte di 2,5 metri al secondo. Ecco perché sotto l’imbarcazione è presente un’altra turbina, di dimensioni maggiori, in grado di sfruttare meglio l’energia cinetica. «Il Mediterraneo è un banco di prova – continua Gostner – la parte più rilevante del nostro progetto troverà espressione nelle acque dell’Oceano, che permettono una maggiore produzione energetica». I contatti con diversi partner stranieri sono già in corso.
Il futuro è a idrogeno. Qui il progetto è decisamente ambizioso (e per il momento lontano dall’applicazione). Nel caso in cui la struttura sia disposta fino a un massimo di 300 chilometri da riva, vale il sistema appena descritto. Oltre quella distanza il passaggio di corrente dal mare alla terraferma non è così semplice. Visto in prospettiva il progetto è di dislocare un gran numero di strutture galleggianti in mare aperto, e utilizzarne l’energia per la produzione di idrogeno, quando la tecnologia sarà matura. Ogni singola nave, secondo lo scenario previsto dall’azienda, sarà dotata di un impianto per la produzione di idrogeno tramite elettrolisi. L’idrogeno non è una fonte energetica, bensì un vettore: non esiste da solo in natura, va estratto dall’acqua, dagli idrocarburi o da altri elementi. Solo che per farlo serve una grande quantità di energia. «La corrente del Golfo sviluppa una potenza pari a tre milioni di centrali nucleari – azzarda Gostner – quindi può assolvere questo compito». L’idrogeno, in uno scenario futuro, verrebbe dunque utilizzato per immagazzinare l’energia e prelevato regolarmente da navi cisterna che raccolgono le quantità prodotte dalle singole navi e la trasportano in porto per lo stoccaggio e la distribuzione.
Fonte: http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Economia%20e%20Lavoro/2008/10/energia-mare-scilla-cariddi.shtml?uuid=c4c64a2e-a4cd-11dd-95cf-1b4bf1cc6411&DocRulesView=Libero
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