Sardegna 24, 3 settembre 2011. Da circa due anni è in corso in Europa una rivoluzione, ma nessuno ne parla. Una rivoluzione dal basso, pacifica, che viene accuratamente taciuta. Una rivoluzione di cui è difficile trovare traccia nei mass-media.
Si tratta dell’Islanda, una piccola isola di 300 mila abitanti, dove senza spargimenti di sangue, ma attraverso una dura protesta di piazza, dura perché condotta sbattendo casseruole e tegami, si sta consumando una vera e propria rivoluzione contro le politiche neoliberiste che avevano portato il Paese alla bancarotta.
Una rivoluzione che ha portato l’Islanda a riappropriarsi dei propri diritti, alla sconfitta degli interessi economici dell’Inghilterra e dell’Olanda e a mandare a casa un governo imbelle e asservito agli interessi dei grandi gruppi bancari internazionali.
Il popolo delle casseruole ha dapprima fatto dimettere il governo conservatore, poi ha chiesto e ottenuto la nazionalizzazione delle principali banche, ha poi deciso di non pagare i debiti che queste avevano contratto con la Gran Bretagna e l’Olanda e poi ha eletto un’assemblea costituente per riscrivere la propria Costituzione. Oggi l’Islanda sta uscendo dalla terribile crisi economica e lo sta facendo senza il salvataggio della BCE e del FMI, senza cessioni della propria sovranità, ma attraverso l’affermazione di un principio fondamentale: è la volontà del popolo sovrano a determinare le sorti di una comunità.
Ma perché parlare dell’esperienza di un’isola lontana, posta ai confini del mondo? Cosa può suggerire alla Sardegna? Innanzi tutto la rivoluzione islandese costituisce un monito: alla politica, ai partiti, alle istituzioni, all’intera classe dirigente della Sardegna. Un monito da non sottovalutare.
La Sardegna dimostra ogni giorno di più una maggiore consapevolezza di se, del suo essere popolo e nazione. Sempre più forte e diffuso è il bisogno di autogoverno e di autodeterminazione.
E’ possibile allora che la pazienza inizi a mancare. Un governo regionale inadeguato e incapace di tutelare gli interessi della Sardegna. Un’annosa difficoltà ad affrontare le riforme istituzionali: dal nuovo Statuto alla legge Statutaria, dalla legge elettorale a quella di organizzazione, alla riforma degli enti locali. Continui richiami, auto esortazioni a fare presto, buoni proponimenti che durano lo spazio di un mattino, qualche titolo sui giornali, poi tutto sprofonda nell’oblio. Ordini del giorno inutilmente unitari, con inutili scadenze temporali, si accatastano, inutilmente, negli scaffali dell’Assemblea regionale.
In Islanda per scrivere la nuova Costituzione è stata eletta un’Assemblea costituente composta da 25 cittadini, scelti attraverso regolari elezioni, su una base di 522 che avevano presentato la candidatura. Per candidarsi era necessario essere maggiorenni, avere l’appoggio di almeno trenta cittadini e non avere tessera di partito. La vera novità però è stata il modo in cui la Costituzione è stata redatta: attraverso internet.
Le riunioni della commissione erano trasmesse in streaming on line e chiunque poteva commentare le bozze o fare delle proposte. E’ stato così ribaltato il concetto secondo cui le fondamenta di una nazione vanno decise in stanze buie e segrete, da pochi illuminati saggi.
L’Islanda sta vivendo una forte contrapposizione tra società civile e sistema politico, stanno cambiando le regole e gli assetti: i cittadini si stanno riappropriando del loro futuro e di quello della nazione.
Quest’isola posta ai margini del mondo sta dimostrando che nelle moderne democrazie la sovranità popolare non è un concetto astratto ma qualcosa di molto concreto. Un processo inedito che unisce le potenzialità della rete alla partecipazione dei cittadini. Una rivoluzione pacifica che non può passare sotto silenzio, specie in Sardegna.
A nessuno sarà consentito sottrarsi all’avvertimento che viene dall’esperienza islandese, sia esso partito, istituzione, classe dirigente.
Nessuno, spero, vorrà leggere sul proprio epitaffio: questa classe dirigente fu spazzata via non a colpi di casseruola, come in Islanda….
Fonte: sardegnademocratica.it