DI
CHEMS EDDINE CHITOUR
Mondialisation.ca
Io credo che le istituzioni bancarie siano più pericolose per le nostre libertà di quanto non lo siano gli eserciti permanenti. Se il popolo americano permetterà mai alle banche private di controllare l’emissione del denaro, dapprima attraverso l’inflazione e poi con la deflazione, le banche e le compagnie che nasceranno intorno alle banche priveranno il popolo dei suoi beni finché i loro figli si ritroveranno senza neanche una casa sul continente che i loro padri hanno conquistato.
Thomas Jefferson, presidente degli Stati Uniti dell’America
Dopo l’implosione dell’impero sovietico, abbiamo avuto, usando le parole di Fukuyama, "la fine della storia", e una “pax americana” che sembrava potesse durare mille anni. Il popolo americano, che credendosi il "popolo eletto" ci vuole persuadere del suo “destino manifesto", vuole illuminare il mondo, all’occorrenza col napalm. […] In una congiuntura caratterizzata dalla scarsità di materie prime, il 90% delle terre rare sono in Cina, che le vende con parsimonia. Il crollo finanziario degli Stati Uniti e dell’Europa ha portato gli Stati Uniti e l’Europa a non sovraccaricarsi troppo di "principi", prendendo con la forza le risorse dai paesi deboli, come nel caso di Gheddafi messo in croce dall’Occidente, che non smette mai di destabilizzare, sotto le sembianze di una democrazia che non inganna più nessuno.
Perché l‘inquadramento mondiale del pianeta?
Sappiamo che la marina americana solca i mari e si avvicina di tanto in tanto alla costa, per mostrare il suo potere come ai vecchi tempi della Guerra Fredda, tessendo una rete sempre più fitta di basi americane fuori dal territorio degli Stati Uniti. Infatti, la gran parte delle fonti di informazioni su questa materia (principalmente C. Johnson, il Comitato di sorveglianza della NATO, l’International Network for the Abolition of Foreign Military Bases, eccetera) ci rivela che gli statunitensi possiedono od occupano tra le 700 e le 800 basi militari in tutto il mondo. Un documento del 2002 ci permette di notare la presenza dei militari statunitensi in 156 paesi, la presenza delle loro basi in 63 paesi, di basi costruite di recente (dopo l’11 settembre 2001) in sette paesi, per un totale di 255.065 effettivi. Secondo Gelman, che si basa sui dati ufficiali del Pentagono del 2005, gli Stati Uniti possederebbero 737 basi all’estero (1).
Secondo il professor Jules Dufour, la presa delle forze armate statunitensi di potere sul mondo è notevole e non smette di aumentare. Gli americani considerano la superficie terrestre come un campo da conquistare, occupare e sfruttare. La divisione del mondo in unità di combattimento e di comando illustra molto bene questa realtà. In questo contesto, l’umanità è così controllata, se non addirittura legata, alle catene i cui anelli sono formati dalle basi militari. Il processo di dispiegamento delle nuove installazioni militari è condotto con la forza, la violenza armata e l’intervento attraverso i cosiddetti accordi di "cooperazione", le cui velleità di conquista sono reiterate senza tregua nella struttura delle pratiche del commercio e degli scambi. Lo sviluppo economico è assicurato dalla militarizzazione o dal controllo dei governi e delle società, e una quantità immensa di risorse viene sacrificata per consentire questo controllo che nella maggior parte dei casi viene esercitato su regioni dotate di ricchezze strategiche, per poter consolidare i presupposti dell’impero. (1)
Ormai lo si è capito, questo dominio sulle materie prime, sempre più rare, susciterà tensioni sempre più forti. Tuttavia, la situazione non è più quella che era presente venti anni fa, dopo la caduta dell’impero sovietico. Ricordiamoci che, all’epoca, George Bush padre aveva auspicato un nuovo ordine globale. L’impero non aveva nessuno che lo potesse contrastare. Hubert Védrine, ministro francese degli Affari Esteri, ne ha parlato nei termini di iper-potenza.
È in questa cornice che si apprende che i cinesi non sono felici della sorte del Pakistan, che è stato bombardato e che ha perso 26 soldati. Inoltre, non vede di buon’occhio il tentativo di accerchiamento con la dislocazione di 2.500 marines in Australia. Secondo un dispaccio dell’AFP di martedì 6 dicembre, il presidente cinese Hu Jintao ha comunicato alla marina di rendersi pronta per uno scontro militare, mentre montano le tensioni regionali per le dispute marittime e a causa della volontà americana di affermarsi nel Pacifico. Rivolgendosi alla potente Commissione Militare centrale, Hu ha dichiarato: "Il nostro lavoro deve legarsi strettamente al tema principale della difesa nazionale e della struttura militare." L’agenzia di stampa ufficiale Xinhua ha citato il presidente dopo aver detto che la marina cinese dovrebbe "fare dei preparativi per una guerra prolungata" (2).
Il Primo Ministro cinese Wen Jiabao si è opposto, il mese scorso, all’ingerenza delle forze straniere" nelle dispute territoriali regionali, come quelle del Mare Cinese Meridionale. In attesa dell’arrivo di Hillary Clinton in Myanmar fissato per il 30 novembre in Myanmar per una visita di due giorni, la Cina ha giocato d’anticipo. Il vicepresidente cinese Xi Jinping ha ricevuto lunedì a Pechino il capo delle forze armate birmane, Min Aug Hlaing, e gli ha ricordato che “la Cina si augura cooperare in una partnership strategica" col Myanmar, secondo quanto riporta il South China Morning Post.
Il quotidiano di Hong Kong precisa che "l’intenzione del Myanmar è quella di non lasciar deteriorare le proprie relazioni con la Cina […] cercando sempre di tenere in equilibrio i propri interessi tra Oriente e Occidente". L’esercito cinese ha effettuato grandi manovre militari vicino al Pakistan in risposta all’insediamento delle truppe statunitensi nella regione. In risposta all’ascesa dell’ostilità occidentale contro l’Iran, il generale Zhang Zhaozhong ha affermato che "la Cina non esiterebbe a proteggere l’Iran anche se ciò deve scatenare una terza guerra mondiale", un commento che ha suscitato molti dibattiti nella stessa Cina. […] L’ambasciatore cinese all’ONU ha avvertito il direttore dell’AIEA, Yukiya Amano, di non produrre prove “senza fondamento” per giustificare un attacco all’Iran per poter fermare il suo controverso programma nucleare controverso (2).
Del lato russo, c’è una stessa inquietudine che apre la strada a una mobilitazione, particolarmente per il dispiegamento dello scudo antimissilistico in Europa. Il generale russo Nikolaï Makarov ha dichiarato la settimana scorsa: "Non escludo conflitti armati locali e regionali nello sviluppo di una guerra su grande scala, anche con l’utilizzo di armi nucleari." Le tensioni mondiali tra Oriente ed Occidente sono esplose negli ultimi quindici giorni quando l’ambasciatore russo Vladimir Titorenko e due dei suoi collaboratori di ritorno dalla Siria sono stati aggrediti brutalmente dalle forze di sicurezza del Qatar sostenute dalla CIA e degli agenti dell’MI6 britannico. Questi ultimi hanno cercato di impossessarsi di una valigia diplomatica che conteneva notizie dei servizi di informazione siriani sull’invasione della Siria e dell’Iran da parte degli Stati Uniti. […] Un giornalista americano, Greg Hunter, spiega perché "il mondo è oramai fuori controllo". Spiega che tutta l’economia occidentale si sta sgretolando sotto il peso di più di 100 trilioni di dollari di debito che non è in grado di rimborsare: "Nel corso della storia, il mondo non è mai stato tanto vicino a un caos finanziario totale e a una guerra nucleare allo stesso tempo." (3)
Inoltre, un bollettino del Ministero della Difesa pubblicato dal Primo Ministro Poutine riporta che il presidente russo Medvedev e quello cinese Hu hanno "convalidato un accordo di principio" sul fatto che il solo modo di fermare l’aggressione dell’Occidente diretta dagli Stati Uniti sarà tramite “un’azione militare diretta e immediata" e che il dirigente cinese ha ordinato alle sue forze navali di "prepararsi al conflitto" (4).
Claude Jacqueline Herdhuin riassume bene questa tendenza permanente dell’impero scrivendo che la vera guerra è di carattere finanziario:
Gli Stati Uniti vogliono restare il cane da guardia del mondo, importa poco se questo cane, oggi rognoso e cieco, non è più all’altezza. Talvolta, la saggezza e l’intelligenza suggeriscono un suo ripiegamento, ma l’amministrazione statunitense, sotto la guida delle industrie militari e della finanza, continua a pretendere di dominare il pianeta. Basta tuttavia un poco di perspicacia e di buonsenso per constatare che questo potere moribondo non fa più tremare il mondo. (5)
La coalizione di Cina e Russia
Dopo avere decapitato e messo in ginocchio la Libia, allo scopo di indebolire la regione e isolare l’Iran, si è forzati a constatare che l’Occidente è in una pessima posizione. […]I paesi membri della NATO sono presi per la gola. La loro economia subisce le conseguenze di una crisi sapientemente orchestrata dal mondo della finanza. […] L’economia statunitense va male, l’Europa "tiene ancora botta” sotto la guida di Angela Merkel e Nicolas Sarkozy, ma il cane da guardia moribondo non si dà per vinto e minaccia ancora di mordere: “L’intervento armato è sicuramente utilizzato, ma la vera guerra si gioca nel mondo della finanza. La minaccia di Standard & Poor’s ne è la prova flagrante. E le popolazioni sono ostaggio e le principali vittime di questa guerra. […]
Dopo la Libia, la NATO punta gli occhi sulla Siria. Ciò gli permetterà di isolare ancora di più l’Iran. Ma la Repubblica islamica dell’Iran è molto un bersaglio più difficile. Attaccandola, l’Occidente si metterà contro i paesi dell’Organizzazione di Shangai per la Cooperazione, istituita nel 2001 dai presidenti di sei paesi eurasiatici: Russia, Cina, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan, alle quali si è unite l’Iran nel 2005 (ndt: l’Iran non è membro dell’Organizzazione, ma solo paese osservatore). L’OSC rappresenta chiaramente una volontà di questi paesi di unirsi per opporsi all’Occidente. Lo si può interpretare come un nuovo blocco orientale. E si tratta di un vantaggio innegabile, il ritorno a un equilibrio dopo la caduta del blocco dell’Est, che ha portato alla "dittatura" mondiale degli Stati Uniti.
[…] Ancora una volta, i paesi dominanti applicano due pesi e due misure: Israele (sostenuto da Washington) ha il diritto di minacciare l’Iran con le sue armi nucleari, ma Teheran non ha il diritto di possederle, con il pretesto che questa sarebbe una minaccia per la sicurezza di Israele e del mondo detto civilizzato. (5)
Per Bani Sadr, ex presidente iraniano, l’Occidente afferma che il programma atomico iraniano è problematico, perché avrebbe una componente militare:
“Ma voi siete a conoscenza dei cablogrammi segreti di WikiLeaks. Alcuni di questi documenti riguardano questo signore, Yukika Amano, il giapponese che dirige l’AEIA: secondo questi rapporti, sono gli americani che l’hanno sostenuto per farlo nominare direttore dell’AIEA e lui si è impegnato a seguire la strategia degli Stati Uniti.
[…] I responsabili occidentali non vogliono parlare della questione che per loro è essenziale, il controllo di tutta la regione. Bush aveva il progetto di portare la democrazia al Grande Medio Oriente. Questo Grande Medio Oriente serve in realtà a stabilire un controllo degli Stati Uniti dall’Africa settentrionale fino al Pakistan. […] Sono intervenuti in Libia, hanno distrutto un paese per introdurre una democrazia, ma nessuno riesce a vederla. Quella che si nota è un’insicurezza e una povertà sempre maggiori. Cercano, in realtà, di distruggere per ricostruire, retribuendo lautamente le aziende occidentali incaricate della ricostruzione.
[…] Non credo che gli Stati Uniti abbiano i mezzi di imporre la loro egemonia alla Cina o ai paesi più piccoli della regione del Pacifico, o ancora all’India, perché a mio avviso gli Stati Uniti non sono più una superpotenza, stanno diventando un paese come un altro.” (6)
Assieme al Giappone e agli altri paesi asiatici, oggi sono più importanti rispetto all’Occidente preso nel suo insieme. […] Ma cercano ancora di controllare il petrolio e il gas. Credono che, controllando l’Asia Centrale e il Golfo persico, possano dialogare da pari a pari, addirittura stabilire una superiorità sull’Asia. Questo è quello che vogliono, controllare il petrolio e il gas. La loro giustificazione: dopo la partenza degli Stati Uniti dell’Iraq, l’Iran diventerebbe il potere egemonico nella regione a causa della famosa cintura verde dello sciismo [ndr]. Cambiare il regime in Siria ristabilendo un regime sunnita significa un Iran separato dal Libano". (6)
Concludendo la sua intervista, Bani Sadr riprende gli stessi argomenti dell’ambasciatore Kishore Mahboubani:
Ci sono parecchie grandi ragioni per la crisi dell’Occidente, impaurito dalla prospettiva di una perdita della propria egemonia a favore dei nuovi centri di potere asiatico o euro-asiatico, come Cina e India, dall’abbassamento del tenore di vita delle sue popolazioni.
[..] Altro problema essenziale: l’Occidente ha lasciato il controllo della sua economia ai mercati finanziari. Secondo varie fonti, negli Stati Uniti il denaro è molto più investito sui mercati finanziari che nell’economia reale, in un rapporto da 1 a 7." (6)
Kishore Mahbubani parla del declino occidentale anche dal punto di vista della perdita dei propri valori:
È giunto il momento di ristrutturare l’ordine mondiale, l’Occidente è incapace di mantenere, far rispettare e ancor più rafforzare le istituzioni che ha creato. E l’amoralità alla base del suo comportamento troppo spesso mina le strutture e lo spirito della governance mondiale. È questa incapacità di esercitare con correttezza la leadership che rende oggi l’Occidente più il problema che la soluzione.
"Le civiltà, diceva Arnold Toynbee, non vengono assassinate, si suicidano." L’impero americano sta subendo lo stesso declino che del predecessore britannico? […] Gli Stati Uniti apprenderanno questa lezione? O cercheranno a mantenere un dominio globale col solo potere politico e militare, generando così sempre più disordine, conflitti e barbarie? A breve, ci si accorgerà che le vuote pretese sui diritti, che sono esclusivi dell’uomo bianco in Occidente – e ancora va sottolineata la frattura totale tra i benestanti e i poveri in queste società -, vanno sgretolandosi con la scomparsa della potenza materiale. "A Beastly Century", "un secolo bestiale" è il termine, utilizzato da Margaret Drabble, per descrivere il XX secolo. (7)
Se la guerra dovesse esplodere, la prima iniziativa dell’Iran sarebbe quella di chiudere lo stretto di Hormuz. Il 40% del petrolio scambiato nel mondo transita di lì. Tra guerra e sanzioni, i prezzi del greggio saliranno a 300 dollari e spingeranno nell’abisso l’economia occidentale già sul bordo del baratro. La guerra nucleare non sarà più un’idea astratta, ma una seria possibilità.
Si attribuisce ad Einstein questa battuta: "Non so cosa accadrà dopo la terza guerra mondiale, ma sono sicuro che la quarta guerra si farà con pietre, archi e frecce." Siamo avvertiti.
Note:
1. Jules Dufour Le réseau mondial des bases militaires US.
2. Joseph Watson e Yi Han, L’armée chinoise, programme de grosses manoeuvres militaires près du Pakistan, Mondialisation.ca, 2 dicembre 2011.
3. La Chine rejoint la Russie : la solution finale se rapproche-t-elle ?
4. Robert Saiget, China’s Hu urges navy to prepare for combat.
5. Claude Jacqueline Herdhuin, Les Etats-Unis: le chien de garde du monde, 8 dicembre 2011.
6. Abolhassan Bani Sadr : Non à une guerre contre l’Iran !, Le Cri du Peuple, 9 dicembre 2011
7. Déclin de sens ou déclin de puissance : Le dilemme de l’Occident, Le Cri du Peuple, 21 maggio 2011.
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Fonte: L’Occident en déclin : La fuite en avant d’une 3e guerre mondiale
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di F. S.