Abbiamo già esposto in un precedente articolo numerose prove della preoccupante presenza di mercurio nel pesce (soprattutto di grossa taglia), smentendo così il negazionista Massima della Schiava.
Come piccola appendice, ad ulteriore conferma di quanto già scritto, citiamo il contenuto di due articoli apparsi sulla stampa nazionale a riguardo della questione.
Il primo è Tonno al mercurio: sequestri e allarme pubblicato sul sito del quotidiano La Stampa il 24 aprile 200.
Da tale articolo traiamo la stima di Nicola Pirrone, direttore dell’Istituto sull’inquinamento atmosferico (Iia) del Cnr di Rende (CS), di circa 25 tonnellate di mercurio che si riversano nei nostri mari a causa dell’attività umana.
Citiamo adesso alcuni passagi significativi dell’articolo:
Il mercurio è particolarmente pericoloso perchè non viene espulso dall’organismo, ma si accumula nei tessuti. Questo fa sì che risalendo nella catena alimentare la quantità presente negli organismi marini aumenti progressivamente. (…) questo metallo rimane nell’organismo, e i suoi effetti si manifestano a lungo termine. "L’esposizione al mercurio causa demenza, disordini neurologici e problemi ai reni e al sistema cardiocircolatorio – spiega ancora Perrone – se si mangia molto pesce è meglio preferire quelli di taglia piccola, dove ce n’è meno".
Il secondo articolo è Il pesce nuota in un mare di mercurio , di Antonella De Gregorio, pubblicato il 13 novembre 2002 sul sito del quotidiano Il Corriere della Sera. In esso si riferisce di uno studio condotto a San Francisco, dalla dottoressa Jane Hightower la quale:
ha riscontrato alte concentrazioni della forma più tossica di mercurio, il mercurio di metile, nel sangue di pazienti, bambini e adulti, accomunati solo dalla passione per il pesce. I sintomi – capelli che cadono, fatica, depressione, mal di testa, difficoltà di concentrazione – scomparivano eliminando il pesce dalla dieta. Lo studio, pubblicato sulla rivista Environmental Health Perspective periodico online dell’Istituto nazionale dei servizi per la salute ambientale, concludeva che chi mangia grandi quantità di pesce, specie se grossi tranci di squalo o pesce spada, potrebbe essere a rischio di vari sindromi provocate da avvelenamento da mercurio. (…)
Attualmente la Fda raccomanda alle donne incinte di limitare il consumo di pesce a meno di tre etti a settimana (…) Un altro studio, condotto questa volta a Hong Kong, fra gli studenti di liceo, ha rilevato che il 10% dei ragazzi supererebbe le dosi-limite di pesce, esponendosi al rischio di ingerire quantità eccessive di mercurio. (…)
E guardate un po’ cosa suggerisce il famigerato CDC (che pur consiglia i vaccini anti-influenzali al mercurio e allo squalene e che quindi non è certo da considerarsi un ente di per sé allarmista nei confronti dell’inquinamento da mercurio):
(…) Intanto, i Centri americani per il controllo delle malattie e le prevenzione suggeriscono che le donne che intendono avere un figlio dovrebbero smettere di mangiare pesce almeno da sei mesi a un anno prima della gravidanza. Nel complesso, calcolano che circa l’8% delle donne in età fertile ha troppo metallo nell’organismo, una vera minaccia per la salute di eventuali bebè.
Nell’articolo si ricorda che i mercurio presente nel mare viene metabolizzato da alcuni batteri e trasformato in metil-mercurio il quale:
Per l’organismo umano è difficile da eliminare e, ad alte concentrazioni, attacca il sistema nervoso, provocando danni permanenti al cervello, ai reni e allo sviluppo dei feti. A breve termine, l’esposizione a mercurio provoca danni ai polmoni, nausea, vomito, aumento della pressione sanguigna, irritazioni agli occhi.