Il pilota Tibbets a bordo del famigerato Enola gay

Claude Eatherly fu uno dei pochissimi piloti di bombardieri che si pentì delle proprie azioni criminali  (benché compiute obbedendo a degli ordini superiori); in realtà è l’unico di cui abbiamo notizia e memoria storica assieme a Howard Zinn, il quale dopo avere prestato servizio nell’aviazione statunitense partecipando anche a dei bombardamenti, studiò storia e divenne docente universitario di questa materia, maturando, con cognizione di causa, la convinzione che molte azioni di guerra fossero totalmente insensate anche da un punto di vista strettamente bellico.

Howard Zinn maturò con gli anni una coscienza sempre più coerente di rifiuto totale della guerra in quanto tale, di ogni guerra, e da storico scoprì le prove che gli orribili bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki furono compiuti quando ormai il Giappone era prossimo alla resa e aveva intavolato delle trattative per porre fine alla guerra. Il frutto di questi studi e di queste riflessioni è il libro "Non in nostro nome"

Abbiamo quindi due soli piloti che hanno avuto il coraggio di dire pubblicamente no alla barbarie dei bombardamenti e della guerra, ed a ben dire il primo (Eatherly) non riuscì nemmeno bene (specialmente all’inizio) a manifestare il suo pentimento tanto era lo sgomento che egli provava per ciò che aveva fatto.  Quasi tutti i piloti ed i militari che hanno collaborato a vecchi e nuovi massacri di guerra (tra gli atroci bombardamenti ricordiamo quelli di Dresda e Coventry durante la seconda guerra mondiale, ma ci sarebbero anche quelli della Cambogia o del Vietnam in tempi più recenti) preferiscono invece giustificare il proprio operato come etico e patriottico, o si giustificano (né più e né meno dei criminali nazisti) con la scusa di avere obbedito a degli ordini.

Tra il 1964 e il 1973, soltanto sul Vietnam del Nord gli usa sganciarono il triplo delle tonnellate di bombe sganciate sull’Europa, sull’Asia e sull’Africa nella seconda guerra mondiale, ha scritto Stanley Karnow, inviato speciale nel Sudest asiatico per "Time e life.

Scie che non provengono dal motore: diffusione deliberata di sostanze chimiche

Similmente le migliaiai di piloti degli aerei della morte che rilasciano scie chimiche ormai in tutto il mondo (e con una frenesia sempre crescente) giustificheranno il proprio operato come etico, magari credendo che serva a bloccare un inesistente riscaldamento globale generato dalla CO2, o si giustificheranno con la scusa di avere obbedito agli ordini.

Cielo parzialmente oscurato dalle scie chimiche rilasciate da aerei non identificati

La storia insegna, ma quand’è che l’uomo imparerà?


Claude Eatherly, il pilota pentito di Hiroshima

Articolo tratto dal dal sito peacelink

Claude Eatherly, il pilota di Hiroshima che si pentì

Ecco la storia del pilota che, dopo lo sgancio della bomba atomica, non riuscì più a trovare la pace dell’anima. Famoso il suo carteggio con Günther Anders, il  grande filosofo tedesco che dedicò l’intera sua vita a lottare contro gli orrori di Auschwitz, di Hiroshima e di Nagasaki affinche’ non potessero ripetersi mai più.

In guerra aveva abbattuto già 33 aerei facendo carriera in un baleno: a 24 anni era già maggiore guadagnandosi la "Dinstinguished Flying Cross" (la decorazione più alta "per piloti vivi"). Venne pertanto scelto per la grande missione di Hiroshima. Gli consegnarono un Boeing 29. Il giorno dell’ora X era lui ad aprire la formazione. Sul suo apparecchio non c’erano bombe. Doveva solo individuare con la massima esattezza il bersaglio e stabilire se le condizioni del tempo permettevano di fare centro su Hiroshima o se era necessario continuare verso altri obiettivi.

Questo è il racconto del pilota Claude Eatherly: "Ho volato su Hiroshima per 15 minuti per studiare i gruppi di nuvole; Il vento le spingeva allontanandole dalla città. Mi pareva il tempo e il luogo ideale, così trasmisi il messaggio in codice e mi allontanai in fretta come mi era stato detto, ma non abbastanza. La potenza della bomba mi terrorizzò. Hiroshima era sparita dentro una nube gialla".
Claude Eatherly chiese di essere congedato. Si meravigliarono un po’ tutti: come poteva bruciarsi un futuro pieno di promesse? Gli offersero 237 dollari di pensione al mese. Li rifiutò. Siccome rifiutare non è consentito dal regolamento, dispose che andassero a beneficio dell’associazione per le vedove dei caduti in guerra. Tornò nel Texas. Era nervoso, magro: non rideva più. La notte aveva gli incubi e si svegliava gridando "Gettatevi, gettatevi: arriva la nuvola gialla!". Quattro anni così. Per la moglie un vita d’inferno. Poi, nel 1950, i familiari lo convinsero a farsi ricoverare nell’ospedale psichiatrico di Waco.
Tra le tante lettere ricevute negli anni in cui era in ospedale, Eatherly ne lesse una scritta dal filosofo tedesco Günther Anders e decise di rispondergli. Lo scopo del filosofo era quello di aiutare il pilota ad uscire da lì.
Günther Anders consigliò poi a Eatherly di manifestare il suo pentimento nel giorno della memoria ad Hiroshima, facendo giungere lì una lettera di scuse e di partecipazione addolorata entro il 6 Agosto 1960. Eatherly era effettivamente sconvolto da ciò che aveva compiuto e arrivava a rivivere ogni 6 Agosto, il dramma che ha caratterizzato la sua vita. Dopo aver scritto la sua lettera, i cittadini di Hiroshima gli risposero dicendo che anche lui era stato una vittima della bomba. Riappacificatosi con Hiroshima, Eatherly si sentì sollevato e iniziò nuovamente a vivere, sebbene restando in ospedale, dove morì qualche anno dopo.
Alcune lettere del carteggio fra Anders e Eatherly sono reperibili sul sito presentepassato.it
Dopo quell’esperienza Günther Anders ha scritto, Der Mann auf der Brueke. Tagebuch aus Hiroshima und Nagasaki, apparso col titolo "Essere o non essere. Diario di Hiroshima e Nagasaki", Einaudi, Torino 1961 (con in appendice le Tesi sull’eta’ atomica).
Altro titolo: Günther Anders e Claude Eatherly, Il pilota di Hiroshima, ovvero: la coscienza al bando, Einaudi, Torino 1962, Linea d’Ombra, Milano 1992.
Ha scritto Anders: "Il 6 agosto 1945, giorno di Hiroshima, è cominciata una nuova era: l’era in cui possiamo trasformare in qualunque momento ogni luogo, anzi la terra intera, in un’altra Hiroshima. Da quel giorno siamo onnipotenti in modo negativo".

Note:

Altri piloti non si pentirono. E’ il caso di Tibbets che lanciò la bomba su Hiroshima: "Personalmente non ho rimorsi. Mi fu detto – come si ordina a un soldato – di fare una certa cosa. E non parlatemi del numero delle persone uccise. Non sono stato io a volere la morte di nessuno. Guardiamo in faccia alla realtà: quando si combatte, si combatte per vincere, usando tutti i metodi a disposizione. Non mi posi un problema morale: feci quello che mi avevano ordinato di fare. Nelle stesse condizioni lo rifarei."

Il co-pilota del bombardiere "Bockstar" che sganciò la seconda atomica su Nagasaki (un italo-americano con origini toscane) ha detto: "Non mi sono mai pentito di aver buttato la bomba su Nagasaki, obiettivo su cui abbiamo ripiegato non avendo potuto radere al suolo Kokura. Solo un secondo prima di sganciarla ho pensato che stavamo per uccidere vecchi, donne, bambini. Poi mi sono venuti in mente quei bambini e quelle donne giapponesi che andavano incontro ai soldati americani con bastoncini avvelenati nascosti per ucciderli. No, non mi dispiace aver tirato la bomba. Anche perché con questa operazione abbiamo fatto finire la seconda guerra mondiale. Senza l’atomica forse oggi molti bambini americani non ci sarebbero: in caso d’invasione del Giappone i loro nonni sarebbero morti e i loro padri non sarebbero mai nati. E quindi nemmeno loro sarebbero nati". Sono le parole del pilota Fred J. Olivi; la sua testimonianza è su quotidianiespresso.it

Fonti: 

http://digilander.libero.it/hiroshimatomic/uomo_che_brucia.htm

http://www.cronologia.it/storia/a1945i.htm
http://www.quotidianiespresso.it/iltirreno/speciali/emigranti/racconti/16.html
http://www.unisi.it/grotti/anders.htm
http://lists.peacelink.it/pcknews/msg03595.html

 

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