DI
MORGAN KELLY
irishtimes.com
Il futuro dell’Irlanda dipende da come fuggirà dal bailout
Con il governo irlandese debitore di 250 miliardi di di euro per il 2014, sta diventando ormai inevitabile una bancarotta caotica e prolungata. Quando il problema sarà evidente, verrà distrutta l’ultima risorsa rimasta all’Irlanda, la sua reputazione di essere un posto sicuro dove fare affari.
L’Irlanda è di fronte alla rovina economica. Anche se molti pensano che l’inizio della rovina siano state le garanzie sulle esposizioni bancarie del settembre 2008, l’errore più grande è stato quello di mantenere queste garanzie dopo che era diventato chiaro che non erano più sostenibili.
La decisione iniziale di Lenihan, Ministro delle Finanze nel 2008, di garantire la maggior parte delle obbligazioni delle banche irlandesi è stata sbagliata, un errore così ovvio e ridicolo che si sarebbe potuto facilmente correggere. Il momento ideale per farlo sarebbe stato pochi mesi dopo la nomina di Patrick Honohan a Governatore della Banca Centrale, che gli consentiva di avere il controllo della politica economica irlandese.
In qualità di esperto sulle crisi bancarie, Honohan avrebbe dovuto chiedere alle autorità internazionali di annunciare che le garanzie erano state concesse con troppa fretta e senza le dovute informazioni, e che sarebbero state sostituite da una ristrutturazione dove i bond delle banche venivano permutati con azioni.
Invece Honohan è sembrato incurante delle possibili perdite delle banche, ripetendo insistentemente che potevano essere ben gestite. Come molti altri economisti irlandesi della sua generazione, sembrava credere che l’Irlanda era rimasta la forte esportatrice degli anni ’90 piuttosto che la nazione alimentata dal credito degli anni 2000 e la cui crisi bancaria non era più grave della crisi del bilancio del governo, in grande parte non reale, degli anni ’80.
Il crescente sgomento per il giudizio di Honohan si è cristallizzato in un totale scetticismo dopo un’ intervista rilasciata a Bloomberg il 28 maggio dell’anno scorso. Avendo osservato le prove di carico “piuttosto aggressive” fatte dalla Banca Centrale nei confronti delle banche irlandesi, aveva assicurato: "Le due banche più grandi saranno a posto per la fine dell’anno. Penso sia una buona notizia che stiano liberandosi dalla loro dipendenza dallo Stato e potranno stare in piedi da sole.”
Gli errori di calcolo di Honohan sulle perdite di questi istituti è risultato essere il più caro fatto da un irlandese. Armato dalle rassicurazioni di Honohan sulla gestione delle banche, il governo ha cavalcato l’onda, risarcendo tutti i proprietari di obbligazioni, anche quelli che non erano stati garantiti nel piano originale. Questa politica suicida è culminata col risarcimento degli ultimi bond in settembre.
Il disastro si è manifestato nel giro di poche settimane. Nessuno stava prestando denaro alle banche irlandesi, quindi i rimborsi sono stati fatti per larga parte prelevando dal fondo d’emergenza della Banca Centrale Europea: a novembre le banche avevano un debito superiore ai 60 miliardi di euro. Nonostante i tagli aggressivi nelle spese di bilancio, la certezza che le perdite degli istituti di credito avrebbero superato le stime di Honohan ha fatto in modo che il mercato finanziario non facesse più prestiti all’Irlanda.
Il 16 Novembre i Ministri delle Finanze europei hanno chiesto a Lenihan di accettare il bailout per fermare il diffondersi del panico anche alla Spagna e al Portogallo, ma ha rifiutato, sostenendo che il governo irlandese aveva i fondi necessari fino all’estate successiva. Pur avendo subito attacchi dai media irlandesi per questo comportamento, Lenihan per una volta stava facendo la cosa giusta. Dietro il rifiuto di Lenihan c’era la minaccia nemmeno tanto velata che, anche nel caso in cui non venissero concessi termini adeguatamente generosi, l’Irlanda poteva comunque trattenere il fiato almeno quanto Spagna e Portogallo, che avevano bisogno di denaro ogni mese.
In questa fase, con Lenihan che tenta di sfruttare la sua posizione di negoziazione per salvare solamente per le banche, è intervenuto Honohan. Come capo consigliere economico dell’Irlanda, ha giocato anche per la squadra avversaria, facendo parte del Consiglio della BCE e dovendo realizzare le sue decisioni. A Francoforte, nell’incontro mensile della BCE del 18 novembre, Honohan ha annunciato nel corso della trasmissione "Morning Ireland" della RTE Radio 1 che l’Irlanda aveva bisogno di un bailout di decine di miliardi di euro.
Raramente un governatore della Banca Centrale è intervenuto così a gamba tesa sul suo Ministro delle Finanze. E così la Dottrina Honohan, che sostiene che le perdite delle banche possono e devono essere ripagate dai contribuenti irlandesi, farà il suo corso che porterà al collasso finanziario e all’insolvenza dell’Irlanda.
L’ultima resistenza è iniziata in modo meno scomposto di quello che ci si poteva aspettare. Il Fondo Monetario Internazionale, che crede che i prestatori debbano pagare per la loro stupidità prima ancora che se ne siano resi conto, ha presentato agli irlandesi un piano per tagliare 30 miliardi di euro dalle obbligazioni, con una media di due terzi di perdita secca. Lenihan era estremamente felice: “Voi siete la salvezza dell’Irlanda.”
L’accordo è stata silurato da una direzione inaspettata. A una conferenza con i Ministri delle Finanze del G7, il Segretario del Tesoro statunitense, Timothy Geither, ha posto il veto sui tagli, ritenendo che le banche devono avere la priorità sui contribuenti, come dimostra il pagamento di 13 miliardi di euro da AIG, di proprietà del governo, a Goldman Sachs. L’unico che si è schierato con gli irlandesi è stato il cancelliere inglese George Osborne, ma Geithner è riuscito a vincere la sua battaglia. Una lezione istruttiva sulla potenza americana e su chi siano i nostri amici.
Le negoziazioni sono andate in discesa libera da quel momento. Da un lato la BCE che, senza alcun affanno, ha preso la parte di creditori irlandesi, insistendo sul totale rimborso dei bond delle banche. Dall’altro, il FMI che sosteneva che gli irlandesi avrebbero dovuto fare di più per mettere a posto il bilancio del governo, permettendo unicamente il rimborso delle perdite delle banche private. E gli irlandesi? Erano dalla parte della BCE, ovviamente.
La BCE è riuscita a ottenere quello che voleva, il FMI ha criticato duramente le performance irlandesi, tanto che uno dei suoi membri ha descritto l’entusiasmo dei negoziatori irlandesi per le proposte della BCE come una forma di sindrome di Stoccolma.
Il bailout rappresenta ormai uno scandalo tanto per il FMI che per l’Irlanda. Il FMI è stato tagliato fuori dai negoziatori della BCE, non riuscendo più a mascherare la pessima opinione che avevano di quest’ultimi. Per di più, il FMI ha dovuto, a causa della caparbietà di Geithner e della mancanza di spina dorsale degli irlandesi, dare il proprio imprimatur al prestito di 30 miliardi di euro del suo capitale a un accordo che i gli stessi negoziatori ritenevano portasse comunque alla bancarotta. Prestare soldi a uno stato insolvente, che non ha alcuna speranza di piazzare le proprie obbligazioni, va contro le regole fondamentali del FMI, e così i toni del dibattito sull’incongruenza di questo prestito sono diventati acora più accesi.
Sei mesi dopo, con il debito irlandese ormai vicino al baratro e con le banche irlandesi che vedevano i propri clienti ritirare i depositi, sembrava proprio che il bailout fosse stato un fallimento assoluto. Invece, proprio quando gli architetti della BCE erano al colmo della preoccupazione, le norme si sono rivelate essere un successo assoluto.
La sola cosa che bisogna capire sul bailout è che non ha niente a che vedere con il permettere alle finanze del governo irlandese di risanarsi in modo tale da poter di nuovo vendere le proprie obbligazioni a tassi ragionevoli: ossia quello che le persone di solito credono che sia.
Le finanze del governo irlandese sono come un secchio bucato. Mentre ogni tentativo di salvataggio semi-serio si concentrerà sul tappare questa falla, questo programma ha sostanzialmente ignorato le banche, eccetto per il fatto di reiterare la visione della BCE e di Honohan secondo cui le perdite devono essere ripianate dai contribuenti. Proviamo a immaginare che la Banca d’Inghilterra insista a dire che la Northern Rock debba essere salvata dal comune di Newcastle e così si potrà avere un’idea di come la BCE creda che possa funzionare il bailout.
L’unica ragione che motiva il programma di salvataggio irlandese era quello di spaventare la Spagna in modo palese per suggerire che i soccorsi i dell’Unione Europea non erano fatti per i paesi timorosi. E il piano della BCE ha funzionato. Dovendo scegliere tra l’essere messi al muro come l’Irlanda – che viene ridicolizzata da tutto il mondo per essere costretta a pagare tassi irrealistici e con i loro ministri che vengono interrogati nelle lezioni delle università ungheresi – o abbassare la cresta, gli spagnoli hanno scelto la seconda opzione.
Ma perché era necessario, o almeno opportuno, portare al collasso economico l’Irlanda per spaventare la Spagna? La risposta è in una fondamentale e potenzialmente fatale imperfezione della progettazione della zona euro: la mancanza di ogni mezzo per gestire le banche insolventi.
Tornando alla metà degli anni ’90, quando fu programmata la creazione dell’euro, non era mai successo che banche attente come AIB e la Banca d’Irlanda, gestite da ormai da ex giocatori di rugby in sovrappeso, concedessero prestiti per decine di miliardi all’estero, perdendoli tutti per mutui affidati a soggetti inaffidabili. Il collasso è stato limitato per le banche irlandesi, alcune forme di soccorso potevano essere assemblate insieme; ma rimane un sospetto che molte banche spagnole, che hanno gonfiato una bolla sui beni immobili ancora più folle di quelle irlandesi, ma nella nona economia più grande del mondo, stanno nascondendo perdite grandi come quelle che hanno affondato l’Irlanda.
Caso unico al mondo, la BCE non ha un governo centrale alle spalle che possa gestire le politiche fiscali. Soccorrere un sistema bancario come quello spagnolo potrebbe richiedere un impiego di risorse troppo elevate per la costituzione del fondo necessario: qualcosa talmente complesso politicamente e finanziariamente che verrà preso in considerazione solo in extremis per evitare il collasso dell’eurozona. E’ più probabile che la BCE aspetti che la Spagna se la cavi da sola come ha fatto l’Irlanda.
L’insolvenza irlandese è un problema sia economico che aritmetico. Se ogni cosa andasse secondo i piani, come sempre succede, il debito del governo irlandese toccherà i 190 miliardi nel 2014 con altri 45 miliardi per il NAMA (National Asset Management Agency) e 35 miliardi nella ricapitalizzazione delle banche, per un totale di 270 miliardi, a cui vanno sommate le perdite che la Banca Centrale ha crato per i suoi prestiti d’emergenza. Sottraendo i valori probabili delle valutazioni delle banche e della NAMA, Namawinelake (senza dubbio la miglior pubblicazione economica irlandese) ritiene che il debito finale sarà di 220 miliardi di euro; io penso che sarà più vicino ai 250, ma queste differenze sono senza importanza: stiamo parlando di un debito che è superiore ai 120 mila euro per lavoratore o del 60 per cento più alto rispetto al PIL.
Gli economisti usano una regola empirica che dice che se il debito nazionale supera le sue entrate, allora una piccola economia piccola è a rischio default (mentre economie più grandi, vedi Giappone, possono permettersi deficit maggiori). L’Irlanda è nella zona rossa e cambi marginali nel bailout non faranno una grossa differenza: il destino è segnato.
La BCE ha elogiato e prestato all’Irlanda i soldi per assicurare il rimborso alle banche che avevano prestato ad Anglo e Nationwide, e ora si trova in una situazione in cui le banche che hanno prestato al governo irlandese sono a rischio di perdere la maggior parte di quello che hanno prestato. In altre parole, la crisi irlandese è diventata parte della più grande crisi del debito europeo.
Data la paralisi politica nell’Unione Europea e la presenza di una Banca Centrale Europea che ha come compito principale quello di calmare i giornalisti tedeschi, la via d’uscita più probabile della crisi del debito europeo sarà, dopo aver concesso due o tre anni alle banche francesi e tedesche per ricostruirsi le riserve, quella di portare le economie insolventi alla bancarotta.
Non si facciano errori: mentre il default è quasi normale in paesi quali Grecia e Argentina, per una nazione come l’Irlanda che fa affari grazie alla sua reputazione di posto sicuro dove commerciare, una bancarotta sarebbe catastrofica. Le bancarotte degli Stati vanno per le lunghe poiché i creditori cercano di ottenere condizioni migliori, oppure vendono i crediti ai vulture fund che inizieranno cause infinite all’estero per far sì che le risorse nazionali, come ad esempio gli aerei, vengano sequestrate nella speranza che tutto questo crei un fastidio tale da permetterne una svendita.
Peggio ancora, una bancarotta non può fare nulla per riparare le finanze irlandesi. Dati gli altri impegni dello Stato irlandese (alle banche, alla Nama, all’UE, alla BCE e al FMI), per fare in modo che il passivo di bilancio torni a un livello sostenibile, i possessori delle obbligazioni del governo dovranno essere più o meno danneggiati. Sfortunatamente, molti bond irlandesi sono posseduti da banche e da società d’assicurazione irlandesi.
In altre parole ci siamo messi a giocherellare, passandoci il conto dell’insolvenza: prima dalle banche irlandesi allo Stato irlandese e poi dallo Stato di nuovo alle banche e alle società d’assicurazione. L’esito finale vedrà probabilmente l’Irlanda diventare qualcosa di simile a un protettorato dell’UE, la risposta europea a Porto Rico.
Supponendo che non vogliamo seguire il percorso creato dalla BCE che ci porterà alla bancarotta e alla rovina del paese, c’è qualcos’altro che possiamo fare? Dopo che il professor Honohan ha sportivamente scartato le nostre carte migliori a settembre, c’è ancora una via d’uscita che, anche se non indolore, è meno dolorosa di quello che l’Europa ha in mente per noi.
La sopravvivenza nazionale richiede che l’Irlanda fugga dal bailout. Questo richiede che il governo faccia due cose: si liberi delle banche e porti il suo budget nel bilancio immediatamente.
Innanzitutto le banche. Mentre la BCE non vuole soccorrere le banche irlandesi, non può lasciarle collassare e iniziare a diffondere un’ondata di panico che si espanderebbe in tutta l’Europa. Quindi, ogni volta che ognuno di voi esprime l’apprezzamento per l’operato della vostra banca spostando i soldi verso un istituto straniero, la banca irlandese sostituirà i soldi con il prestito d’emergenza della BCE o dalla banca centrale. L’attuale prestito ammonta a 160 miliardi di euro.
Le originali norme di salvataggio erano che il portfolio di prestito delle banche irlandesi poteva essere venduto per ripagare il prestito. Comunque, le banche straniere sanno che molti di questi prestiti, i mutui in particolar modo, andranno in default e non saranno interessati. Come risultato la BCE si trova con le banche irlandesi sono bloccate lontano dalle sue fondamenta senza metodi per sbloccarle.
Questo permette all’Irlanda di allontanarsi dal sistema bancario restituendo alla Nama le risorse delle banche e ritirando i suoi impegni a pagare le banche. La BCE può imparare che la verità di base economica che se tu presti 160 miliardi di euro a banche insolventi da far pagare allo Stato non significa che sei un creditore, ma sei diventato il padrone. A questo punto la BCE può prendere un bianchetto e dove c’e’ scritto “Prestito d’emergenza” nei conti delle banche irlandesi, scrivere “Capitale”. Quando deciderà di far così sarà un suo problema e non nostro.
Il governo irlandese può dimezzare il suo debito a una cifra più sostenibile di 110 miliardi. La BCE non può far nulla in ritorsione senza provocare un panico generalizzato in Spagna e nel resto d’Europa. Il solo modo in cui l’Europa può rispondere è tagliando i fondi al governo irlandese.
Il secondo passaggio per la sopravvivenza nazionale consiste nel riportare il budget governativo in bilancio. La ragione per cui i governi fanno crescere il deficit durante la recessione è per cercare di mitigare i cali temporanei dell’economia. Ma la nostra crisi non è temporanea: l’Irlanda ha scommesso tutto sul fatto che i prezzi immobiliari sarebbero sempre cresciuti, e ha perso. Continuare a prendere soldi a prestito per permettere a pensionati come me di avere il doppio delle entrate rispetto al resto degli europei non ha senso, nè macroeconomico, né di altro genere.
Azzerare immediatamente i prestiti governativi non è indolore, ma è l’unico modo di liberarci dagli squali che ci vogliono trasformare in un esempio. Al contrario, la nuova politica monetaria del governo di chiedere la carità e sperare che qualcuno abbia pietà di noi non ci porta a essere forti nella negoziazione. Portando il nostro budget immediatamente a bilancio, sposteremo l’attenzione sul fatto che la radice del problema è quasi interamente sulle attività di sei banche private, e questo ci consentirebbe di liberarci da queste istituzioni pericolose. Oltre tutto, manderebbe un segnale al resto del mondo che l’Irlanda – che 20 anni fa mostrava al mondo come una piccola nazione poteva alienare la povertà grazie alla forza e alla caparbietà dei suoi abitanti, ma che da quel punto è caduta nelle mani dei ladri e dei faccendieri politici, è tornata per fare affari.
Di certo sappiamo che non avverrà. I politici irlandesi sono sempre stati così premiati da Bruxelles da non essere in grado di stare dall’altra parte della barricata, anche se in questo caso si tratta di un problema di sopravvivenza nazionale. E’ probabile che, dopo essere stati guidati con una benda sugli occhi finché il cappio non sia stato messo al collo, si venga scalciati verso la bancarotta.
La distruzione causata dalla bancarotta non sarà solo economica ma anche politica. Così come il bailout di Lenihan ha distrutto Fianna Fail, così la bancarotta causata da Noonan distruggerà Fine Gael e i Laburisti, creando intorno a loro un clima di sfiducia e un discredito come è successo ai loro predecessori. E lascerà l’Irlanda in una situazione particolare dove la crisi economica ha fatto a pezzi tutti i partiti costituzionali dello Stato. Le ultime elezioni sono state noiose e prevedibili, ma le prossime, dopo il trauma della bancarotta, saranno totalmente differenti.
Morgan Kelly
Fonte: www.irishtimes.com
Link: http://www.irishtimes.com/newspaper/opinion/2011/0507/1224296372123.html
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di FRANCESCO CAVALLONE