DI
ALBERTO LOMBARDO
Premessa
In questo articolo vi è una prima parte divulgativa e una seconda propositiva.
Non sono un economista. Questi appunti sono stati scritti per fissare le idee mie e di tanti amici che mi chiedevano di dipanare questa matassa ingarbugliata della moneta. Amici economisti che hanno letto questi appunti trovano che abbiano una valenza divulgativa e per questo li sottopongo alla lettura di tutti.
Ma sono un appassionato lettore di comedonchisciotte. Coloro che seguono questi temi possono passare direttamente alla seconda parte.
Chi ‘produce’ il denaro?
Il denaro di solito viene pensato solo nella forma di carta moneta, stampata da una banca centrale su espresso ordine del Governo.
In realtà la massa monetaria cartacea oggigiorno è solo una piccola parte di quello che chiamiamo comunemente denaro. Basta pensare a quanti assegni di conto corrente circolano, a quante cambiali a quante transazioni si effettuano attraverso le carte di credito o i bonifici bancari.
Tutto questo è anch’esso denaro, solo che noi lo pensiamo come una forma non alternativa al denaro ‘vero’ perché di solito riteniamo che, emettendo un assegno o eseguendo un pagamento con carta di credito, si effettui una operazione molto semplice: il denaro che ho precedentemente depositato in banca, e che fisicamente risiede lì, viene trasferito a un’altra persona o ditta e quindi l’operazione ‘fisica’ di trasferimento del denaro in forma cartacea viene effettuato a nome mio da qualcun altro: la banca.
Purtroppo le cose non stanno così.
Infatti la banca, così come altre società di intermediazione, ha la facoltà di concedere prestiti. I prestiti, per essere concessi, contrariamente a quanto si potrebbe credere, non necessitano di un precedente deposito di un equivalente ammontare di denaro da parte di qualcun altro. Infatti la banca ha la facoltà di concedere prestiti anche per un ammontare superiore a quanto ha raccolto come depositi da parte dei propri clienti. Infatti si suppone che, avendo un cliente depositato per esempio 1000 euro, non si precipiti l’indomani a prelevarli tutti e 1000, ma ne lascerà giacenti una quota anche considerevole. La banca deve solo detenere, in carta moneta o titoli di Stato, una quota di sicurezza, onde evitare di trovarsi nell’impossibilità di evadere le eventuali richieste di prelevamento.
Questa quota è del 2%. Significa che, se una banca ha in deposito 2 milioni euro, ne può prestare fino a 100 milioni, ossia può fare credito semplicemente scrivendo nella propria contabilità una cifra in uscita (il prestito) e una in entrata (nel proprio patrimonio). Questo denaro non viene mai convertito, se non occasionalmente e in minima parte, in carta moneta, ma viaggerà esclusivamente in forma bancaria (assegni, bonifici, giroconti, crediti presso altre banche, ecc.)
Questo significa ‘creare’ 98 milioni di euro?
Formalmente no, perché quando il prestito viene rimborsato, il debito si estingue e quindi quei 98 milioni, creati dal nulla, ritornano da dove sono venuti, cioè dalla pancia dei computer della banca che li ha emessi. Tutto tornerebbe come prima, se il giro non ricominciasse da capo con un altro prestito. Al limite quei 98 milioni potrebbero non scomparire mai, se ci fosse sempre chi chiede quel denaro in prestito.
Quindi, oltre che dalla massa di denaro ‘primario’ depositato, la quantità di denaro (bancario, ma non meno reale dell’altro) dipende anche e soprattutto dalla velocità di circolazione dello stesso.
L’espansione di massa monetaria all’interno di un sistema economico si chiama inflazione.
Effetti sui prezzi
Qual è l’effetto sui prezzi dell’inflazione?
Se l’incremento della massa monetaria è bilanciata da un equivalente aumento di beni e servizi acquistabili, l’effetto sui prezzi non si sente.
Se prima c’erano 10 euro in circolazione e 100 mele, ogni mela costava 10 centesimi. Se ora ci sono 11 euro in circolazione e 110 mele, ogni mela ha lo stesso costo di prima. Ma se ora ci sono 11 euro in circolazione e solo 100 mele si ha un aumento del 10% del prezzo delle mele.
Quindi è opportuno che non ci siano fenomeni inflazionistici, altrimenti questi avrebbero una ripercussione sul livello dei prezzi.
Ma come si possono generare questi fenomeni inflazionistici?
Ammettiamo che io scopra in soffitta un antico dipinto. Esso viene valutato 10 milioni di euro. Che significa? Che ora in circolazione c’è un bene che prima non c’era e quindi la massa monetaria può aumentare di 10 milioni senza generare inflazione. Apparentemente.
Infatti, se un privato o una ditta vuole rinunciare a godere di 10 milioni in beni e servizi di altro tipo per scambiarli con il mio ritratto, l’inflazione non si genera. Ma se invece io vendo alla banca quel dipinto e la banca mi dà in cambio denaro che ha generato nel suo computer, in pratica il dipinto resta ad ammuffire in un sottoscala e in giro ci sono 10 milioni in più che producono inflazione.
Ma quanti sono i dipinti che si possono trovare nelle soffitte? Pochi?
Bene, supponiamo che io dipinga una emerita crosta, ma un critico d’arte compiacente dica che quel dipinto vale 10 milioni. L’effetto è lo stesso.
Un esempio più vicino al nostro mondo.
Una società calcistica acquista un giocatore per 1 milione e l’indomani lo mette sul mercato per 10 milioni. Si dirà: ma chi lo comprerà? Semplice, un’altra società che ha acquistato un altro giocatore per 1 milione e ora lo vuole vendere per 10 milioni. Basta che le due società semplicemente si mettano d’accordo per scambiarsi i propri giocatori, perché ora si siano creati per magia ben 20 milioni. Ora le due società potranno andare in banca, presentare i propri bilanci gonfiati ognuna di 10 milioni e farsi prestare il denaro sulla base della garanzia data dal ‘valore’ dei due giocatori.
Si sono messi in circolazione ben 20 milioni senza alcun reale corrispettivo in beni o servizi ma che producono stipendi, dividendi, contratti… E tutto questo lo chiamano ‘far girare l’economia’.
La ‘bolla’ finanziaria
Tutto il meccanismo della borsa è basato su questo principio. Il valore delle azioni non è determinato dal contenuto in beni e servizi che è incorporato nell’azienda di cui ogni azione è un piccolo pezzettino, ma dal ‘mercato’ ossia dal prezzo a cui ogni azione viene scambiata. Si badi bene che vale un principio di estensione, per cui il valore di un’azienda è dato dalla somma dei prezzi delle azioni in cui il suo capitale è suddiviso, e tale prezzo è quello al quale è stata ‘quotata’ solo un’infinitesima parte di azioni, cioè quelle che sono state scambiate (vendute e acquistate) oggi.
Quando si dice che oggi in borsa si sono ‘bruciati’ 2 miliardi di euro, non si intende altro che la seguente affermazione: sono state vendute alcune azioni a un prezzo inferiore, se fossero state scambiate tutte quelle relative alle aziende coinvolte, allora la loro capitalizzazione (la somma dei valori del loro capitale) sarebbe inferiore di 2 miliardi. Una cosa del tutto ipotetica.
Tutto ciò però espone l’economia reale alla cosiddetta ‘bolla’ speculativa. Se ciò che conta nella determinazione del capitale non è la quantità di beni e servizi incorporata nella società, ma solo i valori figurativi che si possono mettere a bilancio al fine di far aumentare i prezzi delle azioni, allora si può barare come si vuole. Si possono mettere a bilancio le idee ancora da applicare, i profitti futuri, le scoperte ancora da effettuare (non sto scherzando) e tutto ciò farà lievitare i bilanci e quindi i prezzi delle azioni.
Per esempio la bolla immobiliare americana è consistita nel prestare denaro in misura ancora maggiore rispetto ai relativi immobili acquistati, anche a poveracci che non avevano alcuna possibilità di rimborso, nella certezza che il mercato dovesse salire illimitatamente. Ciò che conta per la banca è poter dimostrare che presta sempre più denaro e così aumentano i propri profitti. I debiti dei clienti poi venivano impacchettati in altri prodotti finanziari e venduti ad altre società, che a loro volta facevano lo stesso, creando un groviglio inestricabile (i cosiddetti ‘titoli tossici’). Alla fine, quando il mercato immobiliare si è fermato, come logicamente era da attendersi, la bolla è scoppiata e qualcuno è rimasto col cerino acceso in mano di questa immane catena di Sant’Antonio.
Lo stesso è successo per esempio anni fa coi titoli delle aziende informatiche.
Questo è ciò che si intende per finanziarizzazione dell’economia.
La massa di ‘moneta’ che oggi gira per i computer delle banche di tutto il mondo è oltre 10 volte il PIL di tutti i Paesi messi insieme! Hanno stampato moneta ‘falsa’ per oltre dieci volte quella vera.
D-M-D’ D-D’
Marx ha descritto il ciclo economico capitalistico come un ciclo in cui il capitalista, in possesso di un capitale D, lo investe in un’attività produttiva creando una nuova merce M nella quale viene incorporato nuovo valore grazie all’attività della manodopera, che viene remunerata solo per una parte del proprio valore. Il plus-valore invece viene trattenuto dal capitalista e incrementa il capitale iniziale che diventa D’. Ma questo passaggio attraverso la produzione di beni o servizi per il capitalista è una pura perdita di tempo se egli riesce a incrementare il proprio capitale senza mediazione: D-D’.
Naturalmente questa attività puramente speculativa è mera rapina. Non che il passaggio D-M-D’ non lo sia una rapina, ma essa avviene ai danni degli sfruttati che vedono una parte del valore proprio prodotto espropriato. Tuttavia la rapina resta confinata in questo rapporto e la massa del prodotto del sistema cresce. Invece il passaggio D-D’ non provoca alcun aumento della produzione e la rapina viene perpetrata ai danni dell’intera società al pari di chi stampa carta moneta falsa: si immette nel sistema economico una massa di denaro puramente inflazionistico.
L’unica soluzione per reggere questo andamento è quello di trasferire quote crescenti di profitto dall’economia reale a quella finanziaria. Crescenti vuol dire che occorre spremere sempre di più qualunque cosa possa produrre denaro: i lavoratori in primis, ma anche pezzi dei beni pubblici, come le società statali, e poi i beni dello Stato quali la scuola, la sanità, i beni demaniali e artistici.
Questo è il motivo per il quale non è tanto utile avere un’azienda sana che produce utili, ma questi utili dovranno essere sempre crescenti e questo a scapito anche dell’azienda stessa, che alla rincorsa di tassi di profitto crescenti, tenderà a sostituire alle politiche di lungo periodo le politiche a breve.
La sovranità monetaria
Fino a quando avevamo una moneta nazionale, vi erano alcuni strumenti di politica monetaria che si potevano usare.
Il più importante era il debito pubblico. Lo Stato emette titoli di Stato e il mercato (imprese e famiglie) lo acquistano con un’asta pubblica. Se l’asta non raggiunge i livelli prefissati, la Banca d’Italia poteva acquistare l’eccedenza praticamente stampando carta moneta. Ciò alimentava l’inflazione.
A questo fenomeno si accoppiava un altro fenomeno conseguente. Poiché il valore della moneta all’interno del mercato nazionale si deprezza, ciò ha un effetto pure negli scambi internazionali e quindi si doveva adeguare il valore della moneta alle altre monete attraverso la svalutazione. Questo fenomeno in sé non è negativo, se resta entro i limiti di tollerabilità, perché rende i beni dall’estero più cari (e quindi ne limita l’attrattività) e rende più competitivi quelli nazionali. Inoltre per un Paese in massima parte di trasformazione, perché privo di grandi risorse naturali come l’Italia, ciò non ha un peso rilevante sulla bilancia dei pagamenti. Inoltre dovrebbe stimolare la ricerca di beni e risorse nazionali, quali le energie alternative.
L’inflazione è una tassa che pagano tutti i cittadini in funzione del denaro posseduto e della capacità di adeguarsi all’inflazione. I lavoratori ne erano parzialmente al riparo fino a quando c’era la scala mobile che adeguava automaticamente i salari ai prezzi.
Ritorniamo all’esempio del quadro. Un privato di presenta sul mercato con soldi che non hanno una contropartita reale e acquista beni e servizi al posto di qualcun altro. Ma se a entrare nel mercato con soldi senza contropartita è lo Stato, tutti i cittadini in proporzione sono chiamati a finanziare questa operazione. Tutto dipende che cosa si fa del debito pubblico accumulato. Serve a far sviluppare il Paese con infrastrutture, ricerca e educazione, o a far ingrassare i soliti noti?
In questo caso il meccanismo dell’inflazione è anche benefico per i conti pubblici. In pratica il debito ‘evapora’ da solo. È vero che ad alta inflazione devono corrispondere anche alti tassi di remunerazione del debito pubblico. Ma – come dimostra la storia d’Italia – il massimo differenziale tra inflazione e remunerazione non si ebbe nell’epoca dei grandi incrementi di debito, ma dopo, quando arrivarono i ‘salvatori della Patria’.
L’epoca dell’euro
Vediamo come si sono modificati gli strumenti che le autorità monetarie hanno a disposizione dopo l’introduzione dell’euro e del Trattato di Maastricht. Come ricorderemo tutti, l’adesione dell’Italia all’euro è stata molto sofferta. Se un paese entra in un sistema monetario apportando una elevata capacità di inflazione, ossia di immettere denaro senza adeguate contropartite in beni e servizi prodotti, significa che partecipa al banchetto comune senza pagare il relativo prezzo, o pagando con soldi falsi.
È per questo che si sono creati i parametri di Maastricht, che costringono un Paese ad assumere politiche monetarie non inflattive tenendo tendenzialmente il debito pubblico sotto una certa soglia.
Ma quello che è poco noto, è un altro meccanismo che è stato manomesso: la vecchia abitudine di emettere titoli di Stato da fare acquistare alla Banca di emissione (per noi la Banca d’Italia) è stata proibita. I titoli emessi dallo Stato devono essere immessi sul mercato e poi eventualmente acquistati dalla Banca di emissione. La finalità è quella di garantire che sia il mercato internazionale a fissare il prezzo dei titoli e di non turbare la sua funzione regolatrice. Quindi uno Stato non si può permettere più di emettere titoli a volontà, pena dover alzare moltissimo il rendimento degli stessi per poterli fare acquistare a un mercato sospettoso.
Dove sta il problema? Guardiamo la situazione dell’Italia. Il risparmio delle famiglie italiane è (o forse è stato fino a ieri) uno dei più alti al mondo. Quindi l’elevato debito dello Stato ha sempre trovato copertura presso i risparmiatori italiani. Non importa se il debito sia elevato oppure no, purché si trovi sempre qualcuno disposto a sottoscriverlo. Si tenga conto che in verità mai nessuno ha mai pensato che il debito italiano, così come quello di ogni altro Paese, dovesse essere prima o poi estinto, ma solo tenuto sotto controllo pagandone gli interessi.
È come se una giovane coppia avesse preso in prestito una cospicua somma di denaro dai rispettivi genitori per comprare una casa: questi non si aspettano di avere il debito estinto, ma solo di ottenere dai giovani una congrua remunerazione, simile a quella ottenibile da una banca. Il sistema è in equilibrio.
Vediamo invece cosa succede oggi nel mondo e in particolare in Italia.
Improvvisamente si sono scatenate delle tensioni speculative su alcuni Paesi europei: si badi bene, non quelli più esposti (Francia e soprattutto Germania, per non parlare del Belgio, sono messi peggio della Grecia!) ma quelli più deboli politicamente (geostrategicamente, direbbe qualcuno), facendo balenare la possibilità che le nuove emissioni di questi Paesi potessero non essere più assorbite dal mercato e quindi facendo lievitare la necessaria remunerazione degli stessi (il famoso spread tra i Bund tedeschi e i BTP italiani), con grave danno per quelle Nazioni. Se quei Paesi avessero ancora in mano i rispettivi strumenti di politica monetaria, la speculazione si fermerebbe perché le Banche nazionali comprerebbero il debito stampando carta moneta, ciò porterebbe a un certo incremento dell’inflazione che si scaricherebbe sul tasso di cambio. Il Paese sarebbe in un certo senso globalmente un po’ più povero, ma l’economia sospinta da un cambio favorevole, potrebbe riprendersi.
È come se i nostri giovani amici, indebitati coi genitori, avessero un’improvvisa necessità, saltassero una mensilità e la volessero ripagare a fine anno, magari rinunciando a un viaggio. No, questo non si può fare. I nostri amici sono subito dichiarati pagatori inaffidabili, i creditori chiudono il credito e loro possono solo andare a farsi prestare i soldi dagli usurai, rovinandosi definitivamente. I genitori hanno i soldi da prestare loro, ma i figli sono rovinati!
La speculazione internazionale si è avventata contro diversi Paesi dell’area euro, a cominciare dai più deboli (politicamente, non economicamente), allora questi hanno dovuto subito mettere in campo politiche monetarie restrittive draconiane, in modo da tranquillizzare i mercati, ma strangolando l’economia.
È quello che è già successo in Argentina. Questo Paese è andato in rovina non quando faceva i debiti, ma quando i creditori internazionali, capitanati dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale, hanno imposto politiche restrittive. Non si è concesso più di svalutare, ma si è imposto un cambio fisso col dollaro (così come accade oggi con il nostro euro), si è imposta la svendita dei gioielli di famiglia, costituiti dalle aziende nazionali, e la distruzione del welfare. Le aziende nazionali, incapaci di reggere la concorrenza internazionale non protetti da meccanismi di svalutazione competitiva sono andate in fallimento e l’economia è crollata. Finché il Governo non ha dichiarato il default, ossia l’insolvenza, pagando i propri debiti (i famosi bond) circa un quarto del valore nominale. Solo che nel frattempo le banche di tutto il mondo se ne erano sbarazzati rifilandoli ai piccoli risparmiatori e ai fondi di investimento delle pensioni americane. Risultato: Paese depredato, debito altissimo, economia in rovina, risparmiatori di tutto il mondo frodati.
Quando a un’auto togli il cambio, lo sterzo, il freno e l’acceleratore, come fai a guidare? Deve guidare qualcun altro al posto tuo. Sei su un bel trenino e devi andare dove decide la locomotiva.
Chi si è chiesto come mai Paesi come la Gran Bretagna o la Svezia si sono tenuti ben stretta la loro moneta e non sono andati certo in fallimento?
Ma torniamo a noi. La Grecia rappresenta poco più del 2% del prodotto di tutti i Paesi dell’area euro: con una colletta si risolveva il problema e poi magari si imponevano dei controlli perché non si ripetessero i brogli statistici compiuti dai governi passati (brogli che tutti, dico tutti, i Paesi europei hanno fatto, a cominciare da Francia e Germania).
La manovra in Italia a cosa serve? 54 miliardi di euro o sono troppissimi o sono troppo pochi, dovendo noi rinnovare a ogni asta centinaia di miliardi di euro. Del resto non ce lo hanno spiegato dove andranno questi soldi. La manovra tedesca è stata di 100 miliardi, un disastro epocale.
In realtà il cosiddetto ‘mercato’ ha imposto le sue regole, ha minacciato di far crollare un Paese piccolo come la Grecia (il cui debito è prevalentemente con le banche tedesche e francesi) per imporre le politiche restrittive che serviranno ad aumentare quel flusso di capitali dall’economia reale all’economia finanziaria di cui abbiamo già parlato e svendere i residui patrimoni pubblici di quel Paese. E ciò in Grecia, come in Germania, in Italia e in tutta l’area euro. Ci hanno fatto spaventare per farci inghiottire questo boccone.
Ma se davvero le banche francesi e tedesche erano spaventate che il loro cliente, lo Stato greco, potesse essere messo in difficoltà, avevano uno strumento facilissimo: dichiarare che avrebbero sottoscritto loro e a tassi legali (l’1,5%) il debito.
Un creditore cerca di non far fallire il debitore, altrimenti perde il proprio denaro. Ma se è uno strozzino, lo fa spaventare, in modo da poterli infliggere un nuovo prestito a tassi maggiorati. Ed è quello che è successo: alla Grecia è stato fatto un prestito a tassi che non potrà mai ripagare. Siamo sulla strada dell’Argentina.
Anche in Italia, nonostante la nostra situazione di fondo sia ancora in equilibrio (sempre più precario in verità, perché le ruberie del Governo Berlusconi non sono bilanciate dai tagli dolorosissimi che sono stati affibbiati al Paese), perché nonostante ci sia ancora un consistente risparmio che proprio ora avrebbe tutta l’intenzione di acquisire titoli di Stato, siamo stati attaccati dalla speculazione.
La prova di questo ragionamento sta nell’osservare l’andamento dei rendimenti dei titoli di Stato italiani. Questi rendimenti fino a poco tempo fa erano molto bassi, vuol dire che c’era elevata richiesta e fiducia in essi: i tassi erano quasi a livello negativo (considerando le commissioni bancarie) ossia lo Stato paga il nuovo debito quasi niente. Del resto è comprensibile. Dove dovrebbero investire i piccoli risparmiatori il loro denaro? Bond? fondi di investimento?? azioni??? Con tutte le sberle che hanno preso meglio i cari vecchi BOT.
Cosa è successo improvvisamente? Nessuno lo sa. Il meccanismo è stato manomesso dal ‘mercato’ speculativo, che mostra la sua vera natura che è ben lontana dall’essere un ‘regolatore’ perfetto, ma solo una canea di strozzini.
Quali sono state le forze politiche e sindacali che si sono opposte a questo disegno criminale?
Berlusconi si è difeso dicendo che era l’Europa che ci imponeva i sacrifici (fatto del resto in un certo senso non falso, come abbiamo visto). Degli altri CHI ha denunciato che è la stessa Europa a essere in mano ai banchieri tedeschi e francesi, che poi sono gli stessi che innescano la speculazione. I nostri politici non hanno battuto ciglio. Si è attaccato Berlusconi sulla distribuzione dei tagli, non sulla reale necessità degli stessi! Del resto a ‘sinistra’ non siedono gli epigoni dei Prodi, dei Padoa Schioppa, tutta gente che viene dalle viscere di Goldman-Sachs e altre eminenti banche internazionali, che sono i registi di tutta questa ‘macelleria sociale’?
L’Italia e la storia di questi 10 anni di euro
La moneta unica doveva essere l’ultima delle azioni da eseguire. Prima si dovevano fare leggi, economie, culture comuni.
Perché hanno fatto così? Prima si mettono tutti i vagoni in corsa alla stessa velocità e poi si agganciano rigidamente gli uni agli altri.
Cosa succederebbe se si agganciassero rigidamente vagoni che hanno velocità differenti?
Quando si dice che l’Euro è l’unica moneta senza uno Stato dietro, si dice una cosa vera solo in parte. Non c’è per scelta precisa un’autorità monetaria governativa che ha strumenti di intervento fuori dal mercato, a parte la possibilità di determinare il “tasso di sconto”, che ormai è solo un riferimento teorico, in quanto le banche regolano le proprie transazioni con tassi che si basano solo su tassi di mercato. Inoltre, l’unica operazione che può essere fatta è quella di diminuire o aumentare tale tasso in modo indiscriminato e senza poter attuare attraverso esso una politica economica, con la conseguenza o di comprimere l’inflazione e con essa l’economia o di stimolare l’economia e con essa l’inflazione.
Perché questa scelta? Quali le conseguenze?
Partendo dall’assunto che a stabilire le strategie economico-monetarie continentali siano delle persone estremamente capaci e non dei cretini improvvisati, dai risultati si possono capire gli obiettivi che ci si proponeva fin dall’inizio con la creazione dell’Euro:
a) La moneta unica impedisce la svalutazione competitiva. I Paesi forti europei (Germania e Francia in testa) hanno sempre sofferto la competizione italiana che riusciva a scaricare le proprie inefficienze all’interno del Paese con una moderata inflazione.
b) La moneta unica fa sì che il grosso debito pubblico non evapori lentamente nel tempo. Esso dovrà essere pagato in moneta “forte” e quindi “strozza” il debitore, mettendo il “creditore” nelle condizioni di forza per ottenere apertura dei mercati, privatizzazioni (svendita delle aziende e del patrimonio economico e naturale nazionali).
c) L’impossibilità per le Banche Nazionali di intervenire sul mercato primario del debito pubblico (come abbiamo visto) espone le Nazioni alle speculazioni del mercato, fatto principalmente dalle primarie banche europee e internazionali.
L’acquisto operato dalla Banca Europea dei titoli di debito pubblico dei PIGS è stato fatto passare come il “salvataggio” dell’Europa fatto dai virtuosi a favore degli scapestrati. Nulla di più falso. Ci hanno solo incastrato ancor di più comprendo i nostri debiti a prezzi di saldo.
Perché i Paesi deboli d’Europa (i PIGS) hanno messo la testa in questo cappio?
La storia d’Europa è una storia di colonizzazione interna a costo zero e profitti massimi.
A paragone la colonizzazione del Meridione d’Italia è stata una storia in cui la borghesia del Nord ha dovuto scendere a patti con l’aristocrazia del Sud, inglobandola nella gestione del potere. Il Sud è stato colonizzato, ma le CLASSI dirigenti hanno beneficiato affacciandosi su un teatro politico di respiro internazionale. Diciamo che è stata una classe che ha svenduto il proprio popolo. Ciò naturalmente non è durato molto. Passata la festa gabbato lo santo. Il periodo del “trasformismo” ha annichilito le classi dominanti meridionali, riducendole al rango di “paglietta” e quindi tradendo anche se stesse.
La colonizzazione europea al contrario sta ripercorrendo la stessa storia a livello continentale bruciando le tappe. Questa volta non sono intere classi sociali delle candidate “semi-colonie” (Italia, Spagna, Grecia, Portogallo) a venire “sussunte” al potere, ma solo ristrettissimi pezzi di queste: tecnocrati cresciuti all’ombra delle banche europee che vengono gratificati del loro posticino (Prodi, Barroso, Draghi…), europarlamentari che vengono ben pagati per simulare una inesistenze “democrazia” continentale, una burocrazia farraginosa che sposta miliardi di euro a favore di ristretti circoli di ben individuate lobbies.
E allora?
La quota del debito pubblico sottoscritta dai privati cittadini è sempre mediata dalle banche (non si può più da tempo acquistare direttamente titoli di Stato se non attraverso le intermediazioni bancarie). Tuttavia in caso di default degli Stati, le banche possono sempre ricattare i propri correntisti che hanno affidato loro i risparmi, dicendo che poiché lo Stato non paga più, esse non possono più ripagare i propri clienti. Ma in verità le banche non possono mai fallire, perché possono sempre “stampare” nuova moneta, ossia accendere nuovi conti nei propri computer. Del resto i debiti non rimborsati dai clienti insolventi non vanno nel “passivo” della banca, proprio perché non devono essere restituiti a nessuno, ma vanno in un conto speciale, detto “sofferenze”, e lì muoiono.
Ripetiamo: la limitatezza del credito ai privati cittadini è dovuta solo a fattori in parte di opportunità per evitare l’esplosione dell’inflazione, ma soprattutto a rendere la merce “moneta” una merce rara e quindi preziosa.
È importante ricordare che negli ultimi anni la quantità di moneta bancaria (M2 – M1) è cresciuta in Europa negli ultimi anni a tassi che vanno dal 5% al 20% l’anno: questa è la vera e propria “inflazione”. Mentre l’incremento dei prezzi (alla produzione e anche al consumo) che dovrebbe esserne una diretta conseguenza, non ha mai superato mediamente il 2-4%.
Figura 1 – Andamento degli aggregati monetari M1 (moneta e depositi in conto corrente), M2 – M1 (i depositi bancari), M3 – M2 (titoli a reddito fisso con scadenza a breve termine).
Che significa? Chi ha pagato questa differenza? Ciò significa che ogni anno c’è un enorme sposta-mento di ricchezza dai produttori al mercato speculativo, che drena risorse e le distrugge. La quantità di “moneta” che circola nel mercato speculativo ormai è, come detto, decine di volte il PIL, mentre nel mercato reale si assiste a una deflazione (diminuzione di moneta a disposizione dei pro-duttori) che strozza l’economia reale.
È del tutto evidente che se non si mettono in luce le politiche esercitate dalle classi dirigenti centro-europee ai danni dei popoli, in particolare del Sud Europa, non si possono articolare percorsi politici che siano efficaci e accettabili per lavoratori e i popoli.
Intanto è follia pensare che tutto questo sia dovuto al caso o all’insipienza di alcuni tecnocrati. Invece è un disegno ordito dai capitali finanziari ed economici della Mitteleuropa. Stiamo arrivando proprio dove ci volevano portare: debito alto, economia debole, moneta forte, competitività bassa, un mix esplosivo che conduce al fallimento. Conseguenza: spoliazione dell’intera nazione.
È altresì risibile dire che l’Europa dovrebbe fare come gli USA: stampare denaro. A chi lo facciamo digerire e, soprattutto, come? Ci mettiamo in concorrenza con gli USA?
Dall’altro lato invocare una indiscriminata insolvibilità dello Stato provocherebbe una crisi del risparmio e farebbe insorgere tutta l’Italia, dove ricordiamo c’è il maggior risparmio delle famiglie (in diminuzione, ma comunque ancora gigantesco) del mondo. Tutte le famiglie, ma proprio tutte, hanno ancora qualcosa da parte. Inoltre sono moltissimi che hanno debiti con le banche non solo dovute al consumo (tendenza purtroppo crescente a causa della crisi) ma soprattutto ai mutui immobiliari. In Italia c’è la maggior quota di proprietari della propria casa di residenza.
Ricordiamo che il default argentino provocò un assalto alle banche per ritirare i risparmi e esse dovettero contingentare i prelievi. Sarebbe uno scenario apocalittico in Italia che provocherebbe danni incalcolabili.
Uscire al più presto dall’euro e tornare alle monete nazionali.
Prima di vedere le conseguenze di una tale azione, studiamo ancora una volta la storia dell’Argentina. Dopo che è andata in default alla fine del 2001, ha dovuto affrontare un breve pe-riodo di forte flessione, ma ha avuto un rapido recupero che è poi proseguito a lungo. Sganciando il peso dal dollaro e respingendo (purtroppo fin troppo tardi) le ricette della Banca Mondiale del FMI, si fece sì che dopo un anno di transizione l’economia argentina riprendesse a crescere.
Figura 2 – Andamento del PIL in Argentina.
Lì fu possibile anche accompagnare la politica con un taglio del debito perché il paese era poco esposto al proprio interno.
In Italia tornare alla moneta nazionale, diciamo una nuova lira che potrebbe inizialmente essere quotata con un cambio con l’Euro alla pari, porterebbe, si dice, a un attacco indiscriminato dei mercati speculativi, che non rinnoverebbero più i titoli pubblici in scadenza neanche a tassi altissimi. Ebbene, uno Stato che recuperasse la propria capacità di acquistare i titoli sul mercato primario, potrebbe puramente e semplicemente stampare moneta. Ricordiamo che dei 1,9 mila miliardi di euro di debito (circa il 130% del PIL), ce n’è in scadenza circa il 10% l’anno, ossia 200 miliardi. Quindi nelle peggiori condizioni non si andrebbe ad un incremento di inflazione se non dell’ordine del 10%-13% l’anno.
Ma le proposte non possono fermarsi qui. Occorre fermare lo strapotere delle banche nell’emissione di moneta bancaria, riportando la sovranità allo Stato. Quindi le banche devono essere ricondotte immediatamente a veri intermediatori finanziari, cioè tra chi ha i soldi VERI e chi ne ha bisogno, riservando allo Stato la possibilità di immettere liquidità secondo criteri economici. Non occorre togliere loro il denaro, basta stamparne di nuovo.
Eliminando la loro possibilità di immettere moneta del tutto virtuale nel mercato finanziario si eliminerebbe la causa principale di “inflazione” che potrebbe largamente bilanciare l’incremento di moneta immessa dallo Stato. La speculazione internazionale non potrebbe nulla contro questa manovra.
Il debito dello Stato verso i cittadini verrebbe preservato, mentre sarebbe in crisi quello delle banche internazionali, le quali potrebbero rifiutarsi di pagare i depositi ai cittadini. Ma questo non è proprio possibile perché i depositi delle banche sono interconnessi a livello internazionale. In buona sostanza come potrebbero rifiutarsi di pagare il credito depositato da un cittadino italiano e invece pagare il debito di un cittadino francese o tedesco?
Le banche italiane, dove i nostri cittadini hanno la maggior parte dei propri depositi, potrebbero invece trovarsi in difficoltà perché costrette a pagare i depositi in euro e non nelle nuove monete nazionali. Ma a questo punto potrebbe intervenire lo Stato attraverso una grande campagna di acquisizione del debito delle banche nazionali (che significa NAZIONALIZZAZIONE DELLE BANCHE) e pagamento del debito in moneta nazionale grazie alla propria autorità sovrana (trasformazione del debito privato in debito pubblico) con rimborsi selettivi e ristrutturazione del restante. In pratica, poiché molto del debito pubblico italiano è proprio con le banche italiane, la loro nazionalizzazione porterebbe automaticamente a una cancellazione di questa quota. Lo Stato inoltre dovrebbe garantire il piccolo risparmio attraverso la solvibilità delle banche nazionalizzate mediante l’emissione di una quantità di moneta adeguata.
Per alleggerire il debito, ora in moneta nazionale, e migliorare la competitività del Paese all’estero e all’interno, una buona dose di svalutazione conseguente a tutto ciò non può che aiutare. Ricordiamo che non è detto che ciò si trasformi immediatamente in incremento dei prezzi al consumo. È vero che le merci, a cominciare dall’energia, acquistata all’estero costerebbe di più. Ma si potrebbe lanciare una grande campagna di risparmio energetico e uso delle rinnovabili prodotte all’interno, con effetti benefici nella bilancia dei pagamenti e dal punto di vista ecologico. Inoltre, essendo l’Italia un Paese prevalentemente di trasformazione, ciò potrebbe essere direttamente scaricato sulle esportazioni, rendendo più competitiva comunque la quota di valore aggiunto nazionale.
Inoltre c’è da considerare che la crisi è sempre crisi di sovrapproduzione e non di sottoconsumo.
C’è scarsità di beni al supermercato, le concessionarie auto hanno difficoltà a reperire i modelli richiesti, c’è scarsità di forza lavoro? Sappiamo benissimo che è proprio l’esatto contrario.
L’economia si ferma non perché non si sono beni e servizi offerti o offribili sul mercato, ma perché ce ne sono troppi rispetto alla capacità del mercato, ossia alle disponibilità degli acquirenti.
La crisi economica, rendendo la moneta sempre più scarsa per i produttori-consumatori e sempre più abbondante per gli speculatori, non fa che distruggere forze produttive, restringendo la base produttiva, nel tentativo di rendere comunque positivo il TASSO di profitto, che è invece storicamente tendente a zero.
Uno Stato che recupera la propria sovranità economica può lanciarsi in grandi campagne per produrre di più, ma soprattutto meglio e aumentare la possibilità per i produttori di accedere al proprio prodotto.
I limiti politico-militari (diciamolo con franchezza: non sarebbe così liscia come può apparire seduti a casa propria: chi tocca le banche muore!) sono del tutto evidenti. Ma due considerazioni sono da fare.
La prima storica. In Argentina non mandarono i bombardieri. Forse perché gli affari li avevano già fatti e non c’era più nulla da spremere se prima non si fosse reingrassato il Paese.
La seconda politica. Uscire dall’Euro sarà contrastato da tutti in Italia. La stessa Lega abbaia, abbaia e poi? Per non parlare del PD che è proprio il partito dell’Euro, caratterizzato per spingere sul pedale dei sacrifici e delle privatizzazioni. Del resto è proprio il partito filo europeo per eccellenza.
Ma anche a “sinistra” c’è molta confusione.
Vendola su questi temi tace o invoca più “equità” rimanendo comunque all’interno della compatibilità capitalista.
Ferrero riesce a mala pena a dire “facciamo come gli USA” e stampiamo moneta, una proposta che, se non passa come abbiamo visto dall’uscita dall’Euro e dalla nazionalizzazione delle banche, è del tutto inattuabile e velleitaria.
Uscire dall’Euro e nazionalizzare le banche, garantire il credito nazionale e rimettere in moto l’economia capitalistica è una proposta politica che può aggregare i popoli d’Europa contro lo strapotere finanziario mittel-europeo. È una proposta che potrebbe essere adottata anche solo da una regione o da un gruppo di regioni, che facessero la secessione, oppure la tutta una serie di Stati, per esempio dai cosiddetti PIGS (Portogallo, Italia, Grecia e Spagna). Essi potrebbero subito dare vita a un’area di libero scambio basata su economie simili e compatibili, con monete che potrebbero seguire e assecondare le rispettive capacità di ripresa. Soprattutto sarebbero un fronte così vasto che non potrebbe essere attaccato tutto insieme contemporaneamente dalla speculazione e anche – mettiamocelo nel conto – militarmente dal resto d’Europa. E quindi questa proposta unisce e non divide i popoli d’Europa.
Sintesi
La “crisi” dell’Euro è prevista e anzi è stata creata dalle grandi banche europee per strozzare i popoli europei e dal capitalismo mittel-europeo per far fuori la concorrenza dei Paesi sud europei e ridurli al rango di “semi-colonie” interne.
L’uscita da questa morsa non può che passare dall’uscita dall’Euro dei popoli sotto attacco.
La conversione dei debiti pubblici nelle nuove monete e conseguente moderata svalutazione penalizzerà fortemente la speculazione internazionale, ma non il piccolo risparmio nazionale che continuerà a effettuare transazioni nelle monete nazionali e quindi relativamente protette dalle oscillazioni del cambio. Quindi non è necessario un default del debito nazionale, che invece pena-lizzerebbe anche i piccoli risparmiatori.
Ciò deve essere accompagnato dalla nazionalizzazione delle banche, che invece rischieranno la bancarotta, per ripristinare la sovranità degli Stati sulle emissioni monetarie, e soprattutto sul credito, e tenere sotto controllo l’inflazione monetaria.
La svalutazione controllata avrà anche un effetto benefico sulla produzione nazionale, rendendo di nuovo competitive produzioni di beni e servizi (soprattutto energetiche) nazionali e disincentiverà le delocalizzazioni.
È possibile e quindi indispensabile riformulare totalmente il mercato del lavoro in Italia con leggi da sempre osteggiate dall’Europa che proteggano i diritti dei lavoratori e dei consumatori.
Tutto ciò non può non passare dalla creazione di un ampio fronte antiliberista che associ al movimento anticapitalista anche ampi settori produttivi in caduta libera di rappresentanza.