Qualche giorno fa abbiamo pubblicato la corripondenza privata sul duro confronto avvenuto tra Barnard e Travaglio. Ora però c’è un altro match importante da segnalare, ovvero la sentita critica mossa da Massimo Mazzucco a Paolo Barnard. La pubblichiamo per intero, come giusto che sia, rimanendo in attesa di pubblicare anche l’eventuale replica dell’interessato, ma ad ogni modo l’atteggiamento assunto da Barnard sulla versione ufficiale dell’11 settembre può considerarsi un vero e proprio "scivolone" di credibilità, quasi al pari di quello da lui documentato con la "star" Travaglio.
Marco Pizzuti
Massimo Mazzucco Paolo Barnard
11 settembre : No, così non va caro Barnard
Avevo già avuto in passato più di uno scontro con Paolo Barnard, sia in Internet che alla radio, riguardo all’undici settembre, e purtroppo la stessa dinamica si è ripresentata sul nostro sito, in occasione del suo articolo sulla scuola italiana, da noi pubblicato di recente.
Il fatto non sarebbe degno di nota, se non fosse lo stesso Barnard a proporsi continuamente, e a volte in maniera persino invadente, come “duro e puro” del giornalismo nazionale, eroe solitario da tutti ripudiato, solingo gladiatore in una battaglia per la Giustizia e per la Libertà che – a quanto pare – solo lui starebbe combattendo.
Note sono le sue pubbliche lamentele sul trattamento che avrebbe ricevuto da Milena Gabanelli di Report, che Barnard non ha esitato a diffondere ai quattro venti, chiedendo – e presumo ricevendo – una forte solidarietà da parte del popolo della rete.
(Luogocomune non appoggiò ufficialmente quella sua richiesta, in quanto ritenni che le dispute di quel tipo si possano valutare – se mai risultasse interessante farlo – solo in presenza della versione completa di ambo le parti).
In ogni caso, sappiamo che la stessa redazione di Report non ha mai messo in dubbio le capacità professionali di Barnard, e questo ci dovrebbe bastare.
Il problema nasce quando una persona come Barnard cerca di inserire il personale sopra il professionale, al punto da voler “colorare retroattivamente” la propria carriera …
… alla luce di un singolo evento – come l’allontanamento da Report – o di più eventi dello stesso tipo.
Ecco cosa scrive Barnard di sè: “Chi come me si può permettere di perdere fama, carriera, amicizie in alto, editori importanti, e le infinite serate cui mi invitavano in tutta Italia (tutto documentato) per rimanere un libero pensatore, non è un fallito. E’ uno con coraggio, una tenuta fuori dal comune, e soprattutto un attaccamento all’etica come prima condizione di vita.”
In altre parole, Barnard ci dice che nessuno lo vuole più perchè lui è “un libero pensatore”, ma in realtà questo presunto ostracismo verso di lui potrebbe anche avere delle cause diverse, molto più semplici e banali. Se infatti le cose stessero come dice lui, resta da spiegare come abbia fatto Barnard a raggiungere “fama, carriera, amicizie in alto ed editori importanti” in primo luogo. Ha forse tenuto nascosto di essere un “libero pensatore”? Ha finto di scrivere pezzi “di sistema”, e di adeguarsi alla logica del potere, pur di guadagnarsi l’accesso ai piani alti, solo magari per “venire sgamato” da qualche potente più astuto degli altri?
O forse ha avuto una tardiva epifanìa, ed è diventato “libero pensatore” soltanto dopo la scalata ai piani alti? In fondo, lui stesso scrive: “Se prima noi (attivisti, giornalisti ‘contro’, giovani antagonisti, intellettuali, contestatori, altermondialisti, studenti) non ci guardiamo dentro e se non accettiamo di vedere quanto in realtà replichiamo i difetti e le ipocrisie del Sistema, se non facciamo il durissimo lavoro di pretendere da noi stessi prima di tutto l’adesione all’etica senza eccezioni, noi tutti saremo fallimentari, e facilmente manipolabili dal Sistema”.
Sia chiaro, non ci sarebbe nulla di male se Barnard si fosse reso conto in ritardo di essere funzionale ad un sistema che credeva di combattere – meglio tardi che mai, ovviamente – ma in questo caso dovrebbe raccontare la sua storia per intero, e non solo la parte che gli fa comodo.
Su tutto questo si inserisce un problema di fondo, nella posizione di Barnard, che rappresenta il vero motivo per cui ho scritto questo articolo (non ho nulla contro di lui personalmente, ma combatto quello che lui ideologicamente rappresenta), ed è il suo “negazionismo” aprioristico sull’ipotesi dell’autoattentato nei fatti dell’11 settembre.
Barnard nega l’autoattentato alla radice, sostiene di essersi informato a fondo in materia, e rivendica il suo sacrosanto diritto di pensarla come vuole lui. Il problema è che non solo “la pensa come vuole lui”, ma attacca pesantemente chi invece sostiene la tesi dell’autoattentato, definendolo come chi “sta a casa col caffè a pigiare tasti”, mentre “al contrario di voi – ci dice Barnard – io ho ricercato, trovato e pubblicato le prove (fra cui inediti), gli smoking guns veri, di crimini imperialisti confronto ai quali l’11/9 è un tamponamento cittadino”.
Benissimo. E allora parliamo di questo insignificante “tamponamento cittadino”, in seguito al quale:
1 – L’intera mappa geopolitica del mondo è stata ridisegnata – con l‘invasione ingiustificata di Iraq e Afghanistan da parte degli americani – ponendo le condizioni per il rischio permanente di uno scontro nucleare.
2 – E’ stata scatenata una vera e propria guerra di religione, nella quale un miliardo circa di cristiani viene costantemente spinto all’odio – altrettanto ingiustificato – verso un miliardo circa di musulmani. Parimenti, milioni e milioni di arabi sono malvisti in tutto il resto del mondo, senza averne la minima colpa.
3 – Il prezzo del petrolio è schizzato alle stelle, favorendo in maniera vergognosa le compagnie petrolifere, e mettendo in ginocchio l’economia di dozzine di nazioni occidentali.
4 – Oltre un milione di innocenti sono stati uccisi, in maniera cruda e premeditata, in Afghanistan e Iraq. Sono più di 4 milioni i senzatetto.
5 – Lo stesso Iraq è stato trasformato in una landa desolata, sommersa dalla radioattività, mentre è stata cancellata ogni traccia della sua cultura millenaria.
6 – La produzione di oppio – praticamente congelata sotto i talebani – è stata fatta ripartire a livelli mai visti prima, raggiungendo il 140% del picco massimo mai toccato dall’Afghanistan nella storia.
7 – Nazioni sovrane come la nostra sono state obbligate a violare la propria costituzione, prendendo parte a questo genocidio mascherato da “missione di pace” e da “esportazione di democrazia”.
8 – Con la scusa del “terrorismo” i governi di mezzo mondo hanno potuto introdurre leggi e parametri “di sicurezza” che riducono drasticamente le già risicate libertà civili dei cittadini.
9 – Le società costuttrici di armi, insieme ai cosiddetti “contractors”, hanno letteralmente rubato centinaia di miliardi di dollari dalle casse pubbliche americane.
10 – E infine, last but not least, tremila innocenti sono stai uccisi a sangue freddo, inizialmente, per ottenere tutto questo.
Alla faccia del tamponamento.
Lo ripeto, teoricamente Barnard avrebbe il pieno diritto di non credere all’autoattentato, se solo si trattasse di esprimere una “opinione” come tante altre. Ci mancherebbe. Di fatto però è lui il primo a parlare dell’obbligo del giornalista di essere informato, e i fatti oggi accertati non permettono più ad una mente onesta di arrivare a quella conclusione.
Oggi esiste una serie di fatti accertati che portano necessariamente a concludere che l’undici settembre sia stato un autoattentato. Non sappiamo ancora in quale precisa misura, nè con la partecipazione specifica di chi, ma oggi sappiamo – e possiamo ampiamente dimostrare – che la versione ufficiale sia plateamente falsa, in molteplici occasioni.
Messo di fronte a queste prove concrete, Barnard non ha nemmeno provato a confutarle, e si è limitato a dire: “Io ho sempre detto che la versione ufficiale fa acqua da tutte le parti, solo un mentecatto vi crede ciecamente.”
In alte parole, Barnard vorrebbe dire che quelle non sono prove, ma solo indizi, e con questa comoda scusa evita di partecipare al coro mondiale che chiede giustizia rispetto a quei fatti criminali.
Dopodichè si è defilato dicendo: “Ora: al lavoro, con meno enfasi, ma con la giusta meta di scoprire cosa veramente accadde l’11/9.”
Noi il nostro lavoro lo abbiamo fatto, Barnard, per cinque anni, con tanta umiltà e senza enfasi. Il tuo dov’è?
I nostri lavori si chiamano Loose Change, Inganno Globale, Painful Questions, Confronting the Evidence, Il Nuovo Secolo Americano, e mille altri. I tuoi come si chiamano?
Dove sono le tue “indagini scomode” che osano disturbare i potenti, a punto da volerti escluso dalla professione tout court? Dove sono gli “smoking guns” che dici di saper trovare, quando non riesci nemmeno a riconoscere che l’intero Building 7 è uno smoking gun – letteralmente – grosso come una casa?
Oppure, se proprio vuoi sostenere la versione ufficiale, dove sono i tuoi lavori che smontano analiticamente, punto per punto, tutto quanto contenuto nei nostri?
La cosa curiosa è che la posizione di Barnard sull’undici settembre è molto simile a quella del “divo“ Travaglio che lui tanto vorrebbe criticare. Anche Travaglio, alla domanda “perchè non ti occupi mai dell’undici settembre?”, rispose qualcosa come “non sono quelli i veri problemi, l’undici settembre è una stupidaggine, rispetto ai veri problemi”.
Poi però passa il suo tempo a parlare di Berlusconi, personaggio che probabilmente non esisterebbe nemmeno – almeno non nella attuali dimensioni – se non ci fossero stati gli attentati di quel giorno.
Le risposte di Barnard e di Travaglio sono in realtà un modo poco coraggioso di svicolare il problema più grande di tutti, e il loro comportamento li rende complici – consapevoli o meno – del prolungamento nel tempo della colossale bugia dell’undici settembre, e di tutto quello che ne consegue.
Ogni volta che nel mondo viene perpetrata un’ ingiustiza in nome della “guerra al terrorismo”, tutti i giornalisti che non abbiano fatto finora il proprio dovere – di informarsi e di informare a fondo la gente – ne sono in parte responsabili.
E’ stato tramite i media che la bugia si è diffusa nel mondo, e solo attraverso i media questo danno potrà essere riparato fino in fondo. Se Barnard vuole davvero considerarsi un giornalista, sa bene da dove cominciare.
Massimo Mazzucco
Fonte: www.luogocomune.net