DI
MAURIZIO BLONDET
rischiocalcolato.it
Che le misure per la famosa «crescita» debbano assolutamente cominciare dalla liberalizzazione dei taxisti e dei farmacisti, è cosa che sfida il ridicolo e offende l’intelligenza. Eppure è questo che il governo Monti, detto «dei tecnici», sta facendo. Ci dicono che il taxi costerebbe meno a noi risparmiatori: ma anche fosse, quanto incide la spesa dei taxi nel bilancio di una famiglia? Quanto farebbe crescere l’economia, un risparmio di questo genere? Certo, per le persone normali i caro-taxi incide assai meno che i raddoppio dell’ICI, il rincaro dei carburanti e l’aumento dell’IVA, che si riflette duramente in rincari di tutte le merci. Lo stesso vale per la liberalizzazione degli avvocati o delle farmacie: d’accordo, vanno fatte, ma non sono certo queste le misure che innescheranno il «rilancio» e faranno tornare l’economia a crescere.
Molto più efficace sarebbe, poniamo:
O ridurre i cosiddetti «rimborsi elettorali ai partiti» che in realtà sono finanziamento pubblico (vietato da un referendum del ‘93, quindi illegale) e che oggi superano enormemente le spese effettivamente sostenute, tanto più che i partiti stessi se li aumentano ad ogni elezione. E costano miliardi, come mostra la tabella estratta dalla Corte dei Conti:
In queste tabelle sono riportati i contributi statali attribuiti al complesso dei partiti a partire dal 1994, nelle varie tornate elettorali
O ridurre i sussidi pubblici per le energie rinnovabili (che spesso nascondono favori fatti ad amici degli amici) e che ci costano circa 8 miliardi l’anno. Solo il sussidio ai «produttori di energia elettrica a metano» è costato ai cittadini, fino ad oggi, 40 miliardi di euro. Quanti taxisti, avvocati e commercialisti bisogna liberalizzare, per compensare un simile spreco?
Per un vero rilancio dell’economia, più che disciplinare i taxisti, servirebbe la tempestività dei pagamenti che il settore pubblico deve ai privati: in Germania e Francia Stato, comuni, enti pubblici in genere devono pagare i fornitori, obbligatoriamente, a 30 giorni. In Italia, dopo 9-18 mesi che gli imprenditori non vedono i soldi dovuti, pressati dalle banche e da Equitalia (che esige l’IVA su quei pagamenti ancora non realizzati) finisce che si suicidano. È un danno per la famosa crescita.
Piuttosto che frustare i privati perchè siano «più competitivi», il governo dovrebbe porsi il problema della «competività» della Regione Sicilia: pagare 22 mila euro mensili netti ogni deputato siciliano rende la Sicilia più o meno «concorrenziale sui mercati globali»? Regalargli una pensione di 3 mila euro mensili a 50 anni dopo una sola legislatura, e – se non viene rieletto – un 90 mila euro per «il reinserimento nella vita civile» quasi fosse un carcerato, rappresenta o no un peso sulla famosa «crescita»?
D’accordo «liberalizzare le professioni». Ma che ne dite di ridurre le spese per auto-blu a Brindisi, dove costano mezzo milione di euro l’anno? O liberalizzare Potenza, dove per le 2 auto-blù sono stati assunti 95 addetti? O i 500 mila che in Italia campano direttamente di cosiddetta politica, ossia di parassitismo pubblico, senza contare i milioni di dipendenti pubblici, un certo numero dei quali sono sicuramente parassiti?
Dopotutto, se in trent’anni la quota di spesa pubblica sul PIL è passata dal 29% al 54%, pare che proprio lì – più che nella liberalizzazione degli avvocati – si potrebbe tagliare e alleggerire, in nome della competitività, dell’efficienza e dei minori costi. Secondo la Corte dei Conti (strapagata anche quella: 450 mila euro di stipendio per ogni consigliere) la corruzione della pubblica amministrazione costa agli italiani 60 miliardi di euro l’anno: quanto due o tre finanziarie. Perchè non stroncare – con le cattive, con licenziamenti in tronco – questo «costo», sicuramente non-competitivo?
Vedete, la materia c’è. Materia per di più nelle dirette competenze di un governo, che ha le mani sulle leve della funzione pubblica. Lì c’è sicuramente il grasso in sovrappiù, il grasso che cola da tagliare. Perchè il governo Monti invece sente così urgente privatizzare i privati? La cosa sembra assurda.
Ma l’assurdità viene meno, quando si prende atto della seguente, folgorante verità: che col governo Monti, sono le Caste pubbliche che hanno preso il potere. Non il Bilderberg, non Goldman Sachs – o meglio, «anche» quelle entità – ma soprattutto, i parassiti pubblici come corpo sociale, come blocco unitario. Quando si dice che l’attuale governo configura una sospensione della democrazia, si prenda coscienza di questo: che è la Casta ad avere fatto il putsch. Per mantenere i suoi innumerevoli privilegi.
Allora tutto diventa più chiaro, tutto si spiega. Il governo «dei tecnici» è stato voluto e selezionato dal primo membro della Casta, quell’inquilino del Quirinale che ci costa (a noi contribuenti) 12 volte di più di quanto la monarchia britannica costa ai contribuenti inglesi. I nuovi ministri sono per lo più professori universitari, ossia dipendenti pubblici che in tutta la loro vita non si sono mai esposti al «mercato». Non replicate che alcuni vengono da università formalmente private, come Monti presidente della Bocconi: il Monti suddetto – come appare da una ricerca sul web – ha al suo attivo solo 13 pubblicazioni nella sua intera vita, e solo una volta (1 volta) le sue produzioni sono state citate da una rivista internazionale. Un caso unico, un economista di chiara fama, che nessuno dei suoi pari nel mondo riconosce come tale. «Com’è che è diventato rettore della Bocconi? Come ha fatto a passare il concorso a cattedra?» se lo chiede il professor Giuseppe Sandro Mela (medico, con 352 citazioni, di cui 141 su Lancet) autore dello spulciamento.
Le competenze del professor Monti non stanno nel suo spessore come economista (inesistente) ma in qualche altra cosa: quella cosa in cui le Caste parassitarie sono magistrali. Chiamatele raccomandazioni, conoscenze e cooptazioni da parte di altri parassiti di potere. Chiamatele «ammanicamenti» e «maniglie». Anche internazionali, s’intende. Lo stesso dicasi per gli altri ministri, alcuni della Cattolica, o dirigenti pubblici (un generale alla Difesa, un ambasciatore agli Esteri): in ogni caso, esponenti e rappresentanti di qualche Casta.
E chi sostiene questo governo? La casta dei parlamentari, destra e sinistra unite in un sol blocco, i quali hanno un solo scopo evidente: evitare il voto, perchè molti non sarebbero rieletti, ed in ogni caso con elezioni anticipate perderebbero lo stipendio da parassiti di 15 mila euro al mese. Questi parlamentari si sono ribellati persino a qualche loro capo-partito, pur di non perdere il seggio («Ho il mutuo da pagare», ha anche detto qualcuno). Alcuni di questi partiti, poi, esistono solo come rappresentanti di qualche clientela pubblica. E non parliamo dei sindacati e dei sindacalisti, che per lo più difendono solo i pubblici dipendenti, avendo abbandonato gli operai (che infatti sono i meno pagati d’Europa). Un blocco che vale, con le famiglie, almeno 10 milioni di elettori.
Gente che i soldi dallo Stato li prende (e tanti) e che per questo è avversa alla popolazione che i soldi allo Stato li dà, perchè a suo giudizio non ne dà mai abbastanza.
Il nucleo della «lotta politica» in Italia è tutto qui. Rozzo, semplificato, ma reale. È una lotta di classe sui generis – sfruttatori contro sfruttati – di cui però la popolazione generale, i produttori, quelli che aumentano la ricchezza del Paese, non si rende conto. Il che vuol dire: gli sfruttati sono divisi su questioni «politiche» spesso false, indotti a combattere per scopi diversi e divisivi in ordine sparso, mentre gli sfruttatori agiscono come blocco sociale unitario, per uno scopo che a loro è ben chiaro: mantenere i loro privilegi, eternizzare i loro stipendi indebiti.
Ecco perchè abbiamo il «governo tecnico». Posti di fronte alla necessità di ridurre la spesa e il debito pubblici, dunque di ridurre i loro emolumenti e privilegi, gli esponenti delle Caste hanno – semplicemente e puramente – preso il potere per scongiurare la loro epurazione, anche parziale.
Cominciate a pensare in questi termini, e tutto vi diventerà chiaro. Anche le decisioni apparentemente assurde di questo governo di cosiddetta emergenza.
L’ipertassazione, invece del taglio degli sprechi. La fantomatica «lotta all’evasione fiscale» anzichè alla corruzione e allo spreco pubblico. La mano pesante contro i tassisti e i notai, contro i pensionati e i commercianti (hanno liberalizzato il piccolo commercio al dettaglio) contro i coltivatori (per i quali l’aumento dell’ICI rappresenta un costo quadruplicato, dal momento che dispongono di immobili di grandi dimensioni, le case coloniche che devono avere grandi spazi per immagazzinare ed allevare animali) e la mano leggerissima contro i sostenitori pubblici di questo governo: basti dire che il Parlamento s’è rivoltato alla sola ipotesi di tagli «Spetta a noi, siamo sovrani!») e il Senato s’è tagliato da solo le spese di 3,6 milioni: un po’ pochino, dato che il Senato ci costa ogni anno 700 milioni. Il Senato si taglia senza farsi male – lo 0,5% della spesa. La famiglie, i pensionati e i privati in genere sono richiesti di tagliarsi il 10%, il 15%.
Così si spiega perchè si eccita una campagna contro la Chiesa perchè paghi l’ICI, ma si tace che anche i sindacati non pagano l’ICI, nè nessun’altra imposta, dato che loro possono evitare di pubblicare i bilanci, insomma possono evita di spiegare come spendono il miliardo annuo che estraggono da buste-paga e pensioni.
Si spiega come mai, alla minima proposta di eliminare l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori (un fantasma che non interessa nè i milioni di dipendenti di piccole imprese, nè i 5 milioni di lavoratori a contratto, precari o partite IVA) sono scesi in sciopero non lavoratori del privato, ma i dipendenti pubblici, anzitutto di bus e metropolitane – ossia di coloro che hanno il privilegio del posto fisso, e salari superiori del 15% ai pari-grado privati: l’articolo 18 garantisce l’illicenziabilità dei fancazzisti, e alla peggio l’obbligo di reintegro del fancazzista licenziato, per ordine della Casta giudiziaria.
Tutto diventa chiaro. Siccome si tratta di ridurre un poco l’immane debito pubblico che l’ha nutrita e ingrassata, la casta ha preso il potere totale per far pagare la riduzione del debito ai normali cittadini: oltre le tasse di prima, mettendo più tasse per il «risanamento».
Naturalmente, non viene intrapresa l’altra strada, quella di un taglio agli emolumenti pubblici intrapresa in Spagna e Portogallo. I mercati si sono accorti del trucco, e difatti con Monti il nostro spread s’è alzato oltre i 500 punti, mentre col nuovo governo spagnolo lo spread dei bonos è sceso vistosamente. Ma la Casta se ne frega, perchè a non accorgersi del trucco è l’opinione pubblica interna, quella degli sfruttati.
Questi piegano la testa: «sacrifici», fate più sacrifici!, ordina il Quirinale (che sacrifici non ne ha fatti). Se ci sono tagli pubblici da fare, vengono tagliati gli appalti: e le aziende appaltatrici, private, devono licenziare camerieri (al Senato) e personale viaggiante (vagoni letto). Sono sempre i privati a pagare il conto, anche dei «risparmi» della spesa pubblica.
La austerità e l’iper-tassazione mostruosa del settore privato provoca recessione; la recessione rende meno sostenibile la pretesa di poter servire il debito pubblico. Ma alla Casta non importa. Per «rilanciare l’economia», frusta i privati, onde producano più reddito da surtassare. Esige ed impone per legge «trasparenza», da loro e non da se stessa.
Uno dei più ridicoli provvedimenti della finanziaria che siamo obbligati a chiamare «Salva-Italia» (invece che salva-parassiti) è la liberalizzazione del piccolo commercio al dettaglio: adesso si può aprire una panetteria a 50 metri da una panetteria già esistente. Così, secondo l’economista senza-pubblicazioni Monti, si dovrebbe creare la «competizione» travolgente che rimetterà a galla l’economia? Con i supermercati e iper-mercati che nascono dappertutto, e targati Auchan, Carrefour e Lidl tedesca?
Fateci caso: tagli ai sussidi alla stampa di partito, ed è giusto. I giornalisti vanno liberalizzati, i loro stipendi tagliati. Ma il nuovo governo ha rinnovato il regalo da 7 milioni annui a Radio Radicale, un regali mascherato da «servizio pubblico», in quanto la Radio di Pannella manda in onda le sedute parlamentari. C’è un piccolo conflitto di interessi: una radio di partito non può fare «servizio pubblico». Di fatto, se volete sentire una diretta parlamentare, vi tocca sorbirvi tonnellate di propaganda radicale e di sproloqui di Pannella, soggetto di deplorevole longevità. Ma la Casta riconosce i suoi; sa chi punire, e chi premiare. Sa quali parassiti devono morire, e quali devono trionfare.
L’aggravio strangolatore dell’ICI devasta la piccola proprietà, e soprattutto ha paralizzato il mercato immobiliare, già messo alle corde dal fatto che le banche non concedono mutui: di fatto, i piccoli proprietari dovranno pagare la supertassa su «valori» che hanno perso valore. Ma le Caste non pagano nulla, non pagano mai.
La strana ossessione contro i taxisti, a ben pensarci, deriva dallo stesso blocco di potere. Chi usa molto i taxi? Le Caste, quando non dispongono di auto-blu (come i parlamentari, ad esempio). È ovvio che si accorgano che in Italia i taxi «costano troppo», e vogliano pagar meno questo servizio. Vogliono far diventare i taxi come in America, dove i taxisti sono guidati da nigeriani e congolesi di prima emigrazione, che sperano nelle mance perché la paga non la ricevono. Sono loro, sono le Caste.
Le caste hanno preso il potere. Prendiamone atto. Hanno vinto loro: gli sfruttatori. È il loro governo quello che si arrroga di fare «trasparenza, competitività, equità» e per giunta «crescita». Ed adesso ci tolgono anche la pelle, a noi sfruttati. E abbiamo la colpa di non capire qual è la vera lotta di classe, la vera primordiale realtà politica in Italia: quelli che i soldi dallo Stato li prendono, contro quelli che allo Stato li danno, i produttori sottopagati.)
Maurizio Blondet
Fonte: www.rischiocalcolato.it
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