Articolo realizzato in collaborazione dai gestori dei blog scienza marcia e non votare chi ti avvelena.
Non aveva stupito più di tanto la notizia di due settimane fa dal sito di Greenpeace: Giappone e il MOX francese. L’indagine di cui Areva e la Francia preferiscono non parlare
Questa indagine mostra che del MOX (pericolosa miscela di uranio e plutonio presente nel reattore n ° 3 a Fukushima) è stato trasportato dalla Francia in Giappone per la settimana del 4 aprile. Dopo la tragedia altro MOX stava ugualmente viaggiando verso la centrale Dai-chi di Fukushima? Sembra di si. Il sito è in francese ma è possibile leggerlo con gli strumenti di traduzione su web.
Il collegamento tra la società Areva francese e la britannica Bnlf, citata nell’articolo che segue, si può osservare in un contratto tra queste due società.
La società britannica e statunitense British Nuclear Fuels Plc e la sua sussidiaria statunitense Bnfl Inc. si occupano del trattamento dell’uranio impoverito (Du) e di prodotti correlati: è un colosso che non solo gestisce operazioni e produzioni di vario genere nel settore in Gran Bretagna, ma – attraverso la sua sua sussidiaria statunitense, la Bnfl Inc. – è destinatario di una fetta preponderante delle risorse messe a disposizione dal ministero statunitense per l’Energia per il trattamento e la "ripulitura" di alcuni tra i più devastati siti connessi alla produzione nucleare militare della guerra fredda, nonché del riciclaggio, riposizionamento o trattamento e trasformazione dei rifiuti degli impianti commerciali per la produzione di energia nucleare.[Fonte]
Ricordiamo che il plutonio contenuto nella miscela è
«PIU’ PERICOLOSO DEL CIANURO» (…) La pericolosissima sostanza, infatti, viene generata nel processo di produzione di energia nucleare che usa l’uranio come materia prima». Matthias Dembinski, ricercatore dell’Istituto Ricerche sulla Pace di Francoforte dichiara: «Per un ordigno con una resa energetica dell’ordine di quella che distrusse Hiroshima e Nagasaki bastano 27 chilogrammi di uranio altamente arricchito, oppure 8,55 chilogrammi di plutonio». Pericoli? «Il plutonio se viene ingerito o inalato è più pericoloso del cianuro – avverte il professor Massimo Zucchetti, docente di radioprotezione, impianti nucleari ed effetti biologici del Politecnico di Torino – un microgrammo può bastare per uccidere un essere umano». L’esperto italiano conclude: «Ha una vita di 24 mila anni. Si attacca alle ossa, sostituendo il calcio, martella il midollo osseo, modifica i tessuti, causa tumori e leucemie». (Gianni Lannes in CORRIERE.IT, 17 MARZO 2011)
Raccomandiamo l’attenta lettura dei due articoli indicati qui di seguito che secondo noi porta ad un sola conclusione: o gestori della centrale di Fukushima stanno facendo tutto tranne che curarsi della salute dei propri connazionali, ed il governo nipponico glielo permette. E’ davvero possibile pensare che siano tutti così miopi e stupidi da rischiare la salute di milioni di connazionali per mettere a tacere scandali e garantire profitti? Siamo ben consci che ci siano persone disposte a passare sul cadavere di propria madre pur di guadagnare miliardi, ma è possibile che tutti i governanti del Giappone stiano a guardare? E come mai il governo che elargisce centinaia di milioni di euro a mo’ di bustarella per convincere gli abitanti della zona ad accettare la centrale non ne spende altrettanti in controlli sistematici e rigorosi sulla sicurezza?
Come non vedere dietro queste orribili serie di errori una regia occulta che ha come finalità quella di avvelenare la popolazione, di irradiarla in maniera analoga a quanto avviene con l’irrorazione ormai quotidiana ad opera delle scie degli aerei le bianche strisce che hanno ormai sostituito le care e vecchie nuvole di un tempo su quasi tutto il globo terrestre? E come altrimenti spiegare l’uso di uranio impoverito (e plutonio) nelle armi che adesso vengono utilizzate in Libia? Difficile pensare che le polveri di questi elementi radioattivi restino confinati alla Libia e non colpiscano anche i paesi vicini, come il nostro. L’Italia quindi partecipa ad un intervento di guerra contro il popolo libico ottenendo come ricompensa un sovrappiù di radiazioni. Follia totale o deliberato atto di avvelenamento e contaminazione radiattiva?
Gli oscuri retroscena del disastro di Fukushima sono descritti in due articoli di Gabriele Battaglia (primo e secondo) dai quali cito le parti a mio giudizio più rilevanti.
Nell’agosto del 2008, l’ex governatore di Fukushima, Eisaku Sato, fu condannato per corruzione a tre anni, poi ridotti a due nel 2009, con sospensione per quattro anni dai pubblici uffici. (…) Ma oggi, molti giapponesi si chiedono se tra quella condanna e l’emergenza nucleare di Fukushima non ci sia qualche nesso. (…)
Il vantaggio fondamentale del Mox è che consente di riciclare il plutonio dismesso dalle armi nucleari – che altrimenti resterebbe in circolazione come spazzatura di difficile smaltimento – e riduce la percentuale (e quindi la domanda) di uranio necessario alla produzione di energia.
Tuttavia si tratta di una sostanza molto tossica. Secondo il politico ambientalista americano Ralph Nader (citato dal Fatto Quotidiano), "la sostanza più tossica conosciuta dall’uomo". I detrattori sostengono anche che, lungi dal far piazza pulita del plutonio in circolazione, i progetti pluthermal ne incentivano invece la produzione.
Nel 1999, scoppia uno scandalo internazionale che coinvolge la British Nuclear Fuels plc (Bnfl) una compagnia del governo britannico che tratta il ciclo del Mox. Tra i vari clienti della Bnfl c’è proprio il Giappone. I britannici comprano da Tokyo il plutonio di smaltimento, lo lavorano e glielo restituiscono in forma di combustibile riutilizzabile.
Ma in quei giorni il business non appare più così redditizio, perché i prezzi dell’uranio sono calati e quindi il Mox non sembra più un’alternativa così competitiva. Alcuni funzionari della Bnfl pensano allora di risparmiare sui controlli e consegnano al Giappone del combustibile accompagnato da documenti di sicurezza falsificati.
Quando la verità emerge, comincia la lotta del governatore Eisaku Sato contro il Mox che alimenta anche Fukushima: non solo non è sicuro, ma non è più neanche così economico. Ciò nonostante, Tokyo decide che entro il 2010 almeno sedici centrali dovranno essere alimentate con la miscela.(…)
l’anziano governatore di Fukushima a prendere le redini dell’opposizione (…)
In un’intervista del giugno 2002 al Fukushima Minpo, arriva a dire: "La Commissione per l’energia atomica del governo nazionale è una scatola nera e non fa alcun controllo […] il governo non ascolta le autorità regionali".
In un incontro con i sindaci della prefettura sbotta: "Se non c’è un piano per il riciclo, ci sarà sempre più plutonio in circolazione". E ancora: "Nel mercato senza regole dell’energia, se si implementa il costosissimo programma pluthermal, si arriva poi ai licenziamenti dei lavoratori".
Infine, il 26 settembre dello stesso anno blocca il progetto pluthermal per la centrale di Fukushima.
A inizio settembre 2006 Eisaku Sato vince il suo quinto mandato di quattro anni. Ha corso da indipendente, appoggiato dal Partito liberaldemocratico, il Nuovo komeito e il Partito socialdemocratico. Pochi giorni dopo scoppia lo scandalo che coinvolge suo fratello minore e quindi anche lui. (…)
Il Mox entra a Fukushima.
Oggi, molti giapponesi si chiedono se il caso di corruzione che ha messo fuori gioco Sato non sia stato abilmente costruito per far fuori il maggiore ostacolo all’adozione della famigerata miscela. L’ennesimo sospetto rafforzato da silenzi e reticenze del governo e della Tepco.
Per inciso, le "moderne" centrali di terza generazione che dovrebbero comparire in Italia sono proprio alimentate a Mox.
Quando, nel 2006, l’ex governatore Eisaku Sato esce di scena per uno scandalo di mazzette e concessioni, nella prefettura di Fukushima si indicono nuove elezioni.
Il13 novembre, con il 51 per cento dei consensi, vince Yuhei Sato, che corre da indipendente con l’appoggio del Partito democratico e di quello socialdemocratico. Il nuovo Sato non ha alcun rapporto di parentela con quello precedente, ma è nipote (figlio di una sorella) ed ex segretario di Kozo Watanabe, una vecchia volpe della politica giapponese, già liberaldemocratico, passato ai democratici.
Kozo Watanabe è soprattutto l’uomo che negli anni Settanta, quando militava ancora nel Partito liberaldemocratico, ottenne la costruzione della centrale nucleare nella propria circoscrizione elettorale, Fukushima appunto.
E se lo zio porta a casa l’atomo, il nipote ci porta il mixed oxide fuel (Mox), la miscela di plutonio e uranio, estremamente velenosa, che alimenta il reattore 3 e su cui sia il governo giapponese sia la Tepco continuano a tacere.
(…)
Con il nuovo Sato, la Tepco torna all’attacco e il 20 gennaio 2010 ripresenta la domanda per il programma pluthermal a Fukushima I. Sato concede il permesso e all’assemblea locale spiega (16 febbraio) che il suo consenso è stato accordato condizionalmente previe garanzie di "sicurezza sismica, contromisure all’invecchiamento e integrità del combustibile Mox".
A quel punto, la Tepco fa un’ispezione del combustibile stoccato: la prima dopo più di dieci anni. Il Citizens’ Nuclear Information Center (Cnic) denuncia che sia stato un controllo "solo visivo".
La miscela di plutonio e uranio diventa quindi a tutti gli effetti parte (il sei per cento) del combustibile che alimenta il reattore 3 della centrale e il progetto pluthermal intercetta un finanziamento statale di 60 miliardi di yen (circa 525 milioni di euro al cambio di oggi). Sono i cosiddetti sussidi di "installazione del sito", che ogni anno finiscono nelle casse delle prefetture che hanno accettato il nucleare sul proprio territorio, per un totale di circa 150 miliardi di yen su scala nazionale. (…)
In realtà, come osserva lo scrittore antinuclearista Hirose Takashi, bisogna chiedersi perché nessuno stia parlando, per Fukushima, della soluzione più drastica ma sicura: la chiusura della centrale e il suo seppellimento sotto un sarcofago di cemento armato come quello utilizzato a Chernobyl. Secondo Takashi ci sono due risposte. La prima è la perdita finanziaria netta che la chiusura degli impianti provocherebbe alla Tepco e ai politici locali. La seconda è più sottile: riconoscere che la centrale va chiusa significa ammettere l’ipotesi peggiore e cioè che tutti i dieci reattori delle due centrali di Fukushima (I e II) andrebbero seppelliti sotto una colata di cemento.
Un’ammissione con inevitabili ricadute su tutta la politica energetica nazionale.