Faccia a faccia tra lo strategist Samy Chaar e l’economista Charles Wyplosz. Su un solo punto sono d’accordo: deve fare default. Francia e Germania condannate a collaborare: quale strada deve seguire Hollande?

Il dibattito tra lo strategist bancario Samy Chaar, a sinistra, e il professore di economia dell'IHEID Charles Wyplosz, a destra.

 

Il dibattito tra lo strategist bancario Samy Chaar, a sinistra, e il professore di economia dell’IHEID Charles Wyplosz, a destra.

New York – L’idea che la Grecia, in piena zona recessione e indebitata fino al collo, rinunci alla moneta unica non e’ piu’ un tabu’. Una quantita’ sempre maggiore di economisti, e’ a favore dell’ipotesi giudicandola la soluzione migliore per Atene. Tra questi Samy Chaar, strategista della banca Lombard Odier. Al contrario Charles Wyplosz, professore di economia internazionale a Ginevra presso l’IHEID, giudica che un evento simile sarebbe una catastrofe per il popolo ellenico. E’ emerso in un dibattito organizzato dal quotidiano svizzero Le Temps.
L’uscita della Grecia dall’area euro e’ ineluttabile?
Samy Chaar: Bisogna chiedersi quando succedera’ e non se lo fara’. Il costo del suo mantenimento all’interno dell’area euro e’ esorbitante. E’ certamente un po’ presto per dirlo, ma e’ facile immaginare che anche la gente greca preferirebbe uscire dall’Unione monetaria, se queste sono le condizioni. L’economia sta vivendo una depressione senza precedenti, il paese si trova a fare i conti con un’enorme deflazione, il suo debito e’ gigantesco e il prezzo per rimborsare gli interessi e’ pari a un quinto delle entrate fiscali.
Allo stesso tempo Atene non riesce a crescere. E’ un’equazione senza soluzione. L’unica soluzione davanti ad Atene e’ abbandonare l’area della moneta unica, fare default e lasciare che la dracma si svaluti. Una volta che lo shock iniziale e’ passato, la Grecia se la cavera’ sicuramente meglio di come invece non fara’ se dovesse restare in seno all’Eurozona. Se l’avesse fatto tre anni fa, ora l’economia sarebbe con ogni probabilita’ gia’ in crescita.
Charles Wyplosz: Non sono d’accordo. Da un punto di vista economico, uscira dall’area euro non e’ razionale. Il costo sarebbe enorme per la Grecia. Tutti i contratti sono in euro. Se il paese lascia l’Unione Europea, tutti questi contratti potranno essere strappati. Provocando tensioni e difficolta’ alla popolazione, che si dividera’ in perdenti e vincitori. Al contrario se la la Grecia resta all’interno dell’Unione monetaria, ci perdera’ in termini di autonomia e competivita’. La parte della competitivita’ conta per circa il 15%. La questione e’ dunque quella di capire se la soluzione meno costosa e’ passare per una riduzione degli stipendi, come e’ il caso al momento, o per una svalutazione della divisa.
Alcuni osservatori prevedono una svalutazione della dracma del 60%!
CW: Se la Grecia se ne va, si ritrovera’ con una valuta svalutata della meta’ e, di conseguenza, con un debito che, se livellato all’euro, equivarra’ al doppio di quello di oggi. Una situazione insostenibile. Per me la soluzione migliore per la Grecia e’ fare default pur restando all’interno dell’area euro. Gli europei devono capire, in primis i tedeschi, che non ci sono altre soluzioni e che il debito greco dovra’ in tutti i modi essere cancellato prima o poi in quasi tutta la sua totalita’. Non ci sara’ altra scelta se non quella di pagare.
Signor Chaar, nel vostro scenario, non sottostimate pero’ il costo di un’uscita dall’Eurozona?
SC: Non eviteremo un default della Grecia. Ma questo non mettera’ a posto i suoi problemi di competitivita’. La Grecia ha una scelta da fare: seguire la via del Giappone o quella dell’Argentina. Detta in altre parole, una crescita debole per i prossimi vent’anni, dove la deflazione e’ un problema per la produttivita’, l’industrializzazione e i livelli di impiego. Se si incassa il colpo subito, con una recessione del 10% e una svalutazione del 50% della divisa nazionale, si risolve il problema default, permettendo all’economia greca di ritrovare una certa competitivita’.
CW: Bisogna analizzare due elementi. Da una parte si tratta di un’economia ferma, che esporta molto poco. L’effetto benefico di una svalutazione (che rende meno cari i prodotti fabbricati in Grecia, NdR) non deve per nessun motivo essere sottovalutata. Da un altro punto di vista, tuttavia, prendere come anno di riferimento il 1999, ossia la creazione dell’euro, consente di valutare la situazione competitiva di Atene. Tutti sanno che i tedeschi sono entrati nell’euro con un tasso di cambio sopravvalutato di circa il 15% circa, mentre i greci sono entrati con un tasso sottovalutato nel 2001. Si sapeva fin dall’inizio che la Germania avrebbe dovuto fare degli sforzi di competitivita’, che ha fatto, ma allo stesso tempo che la Grecia, come il Portogallo, avrebbe perso il suo vantaggio in fatto di competitivita’.
E’ proprio quello che e’ successo. La perdita di competitiva’ dell’economia greca e’ relativamente bassa. Se dovesse abbandonare la zona europea per recuperare 15 punti di competitivita’ sarebbe un nonsense economico. Se invece si attua un processo di deprezzamento della dracma al momento della sua reintroduzione, sara’ travolto molto in fretta dall’inflazione che inevitabilmente seguira’. Nessuno vorra’ prestare soldi a uno stato che ha fatto default e la banca centrale si trovera’ costretta a finanziarie il deficit di bilancio, stampando denaro. Il vantaggio di un’uscita dall’area euro sara’ dunque molto moderato e limitato nel tempo.
SC: La Grecia deve scegliere tra l’inflazione e la depressione, tra seguire l’esempio argentino o continuare sulla stessa strada degli ultimi tre anni…
CW: No. Se si inizia con l’eliminare il debito pubblico, si riduce il deficit di bilancio, perche’ gran parte delle spese pubbliche e’ utilizzata oggi per pagare gli interessi sul debito. D’improvviso ecco che non ci sara’ piu’ bisogno dell’austerita’. Se fosse stato fatto due anni fa, default incluso, ecco che il problema sarebbe gia’ stato risolto e la sua economia oggi sarebbe in crescita. Il nodo cruciale della Grecia non e’ la sua competitivita’, bensi’ il suo debito pubblico. Una volta che verra’ eliminato questo gravoso problema, i greci saranno felici all’interno dell’Eurozona.
SC: Su questo punto siamo d’accordo: la Grecia deve fare default. Ma il problema della competitivita’ e’ molto preoccupante. La Grecia e’ un paese che ha subito un processo di deindustrializzazione che non e’ esporta piu’ gran che. Un buon modo di reindustrializzare il paese e’ quello di diventare piu’ competitivi. Si puo’ fare aumentando la produttivita’, abbassando i salari o eventualmente svalutando la sua divisa.
CW: Tutti vorrebbero avere una valuta svalutata. Ma, ripeto, se la Grecia smettesse di ricorre all’austerita’, la sua economia potrebbe beneficiare di una boccata di ossigeno senza il bisogno di un rilancio del budget fiscale. Quando l’incertezza sul debito pubblico sparira’ e le banche greche saranno ripulite e ricapitalizzate, ecco la terribile depressione di oggi sparira’ anch’essa. Il deficit pubblico di Atene equivale oggi al 7-8% del Pil. Il peso del suo debito oscilla intorno al 20% delle spese pubbliche. Se togliete questi due pesi, la Grecia si ritrova con un budget in eccesso che permetterebbe persino di ottenere un rilancio del budget fiscale.
L’arrivo di un nuovo presidente in Francia puo’ portare un nuovo vento in Europa?
CW: Lo stiamo gia’ testimoniando. La politica intrapresa sin qui ha prodotto una serie di catastrofi. Con un’incomprensione totale dei meccanismi economici. Cio’ e’ potuto accadere perche’ nessuno e’ andato contro la volonta’ dell’asse franco-tedesca. Oggi, il fatto che abbiamo un nuovo presidente che non vuole continuare a giocare questo gioco e’ infinitamente buono. Il problema resta che a parte questo non c’e’ nulla di sostanzioso. François Hollande non ha la minima idea di quello che vuole fare e non si rende bene conto della situazione grave nella quale si trova il suo paese.
SC: Il merito e’ di essere usciti dall’ottica di una politica di austerita’ che non funzionera’. Sfortunatamente Hollande non e’ il modus operandi. Non puo’ fare ne’ il rilancio keynesiano ne’ quello monetario. Inoltre, temo che i tedeschi non siano cosi’ isolati come sembra a un primo sguardo.

 

Fonte: wallstreetitalia

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